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Re: "Lasciami entrare" di Alfredson [messaggio #152345 è una risposta a message #152341] |
mar, 27 dicembre 2011 13:34 |
sapo68 Messaggi: 613 Registrato: novembre 2010 |
Senior Member |
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Mordred <mordred75NOFUCKINGSPAM@gmail.com> wrote:
> Evidentemente è un problema mio, non sono proprio riuscito a cogliere la
> bellezza di questo film. Ben confezionato, quello sicuramente, ma la
> storia mi è sembrata la solita menata per adolescenti (il rapporto tra i
> due è un'allegoria abbastanza poco velata dei problemi di due ragazzini
> che si ritrovano e si aiutano nel superare le difficoltà imposte da una
> società ostile).
Mi sembra una lettura superficiale.
All'epoca ne scrivemmo molto io ed altri, ti riporto quello che ne
scrissi allora:
Per chi trova insopportabile i carrozzoni adolescenziali e postromantici
come Twilight, trovera' in questo "Låt den rätte komma in" di Tomas
Alfredson un perfetto contraltare.
Glaciale come la location (la periferia di Stoccolma invernale negli
anni 80), etereo e antispettacolare, ma allo stesso tempo sporco e
gelido, il film puo' contare sull'interpretazione dei due protagonisti e
sul niente affatto scontato rapporto tra vampiri e umani che non si
cristallizza nelle regole canonizzate del genere, ma che sottende piu'
profondi significati.
Molto bello e rarefatto con alcune scene davvero splendide (come quella
finale in piscina).
Da vedere e rivedere, un modo di girare completamente fuori dalle mode e
dal ciruito blockbuster, lento, inesorabile e per certi versi
disturbante come il cinema di Haneke.
Assolutamente non banale il rapporto simbiotico istaurato tra il vampiro
e i suoi servi col quale si apre e si chiude il film attraversando un
periodo storico di quella regione (gli anni '80) "dimesso" ma con un
senso di fatalismo incombente (il continuo richiamo a "cosa fanno i
russi).
Ritrova forza il mito letterario del vampiro che si appoggia a individui
deboli e dal carattere plasmabile, gia' potenzialmente "borderline".
Il protettore del vampiro (il suo attuale servo) altri non e' che un
alter ego del ragazzino a sua volta ammaliato e infatuato del vampiro e
adesso invecchiato accanto ad esso servendolo e proteggendolo fino al
sacrificio ultimo e totale una volta resosi conto di essere stato messo
da parte.
C'e' tutta la morbosita' e la ambiguita' tipica di un rapporto che
contempla momenti di sincero trasporto e affetto ma anche di spietato
calcolo per la sopravvivenza, da parte di Eli.
Un rapporto che e' "vampiresco" prima di tutto sentimentalmente piu' che
fisicamente.
Rimangono fuori campo tutte le classiche abilita' tipiche del vampiro,
si intuisco e a tratti si vedono, ma non sono insistite ed esibite come
nel piu' classico baraccone hollywoodiano, questo per me e' uno dei
punti di forza: l'antispettacolarita' del racconto.
Non mancano alcuni momenti tipici come l'autocombustione
davanti alla luce, il salire velocemente su per un muro, sopratutto la
presenza del sangue e la violenza che implica la natura vampirica, che
qui non puo' per nulla essere messa da parte in nome di un rapporto
romantico.
Qui e' tutto molto piu' "malato", tetro, triste e spoglio. Il rapporto
tra il vampiro e quello che sara' possiamo intuire il suo nuovo
"schiavo" o meglio ancora "simbionte" e' un rapporto di morbosa
affezione, molto lontano dai canonni di una storia d'amore e non privo
di componenti che fanno riflettere sulla subalternita' dell'uno rispetto
all'altra.
Alla fisicita' efebica ed eterea del ragazzo (che mi ha ricordato "Morte
a Venezia" di Luchino Visconti) fa da contraltare il vampiro che non e'
una bambina attraente, quanto un piccolo corpo coperto di stracci,
sporco e puzzolente.
Questo aspetto su una fisicita' scomoda e poco attraente e' un'altra
cosa che fa bene al film: l'odore che sente Oskar (e che spinge Eli a
lavarsi), il rumore orrendo nei momenti in cui si nutre (quando si getta
a terra per es. sulla pozza che sta facendo Oskar), l'assenza dei
genitali femminili che la rende poco piu' di una bambola, di un pupazzo
giudato dall'istinto e dal calcolo, sono particolari che rendono
perfettamente l'idea della natura ferina e disumana del vampiro e del
rapporto che instaura con il suo simbionte.
Il film colpisce per la sua tetra tristezza.
Cito una parte della recensione di Roberto:
"Si intuisce che la forma femminile non è la forma originaria del
mostro, ma un suo opportuno travestimento. Cioè la forma femminile, e di
conseguenza *l'amore* che essa suscita, non sono che il risultato di una
sorta di "selezione naturale dei camuffamenti" e, tra tutti i
camuffamenti possibili, quello che garantisce le maggiori possibilità di
sopravvivenza.
L'amore è un inganno, e, anche quando è sincero, deriva da un inganno,
da un calcolo logicamente prioritario e necessario. Tanto semplice e
ovvio quanto agghiacciante, impossibile aspettarsi una cosa così da
Twilight, quindi viva 'sti svedesi, che non fanno giocare a baseball i
propri vampiri e altre cazzate."
--
Giocare col mondo, facendolo a pezzi...
Bambini che il sole, ha ridotto gia'... vecchi.
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