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Berta, la mia gatta che sapeva vivere :'( [messaggio #132851] mer, 26 ottobre 2011 18:09 Messaggio successivo
Macchia  è attualmente disconnesso Macchia
Messaggi: 10523
Registrato: maggio 2011
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http://27esimaora.corriere.it/articolo/berta-la-mia-gatta/

[Esplora il significato del termine: Questa volta non ho una statistica
da proporre. Neanche un tema serio di quelli su cui aprire un dibattito.
E’ morta la mia gatta. Si chiamava Berta. Abbreviazione di Libertà.
L’avevo presa in un momento speciale. Le cure non bastavano più. L’ho
salutata l’altra mattina, prima di portare mia figlia a scuola, pronta a
riportare lei dal veterinario subito dopo. Quando sono tornata, non era
più nella cuccia. Si era messa dietro la poltrona, sdraiata. Era cieca,
“la” Berta. Cieca da sempre, l’ho presa così. Avrà avuto tre-quattro
anni quando è arrivata in casa mia, dodici anni fa. Avevo pensato:
“Poverina… è cieca”. E, in effetti, tutti così dicevano non appena
”sapevano”: “Poverina… è cieca”. Invece lei camminava sul cornicione del
balcone muovendo flessuosa la coda per “sentire” la ringhiera. Una
volta, in verità, è cascata di sotto, ma stiamo al primo piano e lei si
è messa ad aspettare che qualcuno l’andasse a riprendere. Andava libera
nel giardino in campagna e, se sentivi il cane del vicino abbaiare
forsennato, era probabile che lei fosse lì ma… dietro alla rete di
cinta. Si faceva le unghie sugli alberi e non “soffiava” se qualche
gatto che abitava nei paraggi si avvicinava troppo. Ma muoveva su e giù,
lentamente, la coda. Saliva, aggrappandosi, su divani e poltrone e per
scendere ci metteva un po’, si spostava avanti e indietro muovendo,
avanti e indietro, anche il muso. “Prendeva le misure”. Ma saliva e
scendeva e se c’era freddo si infilava sotto le coperte. Era sempre la
prima ad arrivare quando si apriva il sacchetto del cibo, le bastava
sentire che ti avvicinavi all’armadio. Quando c’era da mangiare,
mangiava. E mangiava tutto, senza differenza di ingredienti,
consistenza, marche. Ha accettato senza proteste l’arrivo del cane,
Punto, che, letteralmente innamorato di lei, le lavava gli occhi chiusi
e le orecchie e, ora che era diventata vecchia, anche il pelo. Dormivano
arrotolati. Gelosissimo, il cane, se facevi una carezza alla Berta. Ma
la faceva mangiare per prima. E’ stata meno contenta dell’arrivo di
Miele, gattina simpaticissima ma “muscolosa”, una specie di canguro in
miniatura: da terra al frigorifero, al mobile, di nuovo a terra, poi sul
balcone, di corsa sulla rete che separa dal condominio vicino e poi di
nuovo giù con un balzo. Per lei che amava la tranquillità, un terremoto.
Ha protestato come fanno gli animali: ha fatto la pipì dappertutto. Ma
sono bastate due settimane e poi è stata “la” Berta a portare fuori in
giardino ”la” Miele. Solo se le camminavi dietro di corsa ti accorgevi
che c’era qualcosa che non andava, perché cercava di correre anche lei e
allora andava a sbattere. Ha fatto i cuccioli. E’ per questo che è
finita a casa mia. Perché cercavo una gattina da regalare a mia nipote e
di tutta la cucciolata alla fine rimaneva “da piazzare” la mamma,
destinata a restare randagia, “poverina… è cieca”. Poverina? Tra i gatti
che ho avuto/ho, certo quella di maggior carattere. Mi sono domandata
spesso in tutti questi anni quante sovrastrutture da essere umano ci
fosse in quel ”poverina”.] Questa volta non ho una statistica da
proporre. Neanche un tema serio di quelli su cui aprire un dibattito.

E’ morta la mia gatta. Si chiamava Berta. Abbreviazione di Libertà.
L’avevo presa in un momento speciale.

Le cure non bastavano più. L’ho salutata l’altra mattina, prima di
portare mia figlia a scuola, pronta a riportare lei dal veterinario
subito dopo. Quando sono tornata, non era più nella cuccia. Si era messa
dietro la poltrona, sdraiata.

Era cieca, “la” Berta. Cieca da sempre, l’ho presa così. Avrà avuto
tre-quattro anni quando è arrivata in casa mia, dodici anni fa. Avevo
pensato: “Poverina… è cieca”. E, in effetti, tutti così dicevano non
appena ”sapevano”: “Poverina… è cieca”.

Invece lei camminava sul cornicione del balcone muovendo flessuosa la
coda per “sentire” la ringhiera. Una volta, in verità, è cascata di
sotto, ma stiamo al primo piano e lei si è messa ad aspettare che
qualcuno l’andasse a riprendere.

Andava libera nel giardino in campagna e, se sentivi il cane del vicino
abbaiare forsennato, era probabile che lei fosse lì ma… dietro alla rete
di cinta. Si faceva le unghie sugli alberi e non “soffiava” se qualche
gatto che abitava nei paraggi si avvicinava troppo. Ma muoveva su e giù,
lentamente, la coda.

Saliva, aggrappandosi, su divani e poltrone e per scendere ci metteva un
po’, si spostava avanti e indietro muovendo, avanti e indietro, anche il
muso. “Prendeva le misure”. Ma saliva e scendeva e se c’era freddo si
infilava sotto le coperte.

Era sempre la prima ad arrivare quando si apriva il sacchetto del cibo,
le bastava sentire che ti avvicinavi all’armadio. Quando c’era da
mangiare, mangiava. E mangiava tutto, senza differenza di ingredienti,
consistenza, marche.

Ha accettato senza proteste l’arrivo del cane, Punto, che, letteralmente
innamorato di lei, le lavava gli occhi chiusi e le orecchie e, ora che
era diventata vecchia, anche il pelo. Dormivano arrotolati. Gelosissimo,
il cane, se facevi una carezza alla Berta. Ma la faceva mangiare per prima.

E’ stata meno contenta dell’arrivo di Miele, gattina simpaticissima ma
“muscolosa”, una specie di canguro in miniatura: da terra al
frigorifero, al mobile, di nuovo a terra, poi sul balcone, di corsa
sulla rete che separa dal condominio vicino e poi di nuovo giù con un
balzo. Per lei che amava la tranquillità, un terremoto. Ha protestato
come fanno gli animali: ha fatto la pipì dappertutto. Ma sono bastate
due settimane e poi è stata “la” Berta a portare fuori in giardino ”la”
Miele.

Solo se le camminavi dietro di corsa ti accorgevi che c’era qualcosa che
non andava, perché cercava di correre anche lei e allora andava a sbattere.

Ha fatto i cuccioli.

E’ per questo che è finita a casa mia. Perché cercavo una gattina da
regalare a mia nipote e di tutta la cucciolata alla fine rimaneva “da
piazzare” la mamma, destinata a restare randagia, “poverina… è cieca”.

Poverina? Tra i gatti che ho avuto/ho, certo quella di maggior carattere.

Mi sono domandata spesso in tutti questi anni quante sovrastrutture da
essere umano ci fosse in quel ”poverina”.

--
= http://macchia.altervista.org/ =
________Arrivossi colà e sguainolli la mia spada________
Editor: E' tutta una questione di enfasi: la parola giusta, nella
trasmissione giusta, ripetuta abbastanza spesso può destabilizzare
un'economia, inventare un nemico, cambiare un voto.
Rose: Tutti i popoli della Terra sono schiavi.
Editor: Ma uno schiavo è uno schiavo se non sa di essere schiavo?
Doctor: Sì.
Editor: Oggi siamo diventati ancora più forti: possiamo riscrivere la
storia ed impedire alla razza umana di evolversi.
Doctor: Avete allevato una razza umana che non si preoccupa di fare
domande, stupidi piccoli schiavi che credono alle menzogne.
(Doctor Who – The long game)
Re: Berta, la mia gatta che sapeva vivere :'( [messaggio #132886 è una risposta a message #132851] mer, 26 ottobre 2011 19:20 Messaggio precedente
noquarter  è attualmente disconnesso noquarter
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:-../
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