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Re: Michel Schneider: Glenn Gould Piano solo [messaggio #125741 è una risposta a message #125659] |
mer, 05 ottobre 2011 18:49 |
Shapiro used clothes Messaggi: 2794 Registrato: novembre 2010 |
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"daniel pennac (portatile)" <mariorenda2NOSPAM@NOtin.it> ha scritto nel
messaggio news:4e8c3af4$0$44203$4fafbaef@reader1.news.tin.it...
> Prego! Speriamo che i tuoi clienti la prendano con il giusto spirito!
> ;-PPP
Già se la prendessero con spirito (non pretendo sia quello giusto) sarebbe
qualcosa...mi indurrebbe ad un atto di fede nei confronti dell'essere umano.
Scherzi a parte, non si pretende che li manovrino come reliquie. Almeno, non
lo pretendo io (poi il titolare faccia lui quello che vuole). Però un minimo
di educazione, ecco. Se hai (tu generico, meramente grammaticale) le dita
unte (non voglio sapere di cosa) o piene di polvere per i tuoi giusti,
legittimi, porchi motivi, usa un fazzolettino prima di prendere bene in
mano, e magari squadernare, un Adelphi intonso. E di colore chiaro. Ecco.
Di solito non dico niente però poi mi tocca lavorare di gomma pane (se si
tratta di polvere, sennò ciccia; una volta ho usato anche il borotalco che,
incredibilmente, ha assorbito parte dell'unto).
dR
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Re: Michel Schneider: Glenn Gould Piano solo [messaggio #125743 è una risposta a message #125740] |
mer, 05 ottobre 2011 20:25 |
Federico Gnech Messaggi: 208 Registrato: maggio 2011 |
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Il 05/10/2011 18:36, Shapiro used clothes ha scritto:
>
> "Federico Gnech" <federicognech@gmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:j6hgh0$39p$1@dont-email.me...
>
>> E' capitato anche a me :) Ma non parlerei di 'scrocco', francamente. Il
>
> Può darsi che abbia usato il termine sbagliato, anzi, di sicuro è il
> termine sbagliato.
> Mi viene perché di casi simili ne ho visti veramente tanti.
> Io sono un notorio intollerante, d'accordo. :-))
Ma non credo, non più di me. Però devo ammettere di aver passato qualche
intero pomeriggio in feltrinelli a leggere libri che sapevo non avrei
MAI comprato (in genere si tratta di novità di cui voglio parlar male, e
siccome correttezza vuole che uno prima almeno sfogli, eccetera). La
differenza è che tendo a leggere in piedi il più a lungo possibile, così
da esacerbare il mio pregiudizio mediante il disagio fisico e alla fine
poter dire tra me e me, coi reni doloranti e con ancora più convizione:
"CHE LIBRO DI MERDA!" In genere lo faccio con i giovani filosofastri e
la nuova narrativa italiana.
F.
--
http://flaneurotic.wordpress.com/
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Re: OT Saramago [messaggio #126615 è una risposta a message #126453] |
ven, 07 ottobre 2011 22:07 |
Shapiro used clothes Messaggi: 2794 Registrato: novembre 2010 |
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"Placebo987" <placebo987@hotmail.com> ha scritto nel messaggio
news:XuEjq.82617$GZ3.35845@tornado.fastwebnet.it...
> Non e' difficile capire la tua avversione per Saramago.
> Era uno che non si e' mai sottratto al dovere/piacere
> di dire quello che pensava.
Non è questione di dire quel che si pensa.
E' questione di come si pensa.
E questo per il Saramago politico.
Non vado oltre.
Non sto ancora parlando di Letteratura.
Per lo scrittore: quante banalità.
Già i romanzi (diciamo i testi narrativi) mi piacciono poco. Gli interventi
teorici mi fanno cascar le braccia, ancora peggio.
Vorrei solo capire se il nome di Kafka ha avuto il coraggio di farlo lui,
per la fase della carriera in cui ha iniziato, da Cecità in poi, a comporre
allegorie. La nozione di allegoria da cui parte lui, e che in parte
teorizza, è completamente diversa da quella rintracciabile nell'opera di
Kafka. E' l'allegoria nell'accezione della Letteratura antica e medievale,
non l'allegoria moderna priva di chiave (fra le altre cose; poi c'è di mezzo
la reazione, di lunga durata, al simbolismo e via dicendo; per Saramago
l'allegoria è semplicemente un fenomeno di straniamento che reinventa il
linguaggio; grazie tante, anche quella antica allora).
Il bello è che qualcuno dei critici (o degli studiosi, o dei lettori, non
so) che ho trovato in rete invocava pure Benjamin.
E' proprio Walter Benjamin che ti fa capire la differenza fra le due
pratiche figurali, che non è certo cosa da poco.
Ora, trapiantare una tecnica antica in un contesto moderno facendo finta di
nulla non è proprio una grande strategia culturale. Se da Barocco in poi si
afferma un'altra pratica dell'allegoria (rintracciabile anche in Baudelaire,
per es.; il massimo allegorista della modernità è comunque Kafka, in Italia
se ne trovano ampie tracce, per esempio, in Montale e, secondo Luporini, in
Verga, scrittore ingiustamente misconosciuto) un motivo squisitamente
storico c'è. Non è solo questione di usare una tecnica piuttosto che
un'altra, come se fossero differenti e non avessero una storia e un perché.
Quest'idea del recupero a-storico delle tecniche dovrebbe insospettire
proprio i marxisti, neo o vetero.
Per dirla tutta, l'allegoria moderna non appare neppure come una tecnica
figurale. E' il comporsi della cifra senza cifratura, senza chiave appunto.
Scusa la lungaggine, l'argomento mi appassiona.
Non dico sia illeggibile. Se lo leggono in tanti, vuol dire che è leggibile.
Dico che alla fine, con tutte le sue durezze esteriori, è persino
consolatorio.
Kafka è ben altra cosa, se permetti.
> E ci andava giu' duro, a volte durissimo.
> Anche in materie delicate, come la religione o la
> politica di certi Stati.
Oh, sì. Convinto fra l'altro di dire cose originali.
Ma questo non importa, facesse pure.
> Per non creare fraintendimenti, preciso che da un
> Artista prendo la parte buona delle sue opere.
> Sono assolutamente indifferente a cio' che pensa
> e a cio' che e' come essere vivente.
Il che è giusto e saggio.
Vorrei solo sapere qual è la parte buona delle sue opere, tutto qui.
Ma queste sono inezie.
Piuttosto; com'è che Eyes wide shut è meglio di Barry Lydon?
Dai, spiegami.
Questo è sì un argomento appassionante, non Saramago.
Sono ansioso di imparare, inizi la redenzione.
dR
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Re: OT Saramago [messaggio #126621 è una risposta a message #126615] |
ven, 07 ottobre 2011 22:41 |
Herr von Faninal Messaggi: 944 Registrato: luglio 2011 |
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4e8f5bf7$0$38336$4fafbaef@reader1.news.tin.it...
> Per lo scrittore: quante banalit.
> Gi i romanzi (diciamo i testi narrativi) mi piacciono poco. Gli
> interventi teorici mi fanno cascar le braccia, ancora peggio.
> Vorrei solo capire se il nome di Kafka ha avuto il coraggio di farlo lui,
> per la fase della carriera in cui ha iniziato, da Cecit in poi, a
> comporre allegorie. La nozione di allegoria da cui parte lui, e che in
> parte teorizza, completamente diversa da quella rintracciabile
> nell'opera di Kafka. E' l'allegoria nell'accezione della Letteratura
> antica e medievale, non l'allegoria moderna priva di chiave (fra le altre
> cose; poi c' di mezzo la reazione, di lunga durata, al simbolismo e via
> dicendo; per Saramago l'allegoria semplicemente un fenomeno di
> straniamento che reinventa il linguaggio; grazie tante, anche quella
> antica allora).
> Il bello che qualcuno dei critici (o degli studiosi, o dei lettori, non
> so) che ho trovato in rete invocava pure Benjamin.
> E' proprio Walter Benjamin che ti fa capire la differenza fra le due
> pratiche figurali, che non certo cosa da poco.
> Ora, trapiantare una tecnica antica in un contesto moderno facendo finta
> di nulla non proprio una grande strategia culturale. Se da Barocco in
> poi si afferma un'altra pratica dell'allegoria (rintracciabile anche in
> Baudelaire, per es.; il massimo allegorista della modernit comunque
> Kafka, in Italia se ne trovano ampie tracce, per esempio, in Montale e,
> secondo Luporini, in Verga, scrittore ingiustamente misconosciuto) un
> motivo squisitamente storico c'. Non solo questione di usare una
> tecnica piuttosto che un'altra, come se fossero differenti e non avessero
> una storia e un perch.
> Quest'idea del recupero a-storico delle tecniche dovrebbe insospettire
> proprio i marxisti, neo o vetero.
> Per dirla tutta, l'allegoria moderna non appare neppure come una tecnica
> figurale. E' il comporsi della cifra senza cifratura, senza chiave
> appunto.
> Scusa la lungaggine, l'argomento mi appassiona.
assai interessante, grazie
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Re: OT Saramago [messaggio #126650 è una risposta a message #126621] |
sab, 08 ottobre 2011 00:49 |
Shapiro used clothes Messaggi: 2794 Registrato: novembre 2010 |
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"Herr von Faninal" <wargh@mail.nz> ha scritto nel messaggio
news:j6no6b$c48$5@nnrp-beta.newsland.it...
> assai interessante, grazie
Prego, grazie a te.
Vero che è interessante?
Il punto è che Benjamin è interessato a precisare l'allegoria dal punto di
vista del pensiero che la produce, non come tecnica linguistico retorica.
Inoltre è un aspetto centrale del suo pensiero, vi torna sopra più e più
volte, sempre ampliandolo e riformulandolo. Insomma non è semplice (basta
sfogliare i riferimenti degli studiosi; i semiologi e i teorici della
retorica sono abbastanza restii a occuparsi di Benjamin), e non mi pare che
in molti abbiano affrontato Saramago da questo punto di vista, che pure è
centrale ed è stato ammesso dall'autore stesso.
Io di recente ho trovato questo.
http://www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=14
Mi pare che non faccia che confermare i miei dubbi: questo signore parla di
una figuralità semioticamente regolata, disciplinata, decodificabile,
insomma una cifratura con chiave. So come arrivare al significato figurato,
come passare dal significante di secondo grado (che è già un segno, secondo
la nota formula della connotazione di Barthes) al significato di secondo
grado. Fra i due piani esiste un rapporto preciso, un "ponte" essenziale per
l'uno e l'altro piano, per la partenza e per l'arrivo, e dunque è forse
addirittura azzardato parlare di allegoria (io parlerei di parabola, che è
una cosa affine ma differente).
Nel Castello di Kafka, o nelle poesie della serie Spleen di Baudelaire (per
fare qualche esempio chiaro) non succede questo (di una di queste ultime c'è
una sensazionale analisi di Jauss, quello che ha studiato il parametro tempo
in Proust, fra l'altro). Abbiamo immagini che stupiscono proprio perché non
si sa come trovare una chiave, sembrano affastellate o misteriose,
incongrue, inorganiche: ad esempio, il passaggio dal mobile pieno di
cassetti e di carte alla Sfinge, mediato dalla formula "io sono", in una di
quelle celebri poesie. Danno l'impressione di un mondo scisso, frammentato,
privo di una propria logica che non sia quello della pura accumulazione
(questa sì, parola chiave), dunque l'esatto contrario dell'idea simbolista.
Poi, misteriosamente, comunicano ugualmente. La legge del loro comunicare
sta appunto in quell'apparenza di casualità, che per acquistare senso deve
essere pensata da un altro punto di vista.
La parabola è tutt'un'altra cosa.
Un altro esempio magnifico di allegoria moderna è la poesia "Botta e
risposta I" in Satura di Eugenio Montale, la seconda parte, quella che
inizia da "Uscito appena dall'adolescenza..."; sarebbe la risposta, insomma
(è una specie di scambio di testi, di corrispondenza, come accadeva nella
poesia medievale; solo che qui la corrispondenza si risolve
nell'incomunicabilità delle due istanze). Montale recupera il mito delle
stalle di Augia (Ercole deve pulire le stalle, che sono strapiene di letame;
per farlo devia due fiumi; nella poesia i fiumi straripano, ma non succede
nulla, nulla viene pulito) e parla, chiarissimamente, di vicende legate alla
guerra. Le stalle restano piene di merda, un'umanità di derelitti deve
presidiare il luogo come se fosse in trincea, attende qualcosa che non
succede; attende di morire ed essere consumata, e "Lui" non si mostra, non
si fa vedere. Compaiono simboli interpretabili perché legati ad una
tradizione culturale, che potrebbero essere decodificati; solo che la
decodifica non è possibile, la loro relazione appare del tutto incongrua, è
come se il tessuto della tradizione fosse rotto e ricomposto, e un nuovo
ordine (semiotico) non si vede. Oltrettutto mescola il tema della putredine
e quella del cibo, della cucina infernale. E' chiaro cosa intenda, com'è
chiaro nel Sogno del Prigioniero (che conclude la raccolta La Bufera e
altro, poesia semplicemente splendida; anche lì, la sinistra immagine della
cucina infernale); ma sarebbe vano cercare di fissare una funzione per ogni
elemento. Perché il senso principale è proprio la degradazione e la
disgregazione.
Ora, Saramago è un artigiano sapiente e dotato, non discuto. Sicuramente
soddisfa egregiamente le esigenze di un pubblico ampio e, ahimé, orientato e
connotato ideologicamente. Ma per me le sue sono parabole. Rispetto a Kafka,
Baudelaire, Montale siamo in un altro ordine di idee. E non sono signori che
del mondo in cui erano capitati indulgessero a fornire immagini
consolatorie, ossequiose al potere.
Anzi.
Sono al di là di qualsiasi ideologia, credo.
dR
(...)
Lui non fu mai veduto.
La geldra però lo attendeva
per il presentat-arm: stracolmi imbuti,
forconi e spiedi, un'infilzata fetida
di saltinbocca. Eppure
non una volta Lui sporse
cocca di manto o punta di corona
oltre i bastioni d'ebano, fecali.
Poi d'anno in anno- e chi più contava
le stagioni in quel buio?- qualche mano
che tentava invisibili spiragli
insinuò il suo memento: un ricciolo
di Gerti, un grillo in gabbia, ultima traccia
del transito di Liuba....
(...)
....era sole quella sudicia
esca di scolaticcio sui fumaioli,
erano uomini forse,
veri uomini vivi
i formiconi degli approdi?
............................................
(Penso
che forse non mi leggi più. Ma ora
tu sai tutto di me,
della mia prigionia e del mio dopo;
ora sai che non può nascere l'aquila
dal topo).
Botta e risposta I (frammenti)
(...)
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo è il minuto-
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se sarò al festino
farcitore o farcito. L'attesa è lunga,
il mio sogno di te non è finito.
Sogno del prigioniero (frammento finale).
Naturalmente è criminale tagliuzzare questi poemi. Invoco perdono, volevo
solo fartene memoria (indubbiamente li conosci) e ripeterli a me stesso; il
finale del Sogno ancora mi emoziona tantissimo, e l'ho letto per la prima
volta, non credendo ai miei occhi -è una poesia meravigliosa, che parla di
cose tremende senza retorica, senza compiangimenti, a ciglio asciutto- tanti
e tanti anni fa.
Chiedo scusa per la lungaggine
v.
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Re: OT Saramago [messaggio #126709 è una risposta a message #126650] |
sab, 08 ottobre 2011 14:21 |
Herr von Faninal Messaggi: 944 Registrato: luglio 2011 |
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4e8f8207$0$38339$4fafbaef@reader1.news.tin.it...
>
> "Herr von Faninal" <wargh@mail.nz> ha scritto nel messaggio
> news:j6no6b$c48$5@nnrp-beta.newsland.it...
>
>> assai interessante, grazie
>
> Prego, grazie a te.
> Vero che interessante?
molto, direi anzi affascinante
> Il punto che Benjamin interessato a precisare l'allegoria dal punto di
> vista del pensiero che la produce, non come tecnica linguistico retorica.
> Inoltre un aspetto centrale del suo pensiero, vi torna sopra pi e pi
> volte, sempre ampliandolo e riformulandolo. Insomma non semplice (basta
> sfogliare i riferimenti degli studiosi; i semiologi e i teorici della
> retorica sono abbastanza restii a occuparsi di Benjamin), e non mi pare
> che in molti abbiano affrontato Saramago da questo punto di vista, che
> pure centrale ed stato ammesso dall'autore stesso.
>
> Io di recente ho trovato questo.
> http://www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=14
>
> Mi pare che non faccia che confermare i miei dubbi: questo signore parla
> di una figuralit semioticamente regolata, disciplinata, decodificabile,
> insomma una cifratura con chiave.
s, mi sembra sia cos
>So come arrivare al significato figurato, come passare dal significante di
>secondo grado (che gi un segno, secondo la nota formula della
>connotazione di Barthes) al significato di secondo grado. Fra i due piani
>esiste un rapporto preciso, un "ponte" essenziale per l'uno e l'altro
>piano, per la partenza e per l'arrivo, e dunque forse addirittura
>azzardato parlare di allegoria (io parlerei di parabola, che una cosa
>affine ma differente).
ti seguo
> Nel Castello di Kafka, o nelle poesie della serie Spleen di Baudelaire
> (per fare qualche esempio chiaro) non succede questo (di una di queste
> ultime c' una sensazionale analisi di Jauss, quello che ha studiato il
> parametro tempo in Proust, fra l'altro). Abbiamo immagini che stupiscono
> proprio perch non si sa come trovare una chiave, sembrano affastellate o
> misteriose, incongrue, inorganiche: ad esempio, il passaggio dal mobile
> pieno di cassetti e di carte alla Sfinge, mediato dalla formula "io sono",
> in una di quelle celebri poesie. Danno l'impressione di un mondo scisso,
> frammentato, privo di una propria logica che non sia quello della pura
> accumulazione (questa s, parola chiave), dunque l'esatto contrario
> dell'idea simbolista.
ah, ok, continuo a seguire. Fin qui capisco
> Poi, misteriosamente, comunicano ugualmente. La legge del loro comunicare
> sta appunto in quell'apparenza di casualit, che per acquistare senso deve
> essere pensata da un altro punto di vista.
certo
> La parabola tutt'un'altra cosa.
> Un altro esempio magnifico di allegoria moderna la poesia "Botta e
> risposta I" in Satura di Eugenio Montale, la seconda parte, quella che
> inizia da "Uscito appena dall'adolescenza..."; sarebbe la risposta,
> insomma ( una specie di scambio di testi, di corrispondenza, come
> accadeva nella poesia medievale; solo che qui la corrispondenza si risolve
> nell'incomunicabilit delle due istanze). Montale recupera il mito delle
> stalle di Augia (Ercole deve pulire le stalle, che sono strapiene di
> letame; per farlo devia due fiumi; nella poesia i fiumi straripano, ma non
> succede nulla, nulla viene pulito) e parla, chiarissimamente, di vicende
> legate alla guerra. Le stalle restano piene di merda, un'umanit di
> derelitti deve presidiare il luogo come se fosse in trincea, attende
> qualcosa che non succede; attende di morire ed essere consumata, e "Lui"
> non si mostra, non si fa vedere. Compaiono simboli interpretabili perch
> legati ad una tradizione culturale, che potrebbero essere decodificati;
> solo che la decodifica non possibile, la loro relazione appare del tutto
> incongrua, come se il tessuto della tradizione fosse rotto e ricomposto,
> e un nuovo ordine (semiotico) non si vede. Oltrettutto mescola il tema
> della putredine e quella del cibo, della cucina infernale. E' chiaro cosa
> intenda, com' chiaro nel Sogno del Prigioniero (che conclude la raccolta
> La Bufera e altro, poesia semplicemente splendida; anche l, la sinistra
> immagine della cucina infernale); ma sarebbe vano cercare di fissare una
> funzione per ogni elemento. Perch il senso principale proprio la
> degradazione e la disgregazione.
ok
>
> Ora, Saramago un artigiano sapiente e dotato, non discuto. Sicuramente
> soddisfa egregiamente le esigenze di un pubblico ampio e, ahim, orientato
> e connotato ideologicamente. Ma per me le sue sono parabole. Rispetto a
> Kafka, Baudelaire, Montale siamo in un altro ordine di idee. E non sono
> signori che del mondo in cui erano capitati indulgessero a fornire
> immagini consolatorie, ossequiose al potere.
> Anzi.
> Sono al di l di qualsiasi ideologia, credo.
capito benissimo dove volevi arrivare. Pienamente d'accordo :-)))
>
> Naturalmente criminale tagliuzzare questi poemi. Invoco perdono, volevo
> solo fartene memoria (indubbiamente li conosci)
malissimo. Mi ha fatto piacere rileggerli.
Si tratta anche di una scrittura pi complessa e che richiede al lettore un
diverso coinvolgimento rispetto a quanto detto si Saramago, imho
>e ripeterli a me stesso; il finale del Sogno ancora mi emoziona tantissimo,
>e l'ho letto per la prima volta, non credendo ai miei occhi - una poesia
>meravigliosa, che parla di cose tremende senza retorica, senza
>compiangimenti, a ciglio asciutto- tanti e tanti anni fa.
>
> Chiedo scusa per la lungaggine
no no, anzi, appassionante!
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Re: Michel Schneider: Glenn Gould Piano solo [messaggio #127903 è una risposta a message #124117] |
mer, 12 ottobre 2011 02:58 |
yadbhavishyati Messaggi: 92 Registrato: novembre 2010 |
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Il giorno venerdì 30 settembre 2011 15:34:00 UTC+5:30, sal paradise ha scritto:
> Dopo la piacevole lettura del libro di Bazzana, che a mio avviso aveva
> cercato di ricalibrare il personaggio di Gould restituendogli dignità
> artistica, musicale e pianistica e privandolo di molti che erano i
> luoghi comuni ridicoli che lo circondavano e che lui stesso (Gould),
> probabilmente, “utilizzava” a fini pubblicitari;
No, infatti fu autenticamente mentalmente ammalato. Soffriva. Strana, questa self-serving illusione dei normali, che i pazzi (specialmente quando si tratta di un genio) siano in realtà attori, cripto-normali che fanno bizzarrerie solo per distinguersi spuriosamente da "noi".
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Re: Michel Schneider: Glenn Gould Piano solo [messaggio #127930 è una risposta a message #127903] |
mer, 12 ottobre 2011 10:14 |
sal paradise Messaggi: 97 Registrato: dicembre 2010 |
Member |
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Il 12/10/2011 02:58, अश्वमित्रः ha scritto:
> Il giorno venerdì 30 settembre 2011 15:34:00 UTC+5:30, sal paradise ha scritto:
>
>> Dopo la piacevole lettura del libro di Bazzana, che a mio avviso aveva
>> cercato di ricalibrare il personaggio di Gould restituendogli dignità
>> artistica, musicale e pianistica e privandolo di molti che erano i
>> luoghi comuni ridicoli che lo circondavano e che lui stesso (Gould),
>> probabilmente, “utilizzava” a fini pubblicitari;
>
> No, infatti fu autenticamente mentalmente ammalato. Soffriva. Strana, questa self-serving illusione dei normali, che i pazzi (specialmente quando si tratta di un genio) siano in realtà attori, cripto-normali che fanno bizzarrerie solo per distinguersi spuriosamente da "noi".
È evidente che non hai capito un cazzo né di quello che ho scritto io né
di quello che è scritto nei libri di cui parlavo.
Poi “normale” lo dici a tua sorella, e in tutta onestà puoi tenerti
anche le tue “bizzarrerie” (sic.).
Poi, semmai, dei “normali” sarà questa rappresentazione del tormento
dell'artista, tanto difficile da capire, per loro (noi) “normali” che
hanno (abbiamo) bisogno di crearsi dentro la loro testolina questa
figura del genio, sì, ma che poi lasciato a sé stesso se ne sta lì in un
angolo a cacarsi addosso, a sbavare dalla bocca con gli occhi fissi nel
vuoto e i capelli sporchi mentre tutti lo compatiscono, che tenero: lo
prendiamo? ne prendiamo uno, ora che è morto anche il cagnolino?
Strana, questa auto-sega dei mediocri, quelli stronzi però, che i geni
debbano anche necessariamente essere pazzi: ha tutto un sapore
squisitamente cattolico, di quello becero però, che sa di merda, per
l'appunto.
g.
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