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[OT] Che c' al cinema? C' il cinema? [messaggio #120763] ven, 23 settembre 2011 00:18 Messaggio precedente
ptram  è attualmente disconnesso ptram
Messaggi: 458
Registrato: novembre 2010
Senior Member
Ciao,

Mi lagno qui, perché nei gruppi di cinema non mi capirebbero.

Ieri sera non ce l'ho fatta più dopo mesi lontano dal cinema (l'ultima
volta avevo visto un brutto cartone animato) ho deciso di uscire ed
andare alla grande città del cinema alle porte di Ancona. Era giorno di
sconti, rischiavo poco. Magari c'era la fila, come ricordavo capitasse
ogni mercoledì, e si poteva sperare di fare qualche conoscenza
interessante. (Interessante, e del tipo morbido e profumato).

Come anticipato dai periodici specializzati su internet, non c'era
niente che potesse interessarmi. Il passaggio di tutte le sale del
medio-Adriatico alla multinazionale UCI non aveva cambiato nulla nella
miseria della programmazione. Ma contrariamente alle aspettative, non
c'era nessuno davanti alla biglietteria. Una delle tre bigliettaie è
carina. Con la scusa di fare il biglietto riesco a scambiare una battuta
(che, naturalmente, la lascia fredda).

Scelgo il film di un noto regista apolide, messo in scena da quattro
premi Oscar. Già l'immagine della statuetta cieca mi dava più di un
sospetto. Confermato pienamente. Un quartetto di attori che recitano la
parte dei bravi attori. Su un copione che gioca a fare il bel copione.
Spudorata artificiosità, per giustificare la storia (già raccontata
mille volte) dello stagnino che si vergogna del mestiere suo e della
moglie, della moglie acida, e dell'avvocato delle multinazionali
spietato e sempre attaccato al telefono.

Nausea. Esco dalla sala, lasciandomi dietro la ventina di spettatori
ammucchiati giù giù, in fondo all'immensa sala. (Sembrava di sentire
l'eco dei passi in una cattedrale vuota). Mi rifugio in bagno. Fuori, i
ragazzi del servizio percorrono i corridoi sterminati con ramazze
gigantesche e lenti carrelli da grande magazzino. Li seguo, e mi infilo
in una sala a caso.

Danno un film di fantascienza del genere catastrofico. Meglio così.
Spettacolo, angoscia, catarsi finale magari con qualche esplosione.
Macché. Trama e svolgimento scontatissimi e lentissimi, ricalcati su un
noiosissimo sceneggiato americano di quelli che su Arte devono dare per
forza, dall'avvento di Sarko. I politici troppo prudenti e gli
scienziati troppo scrupolosi nel far fronte ad un contagio. Tutto va
male, la gente muore come mosche, ma sembra di assistere alla
preparazione della cerimonia di apertura delle scuole medie.

Via, via, di nuovo al bagno. Me ne vado? No, voglio un'altra
possibilità. Provo un'altra sala. Un film prodotto da Steven Spielberg
_deve_ essere spettacolare. Come no. Vedo subito due ragazzini
preconfezionati, di quelli che si abbinano perfettamente con il cibo
premasticato. Le ferite di lei sono elegantemente colorate, e lui ha
tutti i ciuffi in ordine, probabilmente risistemati tra un ciack e
l'altro. Discorrono di come i genitori di lei siano morti in qualche
episodio catastrofico, e lo fanno con il tono di un diverbio a scuola.

Infilo le scale, chiedo alla ragazza del popocorn (sistemata un po' come
la Nike di Samotracia al Louvre) da dove posso uscire. Non c'è uscita.
Devo entrare in una sala, e prendere l'uscita di sicurezza. Lo faccio.
Come al solito, la città del cinema mi vomita sul retro, accanto ai
cassonetti dell'immondizia. Dev'essere la superstrada deserta a causarmi
quel senso di vuoto che mi accompagna fino a casa.

Ma perché hanno ucciso il cinema? A vedere questi pastrocchi non va
nessuno. La mitica sala 2 della piccola multisala di Recanati (il mio
comune di residenza), un tempo sempre stipata, non dà più nulla di
interessante (c'è una legge, mi spiegavano, che impone determinati
titoli per ricevere certi fondi). Il vecchio gestore delle multisala
blockbusterose è fallito, Blockbuster è fallita. Eppure ci si ostina a
voler imporre al mondo questi papponi.

Grandi imprenditori. Si dedicassero alla TV, e lasciassero perdere, una
buona volta, il cinema.

Ciao,
Paolo
 
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