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Home » Musica » Classica » Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #10995 è una risposta a message #10981] dom, 23 gennaio 2011 13:42 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Rudy" <rodolfo.canaletti@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:1jviwqr.1fpqy211s3r5juN%rodolfo.canaletti@tin.it...

> Ma queste critiche dovrebbero essere tali da farsi capire anche da
> quelli che professionisti, esperti etc. non sono.

più che dirti che è stonato e non va a tempo, francamente, non so cosa si
debba spiegare.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11004 è una risposta a message #10995] dom, 23 gennaio 2011 15:58 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Zaz! <zaz@zaz.com> wrote:


> più che dirti che è stonato e non va a tempo, francamente, non so cosa si
> debba spiegare.

Come sempre non ci capiamo. Trovo inutile spiegarti il senso della mia
richiesta.

Ciao

Rudy

--------------------
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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11005 è una risposta a message #10990] dom, 23 gennaio 2011 15:58 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Henry Wotton <he.wotton@gmail.com> wrote:


> Concordo sull'importanza dell'interpretazione ma personalmente considero
> la voce ancora dominante su tuttò ciò che un cantante lirico deve saper
> esprimere sul palcoscenico; non fondamentale ma dominante nell'insieme.
> E qui la voce non c'era proprio più secondo me.

E' il tuo punto di vista, che rispetto, ma che non condivido. Penso che
sia un modo di pensare all'opera che oggi è sempre meno condiviso, sia
dai compositori, sia da quelli che organizzano rappresentazioni.
Ne sono la riprova tutte le critiche che da un certo pubblico vengono
sempre più affibbiate ai registi (sempre più numerosi e sempre più
richiesti dai teatri) che osano pensare al teatro più che alla
tradizione (quelli che vengono definiti i "registi tedeschi" ma che sono
tutti i registi che hanno della idee, siano essi tedeschi, francesi,
inlesi, italiani, etc.).

La cosa importante, secondo me, ma non solo secondo me, non è la
predominanza di un singolo elemento, (e la voce è un elemento) ma l'idea
che vuole essere espressa nel complesso della rappresentazione. E ogni
elemento contribuisce a farlo: dalla musica fino all'organizzazione del
teatro. Io continuo a pensare che nel teatro vi sia una struttura e una
sovrastruttura. Entrambe le componenti devono essere tenute presenti.


> In verità lo sto già scaricando da rapidshare :-))
> Qualora la registrazione non fosse valida ti scrivo privatamente.

OK. L'opera l'ho registrata.


Ciao

Rudy

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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11006 è una risposta a message #11005] dom, 23 gennaio 2011 17:08 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Henry Wotton <he.wotton@gmail.com> wrote:
>
>
>> Concordo sull'importanza dell'interpretazione ma personalmente considero
>> la voce ancora dominante su tuttò ciò che un cantante lirico deve saper
>> esprimere sul palcoscenico; non fondamentale ma dominante nell'insieme.
>> E qui la voce non c'era proprio più secondo me.
>
> E' il tuo punto di vista, che rispetto, ma che non condivido. Penso che
> sia un modo di pensare all'opera che oggi è sempre meno condiviso, sia
> dai compositori, sia da quelli che organizzano rappresentazioni.


Scusa, ma non è proprio così. I cantanti sono selezionati dai teatri
tramite audizione, non prove di recitazione. I concorsi internazionali
che segnalano i cantanti ai teatri e alle agenzie sono concorsi di
canto. Lo specifico del cantante lirico è prima di tutto rendere il
personaggio attraverso l'arte del canto, il che comprende avere la voce
giusta, il colore giusto, il fraseggio giusto, gli accenti, i respiri,
le dinamiche che facciano uscire il personaggio. Se non fa questo non fa
il suo mestiere. Farà tante altre cose giuste e necessarie alla
realizzazione dell'idea drammaturgica della rappresentazione, ma non
quello che è il suo preciso mestiere.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11007 è una risposta a message #11006] dom, 23 gennaio 2011 19:03 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:


> Scusa, ma non è proprio così. I cantanti sono selezionati dai teatri
> tramite audizione, non prove di recitazione. I concorsi internazionali
> che segnalano i cantanti ai teatri e alle agenzie sono concorsi di
> canto. Lo specifico del cantante lirico è prima di tutto rendere il
> personaggio attraverso l'arte del canto, il che comprende avere la voce
> giusta, il colore giusto, il fraseggio giusto, gli accenti, i respiri,
> le dinamiche che facciano uscire il personaggio. Se non fa questo non fa
> il suo mestiere. Farà tante altre cose giuste e necessarie alla
> realizzazione dell'idea drammaturgica della rappresentazione, ma non
> quello che è il suo preciso mestiere.


Sì? E' così? Ma allora i selezionatori dei cantanti per i Pagliacci per
la rappresentazione scaligera erano ubriachi, o sordi, o dormivano,
oppure tutto il male che si dice di Cura non è vero, eccetera eccetera
eccetera.

A parte gli scherzi, quello che dici è vero, ma gli altri fattori
diventano sempre più importanti a scapito di quello che è il paradigma
"voce" di per sé. D'altra parte, quando tu qualifichi voce, colore,
raseggio, accenti, etc. come "giusti", esperimi un concetto che non è
affatto assoluto.
Giusti per che cosa, e giudicati da chi? Nulla è più discutibile o
adattabile del termine "giusto".
Poi certo, se l'attore è un cantante, deve saper cantare. Come un attore
di prosa deve saper parlare (cioè non dovrebbe essere balbuzione,
oppurenon dovrebbe far sentire un accento particolare se non richiesto
espressamene, etc.). Ma questa, del saper cantare e del saper recitare è
un'affermazione che si deve sempre riferire a quello che il cantante
deve fare, e non alla sua "qualità" in sé. E quello che deve fare è una
costruzione nella quale intervengono direttore d'orchestra e regista,
che si presume sappiano quello che vogliono. O no?

E forse non è un caso che le composizioni contemporanee di opere offrono
sempre meno brani di cosiddetta "coloratura" e sempre più forme di canto
declamato. E' inutile che ti citi degli esempi, che certamente conosci
assai bene. Anche questo vorrà significare una tendenza nel campo
dell'opera, o no? O dobbiamo pensare che l'opera è sempre e solo la
Traviata dove tutti aspettano il "Sempre libera degg'io" per giudicare
se il soprano merita applausi o booo? Credo che questi tempi stiano,
fortunatamente dico io, passando.

Ciao

Rudy

---------------------
rodolfo.canaletti@tin.it
http://www.dicoseunpo.it
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11008 è una risposta a message #11007] dom, 23 gennaio 2011 20:53 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:
>
>
>> Scusa, ma non è proprio così. I cantanti sono selezionati dai teatri
>> tramite audizione, non prove di recitazione. I concorsi internazionali
>> che segnalano i cantanti ai teatri e alle agenzie sono concorsi di
>> canto. Lo specifico del cantante lirico è prima di tutto rendere il
>> personaggio attraverso l'arte del canto, il che comprende avere la voce
>> giusta, il colore giusto, il fraseggio giusto, gli accenti, i respiri,
>> le dinamiche che facciano uscire il personaggio. Se non fa questo non fa
>> il suo mestiere. Farà tante altre cose giuste e necessarie alla
>> realizzazione dell'idea drammaturgica della rappresentazione, ma non
>> quello che è il suo preciso mestiere.
>
>
> Sì? E' così?


Eccome che è così.


> Ma allora i selezionatori dei cantanti per i Pagliacci per
> la rappresentazione scaligera erano ubriachi, o sordi, o dormivano,
> oppure tutto il male che si dice di Cura non è vero, eccetera eccetera
> eccetera.


No, qui giocano due fattori diversi: innanzitutto Cura è un tenore molto
affermato, e di solito per i cantanti affermati non c'è bisogno di
audizione. In secondo luogo, ci sono le agenzie che in certi teatri
fanno il bello e il cattivo tempo imponendo chi pare a loro ("se vuoi
questo [nome molto affermato e di richiamo] ti devi beccare anche
questa"): se n'è già parlato a proposito della Scala, se non sbaglio.


> A parte gli scherzi, quello che dici è vero, ma gli altri fattori
> diventano sempre più importanti a scapito di quello che è il paradigma
> "voce" di per sé. D'altra parte, quando tu qualifichi voce, colore,
> raseggio, accenti, etc. come "giusti", esperimi un concetto che non è
> affatto assoluto.
> Giusti per che cosa, e giudicati da chi? Nulla è più discutibile o
> adattabile del termine "giusto".


Ovviamente non è un concetto assoluto. E' il risultato dell'analisi del
testo musicale e del contesto drammaturgico, che spesso (nel caso dei
grandi compositori) sono aspetti strettamente correlati. Il tenore che
canta il Duca di Mantova non è lo stesso che dovrebbe cantare Otello:
sono parti scritte in modo diverso e per contesti diversi, e lo stesso
Verdi le concepiva per voci diverse. Ma lo sai meglio di me, no ? Poi ci
sono degli aspetti tecnici legati all'emissione che possono essere
definiti corretti o no, ma non è il caso di parlarne adesso.


> Poi certo, se l'attore è un cantante, deve saper cantare. Come un attore
> di prosa deve saper parlare (cioè non dovrebbe essere balbuzione,
> oppurenon dovrebbe far sentire un accento particolare se non richiesto
> espressamene, etc.). Ma questa, del saper cantare e del saper recitare è
> un'affermazione che si deve sempre riferire a quello che il cantante
> deve fare, e non alla sua "qualità" in sé. E quello che deve fare è una
> costruzione nella quale intervengono direttore d'orchestra e regista,
> che si presume sappiano quello che vogliono. O no?


Ovviamente sì. Ma ci sono dei limiti tecnici, stilistici o di pura
correttezza del testo entro i quali ci si deve muovere. Ci può essere
grande libertà, ma non puoi fregartene del solfeggio perchè ti viene
bene così. Nessuno accetterebbe un Pollini che fa quello che gli pare
con il solfeggio di una sonata di Beethoven, non si vede perchè si
dovrebbe fare diversamente con un'aria di Leoncavallo, soprattutto
quando è molto chiaro cosa vuole il compositore.


> E forse non è un caso che le composizioni contemporanee di opere offrono
> sempre meno brani di cosiddetta "coloratura" e sempre più forme di canto
> declamato.


Qui dico una cosa che è una mia impressione, del tutto personale:
secondo me la sensibilità della maggior parte dei compositori
contemporanei è molto lontana dai canoni estetici della voce operistica.
Del resto, anche il trattamento degli strumenti è spesso molto lontano
da quello in voga fino ad un secolo fa.


> E' inutile che ti citi degli esempi, che certamente conosci
> assai bene. Anche questo vorrà significare una tendenza nel campo
> dell'opera, o no? O dobbiamo pensare che l'opera è sempre e solo la
> Traviata dove tutti aspettano il "Sempre libera degg'io" per giudicare
> se il soprano merita applausi o booo? Credo che questi tempi stiano,
> fortunatamente dico io, passando.


Ma assolutamente no. Però se metti in scena la Traviata (si può anche
non fare) non puoi prescindere dai canoni estetici ed esecutivi con i
quali è stata concepita. Rudy, io so bene che tu ce l'hai a morte con i
loggionisti che ronfano per tre quarti del'opera per svegliarsi
all'improvviso "e alura, l'ariva 'sta *pira* ?", e io sono d'accordo con
te! Ma non si può buttare via il bambino del cantare bene,
stilisticamente e musicalmente, con l'acqua sporca dei loggionisti
ignoranti.

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11009 è una risposta a message #11006] dom, 23 gennaio 2011 20:10 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
news:9oY_o.30709$7b4.981@tornado.fastwebnet.it...
> Rudy ha scritto:
>> Henry Wotton <he.wotton@gmail.com> wrote:
>>
>>
>>> Concordo sull'importanza dell'interpretazione ma personalmente considero
>>> la voce ancora dominante su tuttò ciò che un cantante lirico deve saper
>>> esprimere sul palcoscenico; non fondamentale ma dominante nell'insieme.
>>> E qui la voce non c'era proprio più secondo me.
>>
>> E' il tuo punto di vista, che rispetto, ma che non condivido. Penso che
>> sia un modo di pensare all'opera che oggi è sempre meno condiviso, sia
>> dai compositori, sia da quelli che organizzano rappresentazioni.
>
>
> Scusa, ma non è proprio così. I cantanti sono selezionati dai teatri
> tramite audizione, non prove di recitazione. I concorsi internazionali che
> segnalano i cantanti ai teatri e alle agenzie sono concorsi di canto. Lo
> specifico del cantante lirico è prima di tutto rendere il personaggio
> attraverso l'arte del canto, il che comprende avere la voce giusta, il
> colore giusto, il fraseggio giusto, gli accenti, i respiri, le dinamiche
> che facciano uscire il personaggio. Se non fa questo non fa il suo
> mestiere. Farà tante altre cose giuste e necessarie alla realizzazione
> dell'idea drammaturgica della rappresentazione, ma non quello che è il suo
> preciso mestiere.

macché. Figurati. Nell'opera, a proposito, c'è pure della musica????
Bah, irrilevante. E' la drammaturgia che conta.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11010 è una risposta a message #11008] dom, 23 gennaio 2011 21:25 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
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> Ovviamente sì. Ma ci sono dei limiti tecnici, stilistici o di pura
> correttezza del testo entro i quali ci si deve muovere. Ci può essere
> grande libertà, ma non puoi fregartene del solfeggio perchè ti viene bene
> così. Nessuno accetterebbe un Pollini che fa quello che gli pare con il
> solfeggio di una sonata di Beethoven,

è solo perché non sa stare in scena.
Con una bella drammaturgia, potrebbe anche permettersi di suonare come me
<g>
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11015 è una risposta a message #11008] lun, 24 gennaio 2011 00:09 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:


> No, qui giocano due fattori diversi: innanzitutto Cura è un tenore molto
> affermato, e di solito per i cantanti affermati non c'è bisogno di
> audizione.

Sarebbe bastato ascoltare la sua prestazione a Zurigo due anni fa, del
tutto simile (vocalmente, non in quanto a interpretazione) a quella
della scala attuale. Evidentemente qualcuno degli organizzatori l'ha
ritenuta accettabile.


> In secondo luogo, ci sono le agenzie che in certi teatri
> fanno il bello e il cattivo tempo imponendo chi pare a loro ("se vuoi
> questo [nome molto affermato e di richiamo] ti devi beccare anche
> questa"): se n'è già parlato a proposito della Scala, se non sbaglio.

Non so. Può anche darsi. Ma mi sfugge la motivazione. Ricatti di questo
genere ce ne sono, ma non mi sembra che si possa scendere al di sotto di
un certo livello e fermarsi al nome di un cantante che viene giudicato
inascoltabile. Questo non succede neppure nel calcio.

> Ovviamente non è un concetto assoluto. E' il risultato dell'analisi del
> testo musicale e del contesto drammaturgico, che spesso (nel caso dei
> grandi compositori) sono aspetti strettamente correlati. Il tenore che
> canta il Duca di Mantova non è lo stesso che dovrebbe cantare Otello:
> sono parti scritte in modo diverso e per contesti diversi, e lo stesso
> Verdi le concepiva per voci diverse.

Certo. Questo è il principio per cui l'opera deve essere eseguita stando
alle intenzioni del compositore. Io credo che questo assioma sia
discutibile. Un'opera d'arte, tale da superare il periodo in cui è stata
prodotta (per questo si parla di opera d'arte), potrebbe avere
significati nuovi, che possono essere ricercati e riproposti. Poi questo
può essere giustificabile o meno. Ma non credo che sia un delitto farlo.

> Qui dico una cosa che è una mia impressione, del tutto personale:
> secondo me la sensibilità della maggior parte dei compositori
> contemporanei è molto lontana dai canoni estetici della voce operistica.
> Del resto, anche il trattamento degli strumenti è spesso molto lontano
> da quello in voga fino ad un secolo fa.

Ecco. E' quello che voglio dire. I tempi cambiano, e così le
sensibilità: sia quelle dei compositori che quelle di coloro che
rappresentano un'opera. Avresti mai detto che un bidè è un'opera d'arte?
Insomma, io non metto in discussione coloro che nella rappresentazione
di un'opera si aspettano quello che la tradizione ha definito come
"giusto", o come quello che viene tradizionalmente definito
"l'intenzione del compositore". Fanno benissimo. Metto in discussione
coloro che affermano che non si può fare altrimenti, e chi lo fa
sbaglia, senza porsi il problema del "perché" lo fa e di che cosa vuole
ottenere.

> Ma assolutamente no. Però se metti in scena la Traviata (si può anche
> non fare) non puoi prescindere dai canoni estetici ed esecutivi con i
> quali è stata concepita.

Ecco, qui c'è proprio il disaccordo. A Berna hanno rappresentato una
Traviata alla stazione. Hanno fatto una ricerca di come affrontare un
capolavoro al di fuori dei canoni "stabiliti". Certo, avrebbero potuto
anche non rappresentarla, come tu dici. Invece 'hanno fatto e hanno
fatto una ricerca. Ecco, io mi sento d'accordo con questa logica, del
tutto non preoccupato che ci siano gli Stinchelli di turno (o i loro
emuli) che pensano che il mondo si sia fermato alle loro concezioni.
Quando Verdi ha composto la Traviata il mondo non aveva ancora
conosciuto progressi immensi e tragedie inenarrabili. Le sue concezioni
provengono dalle conoscenza presenti nel suo tempo. Oggi abbiamo
conosciuto progressi straordinari e tragedie spaventose, che non possono
non aver inciso sulla nostra sensibilità. Se la Traviata è un capolavoro
che ha atrtraversato i secoli, probabilmente (si a per dire) offre cose,
situazioni, domande e soluzioni che la nuova sensibilità può concepire e
magari cercare in un lavoro che, proprio perché opera d'arte, ha
attraversato i tempi.
Ma, vedi, questa discussione può andare avanti all'infinito. Io la penso
in un certo modo. Non sono interessato a convincere nessuno. Non credo
che le mie idee interessino qualcuno, e non mi interessa se in molti la
pensano in modo diverso.

Ciao

Rudy

----------------------
rodolfo.canaletti@tin.it
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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11016 è una risposta a message #10985] lun, 24 gennaio 2011 07:31 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 23 Gen, 02:10, Der Bildungsphilister <bass_desires2...@yahoo.it>
wrote:
> Rudy ha scritto:
>
> > Der Bildungsphilister <bass_desires2...@yahoo.it> wrote:
>
> >> Non dubito che lo abbia fatto, ma a un cantante d'opera sarebbe
> >> richiesto anche di cantare, altrimenti sul palco possiamo salirci anche
> >> io e te.
>
> > Io certamene no. Non sarei in grado di far vivere il personaggio né col
> > canto né con le parole.
>
> Beh, il canto lo avevamo escluso, no ? E con le parole te la cavi bene :-)

Ma LOL!
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11017 è una risposta a message #11005] lun, 24 gennaio 2011 08:00 Messaggio precedenteMessaggio successivo
enrico  è attualmente disconnesso enrico
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Registrato: maggio 2008
Member
On 23 Gen, 15:58, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:

> E' il tuo punto di vista, che rispetto, ma che non condivido. Penso che
> sia un modo di pensare all'opera che oggi è sempre meno condiviso, sia
> dai compositori, sia da quelli che organizzano rappresentazioni.
> Ne sono la riprova tutte le critiche che da un certo pubblico vengono
> sempre più affibbiate ai registi (sempre più numerosi e sempre più
> richiesti dai teatri) che osano pensare al teatro più che alla
> tradizione (quelli che vengono definiti i "registi tedeschi" ma che sono
> tutti i registi che hanno della idee, siano essi tedeschi, francesi,
> inlesi, italiani, etc.).

Per molti registi "avere un'idea" significa imporre un sovratesto più
o meno elaborato a una cosa che esiste già (cioè il testo). A volte,
raramente, l'operazione riesce (la regia di Elektra di Falk Richter,
per esempio), a volte è semplicemente un travisamento ad uso dei
capiscioni (in Ho fatto splash di Nichetti c'è Giulia Lazzarini-Ariel
di un celebre allestimento della Tempesta- che precipita urlando sul
palco e le signore in platea che commentano "Strehler è sempre
Strehler"; questo perché l'abbonato che spende 2.500 euro l'anno non
può confessare a se stesso di essere stato un pirla, di essersi
sorbito stagioni di imbarazzante mediocrità, di aver assistito
parecchie volte a pessimi spettacoli). Accade nella prosa come nella
lirica.
Il testo viene ridotto a pre-testo per l'esibizione del regista
narciso, che non sogna nemmeno di mettersi a servizio di quel testo,
ma pretende di usarlo a servizio della propia affermazione (o di
usarlo per affermare qualche sua bislacca interpretazione o idea
estetica o peggio politica). E questo accade in genere perché il
regista di cui sopra non è capace o non ha voglia di creare un
*proprio* testo.
Poi arriva la paroletta magica "Attualizzare". Beh per tre quarti dei
testi di cui parliamo non c'è nessun bisogno di "attualizzare", perché
sono già più che attuali, sono universali. Ci sarebbe forse più
bisogno di "distanziare" perché la distanza forse ci aiuterebbe ad
apprezzare la loro eterna attualità e universalità... Cavalleria e
Pagliacci non hanno nessun bisogno di essere "attualizzati": hanno
bisogno di essere cantati e suonati bene, e allestiti in tetro con
misura, rigore e sobrietà.

E.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11023 è una risposta a message #11015] lun, 24 gennaio 2011 11:55 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:
>
>
>> No, qui giocano due fattori diversi: innanzitutto Cura è un tenore molto
>> affermato, e di solito per i cantanti affermati non c'è bisogno di
>> audizione.
>
> Sarebbe bastato ascoltare la sua prestazione a Zurigo due anni fa, del
> tutto simile (vocalmente, non in quanto a interpretazione) a quella
> della scala attuale. Evidentemente qualcuno degli organizzatori l'ha
> ritenuta accettabile.


O non l'ha ascoltata. O si è fidato di chi gli diceva "ma adesso è tutta
un'altra cosa". O gli andava bene lo stesso, visto che Cura è comunque
un nome di richiamo.


>> In secondo luogo, ci sono le agenzie che in certi teatri
>> fanno il bello e il cattivo tempo imponendo chi pare a loro ("se vuoi
>> questo [nome molto affermato e di richiamo] ti devi beccare anche
>> questa"): se n'è già parlato a proposito della Scala, se non sbaglio.
>
> Non so. Può anche darsi. Ma mi sfugge la motivazione. Ricatti di questo
> genere ce ne sono, ma non mi sembra che si possa scendere al di sotto di
> un certo livello e fermarsi al nome di un cantante che viene giudicato
> inascoltabile. Questo non succede neppure nel calcio.


Perchè si fanno le opere con Bocelli ? Perchè si facevano le opere con
Pavarotti quando era ormai da molti anni l'ombra di sè stesso ? E parlo
di voce, visto che per quanto riguarda la recitazione quasi nemmeno si
muoveva più sul palco.


>> Ovviamente non è un concetto assoluto. E' il risultato dell'analisi del
>> testo musicale e del contesto drammaturgico, che spesso (nel caso dei
>> grandi compositori) sono aspetti strettamente correlati. Il tenore che
>> canta il Duca di Mantova non è lo stesso che dovrebbe cantare Otello:
>> sono parti scritte in modo diverso e per contesti diversi, e lo stesso
>> Verdi le concepiva per voci diverse.
>
> Certo. Questo è il principio per cui l'opera deve essere eseguita stando
> alle intenzioni del compositore. Io credo che questo assioma sia
> discutibile. Un'opera d'arte, tale da superare il periodo in cui è stata
> prodotta (per questo si parla di opera d'arte), potrebbe avere
> significati nuovi, che possono essere ricercati e riproposti. Poi questo
> può essere giustificabile o meno. Ma non credo che sia un delitto farlo.


Se tu credi che prescindere dal testo possa essere un modo per rendere
giustizia ad un'opera che supera il periodo in cui è stata prodotta
davvero non posso essere d'accordo. Perchè nessuno pensa di riscrivere
la Divina Commedia in italiano moderno ? Si scrivono, giustamente, delle
opere nuove.


>> Qui dico una cosa che è una mia impressione, del tutto personale:
>> secondo me la sensibilità della maggior parte dei compositori
>> contemporanei è molto lontana dai canoni estetici della voce operistica.
>> Del resto, anche il trattamento degli strumenti è spesso molto lontano
>> da quello in voga fino ad un secolo fa.
>
> Ecco. E' quello che voglio dire. I tempi cambiano, e così le
> sensibilità: sia quelle dei compositori che quelle di coloro che
> rappresentano un'opera. Avresti mai detto che un bidè è un'opera d'arte?


Un bidè in sè no. L'uso che ne fa Duchamp è geniale, è diverso :-)


> Insomma, io non metto in discussione coloro che nella rappresentazione
> di un'opera si aspettano quello che la tradizione ha definito come
> "giusto", o come quello che viene tradizionalmente definito
> "l'intenzione del compositore". Fanno benissimo. Metto in discussione
> coloro che affermano che non si può fare altrimenti, e chi lo fa
> sbaglia, senza porsi il problema del "perché" lo fa e di che cosa vuole
> ottenere.


Per me, l'unica esigenza da rispettare è quella di mettere in rilievo i
contenuti artistici e poetici dell'opera. Non ho assolutamente nulla in
contrario verso ambientazioni lontane dall'originale, spostamenti
temporali di secoli: basta che siano funzionali alla poetica dell'opera,
che la mettano in rilievo e non la stravolgano. Ovviamente, ci sono cose
che funzionano meglio e altre che funzionano peggio. C'è comunque una
incredibile libertà di realizzazione, ma quando si inizia a prendere
un'opera come *pretesto* per mettere in scena quello che si vuole allora
non sono più d'accordo.


>> Ma assolutamente no. Però se metti in scena la Traviata (si può anche
>> non fare) non puoi prescindere dai canoni estetici ed esecutivi con i
>> quali è stata concepita.
>
> Ecco, qui c'è proprio il disaccordo. A Berna hanno rappresentato una
> Traviata alla stazione.


Come ambientazione registica o come luogo materiale della rappresentazione ?


> Hanno fatto una ricerca di come affrontare un
> capolavoro al di fuori dei canoni "stabiliti".


Ma questo non è motivo sufficiente nè per condannarla nè per
apprezzarla. Bisogna vedere il risultato.


> Certo, avrebbero potuto
> anche non rappresentarla, come tu dici. Invece 'hanno fatto e hanno
> fatto una ricerca. Ecco, io mi sento d'accordo con questa logica, del
> tutto non preoccupato che ci siano gli Stinchelli di turno (o i loro
> emuli) che pensano che il mondo si sia fermato alle loro concezioni.


La tua logica sarebbe quella del nuovo per il nuovo, dunque. Ripeto, per
me se esiste un testo è impossibile non tenerne conto. Bisogna avere
l'umiltà di distinguere quando si è interpreti e quando si è creatori.


> Quando Verdi ha composto la Traviata il mondo non aveva ancora
> conosciuto progressi immensi e tragedie inenarrabili.


Scusa Rudy, non commento nemmeno questa idea. Prova a riflettere bene su
quello che hai scritto, non puoi sostenerlo davvero.


> Le sue concezioni
> provengono dalle conoscenza presenti nel suo tempo. Oggi abbiamo
> conosciuto progressi straordinari e tragedie spaventose, che non possono
> non aver inciso sulla nostra sensibilità. Se la Traviata è un capolavoro
> che ha atrtraversato i secoli, probabilmente (si a per dire) offre cose,
> situazioni, domande e soluzioni che la nuova sensibilità può concepire e
> magari cercare in un lavoro che, proprio perché opera d'arte, ha
> attraversato i tempi.


I maggiori capolavori hanno attraversato intatti i secoli proprio perchè
parlavano un linguaggio universale e senza tempo. Vedi l'esempio
precedente della Divina Commedia, o (ancora meglio) i tragici greci.


> Ma, vedi, questa discussione può andare avanti all'infinito. Io la penso
> in un certo modo. Non sono interessato a convincere nessuno. Non credo
> che le mie idee interessino qualcuno, e non mi interessa se in molti la
> pensano in modo diverso.


Beh, se stiamo qui a discuterne bene o male interessano noi due. A me fa
molto piacere.

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11025 è una risposta a message #11023] lun, 24 gennaio 2011 12:48 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:


> O non l'ha ascoltata. O si è fidato di chi gli diceva "ma adesso è tutta
> un'altra cosa". O gli andava bene lo stesso, visto che Cura è comunque
> un nome di richiamo.
>

> Perchè si fanno le opere con Bocelli ? Perchè si facevano le opere con
> Pavarotti quando era ormai da molti anni l'ombra di sè stesso ? E parlo
> di voce, visto che per quanto riguarda la recitazione quasi nemmeno si
> muoveva più sul palco.

Stupidaggini se ne fanno, eccome! Solo che alcuni teatri, e in Italia La
Scala, si presume che facciano scelte non solo legate al richiamo. O
comunque non al solo richiamo.


> Se tu credi che prescindere dal testo possa essere un modo per rendere
> giustizia ad un'opera che supera il periodo in cui è stata prodotta
> davvero non posso essere d'accordo. Perchè nessuno pensa di riscrivere
> la Divina Commedia in italiano moderno ? Si scrivono, giustamente, delle
> opere nuove.

Eh no!!! La Divina Commedia non si riscrive, ma la si recita! E,
credimi, fra la recitazione del Boccaccio )la prima di ho conoscenza,
anche se, ovviamente, non l'ho mai sentita), quella di Gassmann, quella
di Benigni e quella di Carxmelo Bene esistono differenze sostanziali.
No, l'esempio della DC non regge.


> Un bidè in sè no. L'uso che ne fa Duchamp è geniale, è diverso :-)


Appunto. L'aria vesti la giubba su You tube cantata da Cura è una
porcheria. La recitazione di Cura nei Pagliacci è un'altra cosa (anche
se, certamente non è geniale)


> Per me, l'unica esigenza da rispettare è quella di mettere in rilievo i
> contenuti artistici e poetici dell'opera. Non ho assolutamente nulla in
> contrario verso ambientazioni lontane dall'originale, spostamenti
> temporali di secoli: basta che siano funzionali alla poetica dell'opera,
> che la mettano in rilievo e non la stravolgano. Ovviamente, ci sono cose
> che funzionano meglio e altre che funzionano peggio. C'è comunque una
> incredibile libertà di realizzazione, ma quando si inizia a prendere
> un'opera come *pretesto* per mettere in scena quello che si vuole allora
> non sono più d'accordo.

Guarda che io non sono per il nuovo come valore. Se mai sarebbe
opportuno parlare di ricerca, non di nuovo. Poi i risultati vanno
valutati per quello che sono. Possono essere geniali, magari capiti o
non capiti, possono essere pretesti per fare quello che si vuole (e
quello che si vuole può essere una cosa che stimola o una porcheria),
insomma, quello che ritengo sbagliato è il preconcetto. Tutto è
possibile a priori. Poi ci sono i risultati. Su questi si può esprimere
il giudizio, che però deve essere libero dal preconcetto.

>
> Come ambientazione registica o come luogo materiale della rappresentazione ?

Non 'hai vista? Io ho la registrazione e te la posso inviare. E'
visibile solo in TV. La stazione è il luogo della rappresentazione, ma
dietro c'è tutto un lavoro di collegamento acustico dell'orchestra e dei
cantanti che non sono in un unico luogo come a teatro. Per questo è
indispensabile la TV. Ma, attenzione, non è un'opera film.
Sono state fatte altre rappresentazioni di opera nella stessa logica:
una Boheme nel condominio, un Aida sul Reno, e in Italia, diverse sotto
certi aspetti ma simili come logica, La Tosca nei tempi e nei luoghi,
poi mi pare anche una Traviata a Parigi (che non ho visto) e un
Rigoletto a Mantova.

Non tutte hanno grande valore. La Boheme nel condominio non è
paragonabile alla Traviata alla stazione. L'Aida sul Reno non l'ho
vista. Di quelle italiane, ho trovato interessante (fino a un certo
punto) la Tosca nei tempi e nei luoghi.


> Ma questo non è motivo sufficiente nè per condannarla nè per
> apprezzarla. Bisogna vedere il risultato.

Appunto. Poi sul risultato i pareri possono essere diversissimi. I
melomani arrabbiati esprimono giudizi arrabbiati. Io ho trovato quella
realizzazione altrettanto commuovente di altre realizzazioni fatte a
teatro. Non voglio annoiarti con le considerazioni. Se hai voglia di
conoscere quello che ne penso, questo è il link

per la Traviata:

http://www.dicoseunpo.it/blog/?p=261

Per la Boheme

http://www.dicoseunpo.it/blog/?p=711


> La tua logica sarebbe quella del nuovo per il nuovo, dunque.

Assolutamente no. La mia logica è quella che bisogna saper ricercare
senza preclusioni e senza prevenzioni. Nel creare, certamente, e
nell'interpretare quello che altri hanno creato.


> Scusa Rudy, non commento nemmeno questa idea. Prova a riflettere bene su
> quello che hai scritto, non puoi sostenerlo davvero.
>

>
> I maggiori capolavori hanno attraversato intatti i secoli proprio perchè
> parlavano un linguaggio universale e senza tempo. Vedi l'esempio
> precedente della Divina Commedia, o (ancora meglio) i tragici greci.

Appunto. Hanno attraversato i secoli non per il LINGUAGGIO, che nei
secoli è cambiato, ma per il valore. Sono i valori quelli universali e
senza tempo, non il linguaggio.
Nella DC c'è grandissima poesia. Come c'è in Shakespeare. Il
linguaggio, cioè il modo in cui si comprende la loro grandezza non è lo
stesso di quando questi lavori sono stati composti. Quello che conta
sono i valori (estetici, morali, politici, religiosi e chi più ne ha più
ne metta).


>
> Beh, se stiamo qui a discuterne bene o male interessano noi due. A me fa
> molto piacere.

Anche a me fa molto piacere discutere di queste cose, anche perché
cercando di chiarire il proprio pensiero ci si accorge di incongruenze
che vengono fuori, cose che magari non si sono capite, idee nuove che
nascono. Insomma discutere, secondo me, non è un modo di convincere gli
altri, ma soprattutto un modo per cercare di capire meglio se stessi.
Non tutti però capiscono questo semplice assioma. E lo vedi da certi
interventi ai quali diventa superfluo rispondere.

Ciao

Rudy

---------------------
rodolfo.canaletti@tin.it
http://www.dicoseunpo.it





>
> Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11032 è una risposta a message #11025] lun, 24 gennaio 2011 16:39 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 24 Gen, 12:48, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:

> La Boheme nel condominio non è
> paragonabile alla Traviata alla stazione.

Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.

E.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11034 è una risposta a message #11032] lun, 24 gennaio 2011 17:21 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 24 Gen, 12:48, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:

> La Boheme nel condominio non è
> paragonabile alla Traviata alla stazione.

Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.

E.

=====================

Ho visto un pezzo di video della Aida sul Reno e non ho condiviso la scelta.
Poco male, uno come me preferisce le piramidi. L'ho detto a Rudy e non si è
scandalizzato.
La Boheme mi pare si svolga in un condominio, non forse il mio ma sempre
tale.
Francamente però non vedo comicità nella convinzione con cui Rudy difende e
argomenta, e nemmeno nel suo amico Bildungsphilister che ha idee diverse.
Trovo molto di convincente da entrambi e mi fa piacere che siano li a
discutere.

--
--------------------
turdusmerula
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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11035 è una risposta a message #11034] lun, 24 gennaio 2011 18:18 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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turdusmerula <merfraturdus@fastwebnet.it> wrote:


> Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.

Quindi la cosa che più adori sono le tue affermazioni. A me questa
comicità fa pena, come mi fa pena colui che le esprime. Ma non importa,
a questo mondo c'è posto anche per te.

Rudy

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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11040 è una risposta a message #11017] lun, 24 gennaio 2011 19:03 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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news:d63d57e1-f7d7-4211-8a80-a1f41d1cd1a2@k22g2000yqh.googlegroups.com...

CUT

>Pagliacci non hanno nessun bisogno di essere "attualizzati": hanno
>bisogno di essere cantati e suonati bene, e allestiti in tetro con
>misura, rigore e sobrietà.

quoto
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11041 è una risposta a message #10934] lun, 24 gennaio 2011 20:57 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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enrico ha scritto:

>

> Manno, vedi che non capisci? Qui Cura vuole farti sentire il Canio
> stanco e deluso dalla vita, affranto e disperato. Una persona in
> quello stato psicologico mica si mette davanti allo specchio e canta.
> Magari canticchia, urlacchia, ma non canta bene, non ti fa gli acuti
> lì belli perfetti e rotondi, figurati se poi si mette a fraseggiare.
> E' ora di finirla con questa concezione dell'opera da vekki melomani,
> per cui all'opera, e tantopiù alla scala, sia dovere dei cantanti
> cantare bene (o almeno sufficientemente bene). L'importante è la
> REGGIA, il tenore si deve muovere, deve tenere il palcoscenico,
> sbracciarsi in uno scenario che possibilmente travisi il libretto,
> (che anche questo è un inutile vekkiume, di solito ci scrivevano certe
> minchiate, nei libretti)...
> All'opera mica ce ne frega un cazzo del canto, l'importante è la
> DRAMMATURGIAAAAAAAAAA, la DRAMMATURGIDIAAAAAAAA (che poi
notoriamente
> è una roba che non c'è in tutte le opere dal 1600 al 1800 tondi, e
> quindi quando si fanno queste opere si spacca inutilmente la minchia
> all'abbonato di platea), perché noi capiscioni dopo dobbiamo
> commentare per 50 righe il regista (ke di solito è fiko se ha una
> bella idea tipo che la chiesa della Cavalleria è un bordello -cioè,
> sei in grado di capire che idea fikissima e inusitata, che lampo di
> genio inkompreso dai soliti melomani che vanno all'opera solo per
> sentir cantare?-) e per 3 i cantanti che quando proprio skarakkiano
> vanno compresi, perché così vedi come risalta il personaggio, la sua
> stanchezza e la profonda delusione per la sua vita dimmerda in cui
> l'hanno fatto cornuto??? Mica come quando cantava Bergonzi, che se ne
> stava lì impalato come un merluzzo a tornire ogni singola nota...
> quella era roba che piaceva ai melomani cretini di una volta, che
> erano talmente cretini da adeguarsi al fatto che Cavalleria fosse
> ambientata in un paesotto siciliano dell'Ottocento con la chiesa in
> mezzo e manco facevano venire giù il teatro dai fischi per la banalità
> di siffatta drammaturgiaaaaaaa...........

> E.

Snocciolato il gran discorso, più che il trito rigurgito di un "vekkio
melomane", sembra il
fischio del quaqquaraqquà dall'ultimo cesso del loggione.
Vale a dire il proclama di chi ha stabilito, con sè stesso e in assoluta
esattezza, di
conoscere le voci e come si canta e s'intende l'opera; senza per nulla
avere il sospetto che
magari, a qualcun altro, l'idea di un "acuto rotondo", qualsiasi cosa esso
sia, possa far
ridere. E senza sapere che, se si conoscesse davvero un po' la musica
(teoria, solfeggio
etc.), Bergonzi potrebbe apparire tutt'altro che un tornitore di note.

Detto questo, sarò all'antica ma tra l'andare a sentire una Cavalleria
Rusticana
impeccabilmente cantata, nonchè con "rigore e misura" allestita, e
l'assistere all'ultimo dei
filmacci di intrattenimento col lettore dvd, preferisco mille volte il dvd.

Non perchè non ami quell'opera, eh!
Solo che, indipendentemente dal fatto che le regie siano moderne o
"classiche", l'idea che
si vada a teatro con la mentalità, il "costume" e il gusto di una volta,
come se fossero
categorie immutabili, la vedo di una noia mortale.
Una deformazione estetica tipica di chi pretende di fare attività
intellettuale con la
collezione di tappi di sughero.

Cioè, ammettiamo di vedere un Turiddu coi fiocchi, una Lola che canta il
suo giaggiolo con
la grazia di un usignolo, un direttore che tiene cori ed orchestra in un
trionfo di equilibrio,
davvero questo basta a rendere interessante culturalmente l'evento?

Davvero dopo questo si esce dal teatro mentalmente più ricchi? Per me,
invece, si esce
idioti come prima, e l'opera va a farsi fottere.

Ricordo una Sposa Venduta, a Trieste, in cui tutti suonavano bene, tutti
cantavano bene;
l'"equilibrio" era in agguato ad ogni gesto della regia e ad ogni nota
dell'insieme.
Un'esperienza alienante, non una sola idea o sensazione che mi sia rimasta
impressa, un
vero martirio di inutilità.
E così tanta altra robaccia vista a teatro.




--

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11045 è una risposta a message #11025] lun, 24 gennaio 2011 22:22 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:

>> Se tu credi che prescindere dal testo possa essere un modo per rendere
>> giustizia ad un'opera che supera il periodo in cui è stata prodotta
>> davvero non posso essere d'accordo. Perchè nessuno pensa di riscrivere
>> la Divina Commedia in italiano moderno ? Si scrivono, giustamente, delle
>> opere nuove.
>
> Eh no!!! La Divina Commedia non si riscrive, ma la si recita!


Pari pari alla musica.


> E,
> credimi, fra la recitazione del Boccaccio )la prima di ho conoscenza,
> anche se, ovviamente, non l'ho mai sentita), quella di Gassmann, quella
> di Benigni e quella di Carxmelo Bene esistono differenze sostanziali.
> No, l'esempio della DC non regge.


Regge eccome: credo che nessuno, dal Boccaccio a Gassman a Benigni a
Bene leggesse la DC omettendo le doppie o farfugliando metà delle
parole. O magari simulando un accento spagnolo con accompagnamento di
musica mariachi. E' appunto la differenza fra la libertà di interpretare
lo stesso testo in modo molto diverso e quella di *stravolgerlo*, fino
alla parodia.


>> Come ambientazione registica o come luogo materiale della rappresentazione ?
>
> Non 'hai vista? Io ho la registrazione e te la posso inviare. E'
> visibile solo in TV. La stazione è il luogo della rappresentazione, ma
> dietro c'è tutto un lavoro di collegamento acustico dell'orchestra e dei
> cantanti che non sono in un unico luogo come a teatro. Per questo è
> indispensabile la TV. Ma, attenzione, non è un'opera film.
> Sono state fatte altre rappresentazioni di opera nella stessa logica:
> una Boheme nel condominio, un Aida sul Reno, e in Italia, diverse sotto
> certi aspetti ma simili come logica, La Tosca nei tempi e nei luoghi,
> poi mi pare anche una Traviata a Parigi (che non ho visto) e un
> Rigoletto a Mantova.
>
> Non tutte hanno grande valore. La Boheme nel condominio non è
> paragonabile alla Traviata alla stazione. L'Aida sul Reno non l'ho
> vista. Di quelle italiane, ho trovato interessante (fino a un certo
> punto) la Tosca nei tempi e nei luoghi.


Mah, l'operazione in sè non mi pare niente di particolarmente strano,
anzi: a me vanno benissimo le stazioni ferroviarie trasformate in
teatri. Sono i teatri trasformati in stazioni ferroviarie che mi vanno
un po' meno bene :-))


>> Ma questo non è motivo sufficiente nè per condannarla nè per
>> apprezzarla. Bisogna vedere il risultato.
>
> Appunto. Poi sul risultato i pareri possono essere diversissimi. I
> melomani arrabbiati esprimono giudizi arrabbiati. Io ho trovato quella
> realizzazione altrettanto commuovente di altre realizzazioni fatte a
> teatro. Non voglio annoiarti con le considerazioni. Se hai voglia di
> conoscere quello che ne penso, questo è il link
>
> per la Traviata:
>
> http://www.dicoseunpo.it/blog/?p=261
>
> Per la Boheme
>
> http://www.dicoseunpo.it/blog/?p=711


Grazie, dopo me li guardo.


>> La tua logica sarebbe quella del nuovo per il nuovo, dunque.
>
> Assolutamente no. La mia logica è quella che bisogna saper ricercare
> senza preclusioni e senza prevenzioni. Nel creare, certamente, e
> nell'interpretare quello che altri hanno creato.


Vedi sopra, di nuovo.


>> Scusa Rudy, non commento nemmeno questa idea. Prova a riflettere bene su
>> quello che hai scritto, non puoi sostenerlo davvero.
>>
>
>> I maggiori capolavori hanno attraversato intatti i secoli proprio perchè
>> parlavano un linguaggio universale e senza tempo. Vedi l'esempio
>> precedente della Divina Commedia, o (ancora meglio) i tragici greci.
>
> Appunto. Hanno attraversato i secoli non per il LINGUAGGIO, che nei
> secoli è cambiato, ma per il valore. Sono i valori quelli universali e
> senza tempo, non il linguaggio.
> Nella DC c'è grandissima poesia. Come c'è in Shakespeare. Il
> linguaggio, cioè il modo in cui si comprende la loro grandezza non è lo
> stesso di quando questi lavori sono stati composti. Quello che conta
> sono i valori (estetici, morali, politici, religiosi e chi più ne ha più
> ne metta).


Scusa ma no, assolutamente no, di nuovo. Nelle arti e in letteratura i
valori sono veicolati dal linguaggio, altrimenti faremmo filosofia o
potremmo leggere i grandi romanzi ridotti alla sinossi di poche
paginette. O c'è qualcosa che non capisco in quello che dici.


>> Beh, se stiamo qui a discuterne bene o male interessano noi due. A me fa
>> molto piacere.
>
> Anche a me fa molto piacere discutere di queste cose, anche perché
> cercando di chiarire il proprio pensiero ci si accorge di incongruenze
> che vengono fuori, cose che magari non si sono capite, idee nuove che
> nascono.


Come diceva benissimo quello, si scrive per capire quello che si pensa.
Più o meno.


> Insomma discutere, secondo me, non è un modo di convincere gli
> altri, ma soprattutto un modo per cercare di capire meglio se stessi.


Assolutamente d'accordo.


> Non tutti però capiscono questo semplice assioma. E lo vedi da certi
> interventi ai quali diventa superfluo rispondere.


Vabbè, i ng sono posti eminentemente goliardici, lo sai meglio di me. Se
posso, certi rilievi andrebbero affrontati con spirito sportivo :-)

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11049 è una risposta a message #11045] mar, 25 gennaio 2011 01:17 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:

> Pari pari alla musica.

Così come la musica non si riscrive, ma la si suona. Cioè la si
interpreta.


> Regge eccome: credo che nessuno, dal Boccaccio a Gassman a Benigni a
> Bene leggesse la DC omettendo le doppie o farfugliando metà delle
> parole.

Anche qui, come la musica. Viene suonata in modo diverso a seconda di
chi la suona. La differenza fra Gassmann, Benigni e soprattutto Bene è
abissale (senza bisogno di stravolgere nulla). Così, cito una
composizione che ho amato moltissimo, la V sinfonia di Beethoven:
diretta da Toscanini e diretta da Furtwangler sono abissalmente lontane,
senza che l'uno o l'altro abbiano stravolto nulla. (Parlo di
antichissimi dischi a 78 giri sui quali da ragazzo le avevo sentite non
so quante volte!)

Ma non è questo il mio problema, anche se sono tendenzialmente portato
ad apprezzare chi scava nelle partiture alla ricerca di qualche cosa di
reale dire. Se no perché si parla di interpretazione? I
l mio problema è l'opera. E nell'opera c'è teatro, e il teatro non è
qualche cosa di statico, ma interviene sul nostro modo di pensare, e non
solo sul nostro modo di ascoltare.



> Mah, l'operazione in sè non mi pare niente di particolarmente strano,
> anzi: a me vanno benissimo le stazioni ferroviarie trasformate in
> teatri. Sono i teatri trasformati in stazioni ferroviarie che mi vanno
> un po' meno bene :-))

>
> Grazie, dopo me li guardo.

Forse a parole non ti pare nulla di strano. Ma le rappresentazioni vanno
viste. In questo caso è possibile vederle solo in TV. Quando vuoi te le
faccio avere.


> Scusa ma no, assolutamente no, di nuovo. Nelle arti e in letteratura i
> valori sono veicolati dal linguaggio, altrimenti faremmo filosofia o
> potremmo leggere i grandi romanzi ridotti alla sinossi di poche
> paginette. O c'è qualcosa che non capisco in quello che dici.

Credo anch'io. Sono d'accordo che il veicolo di trasmissione sia il
linguaggio. Ma è anche evidente che il linguaggio non è una cariatide.
Il tuo linguaggio, di oggi, ha subito molti importanti cambiamenti
rispetto al linguaggio utilizzato dal secolo scorso, o ancora più
indietro. Il verso di Dante è percepito da te in modo diverso da come lo
percepiva, che so, Lorenzo il Magnifico o il Manzoni. Perché diversa era
la loro sensibilità, rispetto alla tua; perché diverse erano le loro
conoscenze, diversi i fatti di cui erano stati testimoni o ai quali
avevano partecipato.
Questo può essere vero, e magari discutibile per le singole forme di
arte (musica, pittura, poesia, etc.). Ma è certamente vero nel teatro,
che ha in sé caratteristiche particolari rispetto alle altre forme di
arte. Qui l'interpretazione è decisiva, perché il messaggio contenuto
deve necessariamente essere trasmesso a chi lo guarda, e questo può
avvenire se le sensibilità di chi recita e di chi ascolta sono
compatibili. E la sensibilità da dove proviene se non dalle esperienze
che si sono fatte, dalle conoscenze che si hanno etc? Ecco perché io
credo che, soprattutto nell'opera (ma credo anche in altri campi)
sarebbe un errore fermarsi alla filologia come espressione definitiva.
La filologia è importantissima perchè aiuta a capire, ma non per
chiudere il processo del pensiero. Anzi, è tanto più importante in
quanto lo stimola.

Ciao

Rudy

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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11053 è una risposta a message #11034] mar, 25 gennaio 2011 09:06 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 24 Gen, 17:21, "turdusmerula" <merfratur...@fastwebnet.it> wrote:
> "enrico" <siegm...@iol.it> ha scritto nel messaggionews:7f24f11d-6031-427f-895d-9ccaba9f8c32@a28g2000prb.googlegroups.com...
> On 24 Gen, 12:48, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:
>
> > La Boheme nel condominio non è
> > paragonabile alla Traviata alla stazione.
>
> Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.
>
> E.
>
> =====================
>
> Ho visto un pezzo di video della Aida sul Reno e non ho condiviso la scelta.
> Poco male, uno come me preferisce le piramidi. L'ho detto a Rudy e non si è
> scandalizzato.
> La Boheme mi pare si svolga in un condominio, non forse il mio ma sempre
> tale.

Io ho estrapolato la frase e mi sono subito immaginato la scenetta.
Tutto qui. Mi fa ridere la sequenza di parole, che è uno strappo di
comicità involontaria formidabile. E' una roba da personaggio di
Achille Campanile.
Mi si aprono abissi di Mimì all'assemblea condominiale, trolley di
Violette... Campanile ci farebbe un romanzo.

E.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11054 è una risposta a message #11035] mar, 25 gennaio 2011 09:14 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 24 Gen, 18:18, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:
> turdusmerula <merfratur...@fastwebnet.it> wrote:
> > Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.
>
> Quindi la cosa che più adori sono le tue affermazioni. A me questa
> comicità fa pena, come mi fa pena colui che le esprime. Ma non importa,
> a questo mondo c'è posto anche per te.

Grazie.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11055 è una risposta a message #11053] mar, 25 gennaio 2011 09:33 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 25 Gen, 09:06, Enrico <henrydri...@gmail.com> wrote:
> On 24 Gen, 17:21, "turdusmerula" <merfratur...@fastwebnet.it> wrote:
>
>
>
> > "enrico" <siegm...@iol.it> ha scritto nel messaggionews:7f24f11d-6031-427f-895d-9ccaba9f8c32@a28g2000prb.googlegroups.com...
> > On 24 Gen, 12:48, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:
>
> > > La Boheme nel condominio non è
> > > paragonabile alla Traviata alla stazione.
>
> > Adoro la comicità involontaria di chi si prende troppo sul serio.
>
> > E.
>
> > =====================
>
> > Ho visto un pezzo di video della Aida sul Reno e non ho condiviso la scelta.
> > Poco male, uno come me preferisce le piramidi. L'ho detto a Rudy e non si è
> > scandalizzato.
> > La Boheme mi pare si svolga in un condominio, non forse il mio ma sempre
> > tale.
>
> Io ho estrapolato la frase e mi sono subito immaginato la scenetta.
> Tutto qui. Mi fa ridere la sequenza di parole, che è uno strappo di
> comicità involontaria formidabile. E' una roba da personaggio di
> Achille Campanile.
> Mi si aprono abissi di Mimì all'assemblea condominiale, trolley di
> Violette... Campanile ci farebbe un romanzo.
>
> E.

E comunque l'opera del momento è senza dubbio La Favorita in piscina.
E.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11073 è una risposta a message #11045] mar, 25 gennaio 2011 22:08 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
news:t4m%o.31388$7b4.28939@tornado.fastwebnet.it...

>> Insomma discutere, secondo me, non è un modo di convincere gli
>> altri, ma soprattutto un modo per cercare di capire meglio se stessi.
>
>
> Assolutamente d'accordo.
>
>
>> Non tutti però capiscono questo semplice assioma. E lo vedi da certi
>> interventi ai quali diventa superfluo rispondere.
>
>
> Vabbè, i ng sono posti eminentemente goliardici, lo sai meglio di me. Se
> posso, certi rilievi andrebbero affrontati con spirito sportivo :-)

cosa dovrebbe fare uno che legge un cumulo di cazzate? Rispondere a questa
semplice domanda, pliz
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11077 è una risposta a message #11049] mar, 25 gennaio 2011 23:05 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:
>
>> Pari pari alla musica.
>
> Così come la musica non si riscrive, ma la si suona. Cioè la si
> interpreta.


Esatto. Senza cambiarne il testo (è tutto lì).


>> Regge eccome: credo che nessuno, dal Boccaccio a Gassman a Benigni a
>> Bene leggesse la DC omettendo le doppie o farfugliando metà delle
>> parole.
>
> Anche qui, come la musica. Viene suonata in modo diverso a seconda di
> chi la suona. La differenza fra Gassmann, Benigni e soprattutto Bene è
> abissale (senza bisogno di stravolgere nulla). Così, cito una
> composizione che ho amato moltissimo, la V sinfonia di Beethoven:
> diretta da Toscanini e diretta da Furtwangler sono abissalmente lontane,
> senza che l'uno o l'altro abbiano stravolto nulla. (Parlo di
> antichissimi dischi a 78 giri sui quali da ragazzo le avevo sentite non
> so quante volte!)


Perfetto, ma Gassman, Benigni e Bene non si mangiano le doppie. Non
recitano in italiano con accento di Bitonto, o in falsetto. Si può fare
molto ma non si può fare tutto, altrimenti esce un'altra cosa.


> Ma non è questo il mio problema, anche se sono tendenzialmente portato
> ad apprezzare chi scava nelle partiture alla ricerca di qualche cosa di
> reale dire. Se no perché si parla di interpretazione?


Basta non tradire il testo. Non so se ti sembra una differenza da poco,
in realtà fa tutta la differenza del mondo. E distingue le persone serie
dai pagliacci (in musica).


> Il mio problema è l'opera. E nell'opera c'è teatro, e il teatro non è
> qualche cosa di statico, ma interviene sul nostro modo di pensare, e non
> solo sul nostro modo di ascoltare.


Questa idea potrebbe avere implicazioni quasi infinite. Esempio: in
omaggio a questo principio, ti andrebbe bene "L'arlecchino servitore di
due padroni" in cui si andasse "oltre" la regia di Strehler immaginando
la vicenda nella Norvegia del Medioevo, fra i vichinghi ?



>> Scusa ma no, assolutamente no, di nuovo. Nelle arti e in letteratura i
>> valori sono veicolati dal linguaggio, altrimenti faremmo filosofia o
>> potremmo leggere i grandi romanzi ridotti alla sinossi di poche
>> paginette. O c'è qualcosa che non capisco in quello che dici.
>
> Credo anch'io. Sono d'accordo che il veicolo di trasmissione sia il
> linguaggio. Ma è anche evidente che il linguaggio non è una cariatide.
> Il tuo linguaggio, di oggi, ha subito molti importanti cambiamenti
> rispetto al linguaggio utilizzato dal secolo scorso, o ancora più
> indietro. Il verso di Dante è percepito da te in modo diverso da come lo
> percepiva, che so, Lorenzo il Magnifico o il Manzoni. Perché diversa era
> la loro sensibilità, rispetto alla tua; perché diverse erano le loro
> conoscenze, diversi i fatti di cui erano stati testimoni o ai quali
> avevano partecipato.
> Questo può essere vero, e magari discutibile per le singole forme di
> arte (musica, pittura, poesia, etc.). Ma è certamente vero nel teatro,
> che ha in sé caratteristiche particolari rispetto alle altre forme di
> arte. Qui l'interpretazione è decisiva, perché il messaggio contenuto
> deve necessariamente essere trasmesso a chi lo guarda, e questo può
> avvenire se le sensibilità di chi recita e di chi ascolta sono
> compatibili. E la sensibilità da dove proviene se non dalle esperienze
> che si sono fatte, dalle conoscenze che si hanno etc? Ecco perché io
> credo che, soprattutto nell'opera (ma credo anche in altri campi)
> sarebbe un errore fermarsi alla filologia come espressione definitiva.
> La filologia è importantissima perchè aiuta a capire, ma non per
> chiudere il processo del pensiero. Anzi, è tanto più importante in
> quanto lo stimola.


Questo francamente è un discorso che non capisco bene. Mi pare chiaro
che tu parli avendo in mente solo il teatro di regia, ma perchè dovrebbe
per forza esserci bisogno di una "traduzione" del contenuto poetico di
un'azione drammatica nel linguaggio e nella sensibilità odierna, quando
questo non è vero per apprezzare la Divina Commedia scritta come l'ha
scritta Dante (e senza nessuno che ce la legge, ne converrai) o la Nona
di Beethoven senza doverci per forza inserire le chitarre elettriche,
anche se evidentemente la nostra percezione di queste opere d'arte è
doversa rispetto a quella di chi ne fruiva al trempo della loro
composizione ? E in effetti non è vero per nessuna musica o nessun testo
letterario del passato, che infatti nessuno si sogna di "tradurre" in
linguaggio moderno ? Non è che la verità è un'altra ?

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11078 è una risposta a message #11073] mar, 25 gennaio 2011 23:06 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Zaz! ha scritto:
> "Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
> news:t4m%o.31388$7b4.28939@tornado.fastwebnet.it...
>
>>> Insomma discutere, secondo me, non è un modo di convincere gli
>>> altri, ma soprattutto un modo per cercare di capire meglio se stessi.
>>
>> Assolutamente d'accordo.
>>
>>
>>> Non tutti però capiscono questo semplice assioma. E lo vedi da certi
>>> interventi ai quali diventa superfluo rispondere.
>>
>> Vabbè, i ng sono posti eminentemente goliardici, lo sai meglio di me. Se
>> posso, certi rilievi andrebbero affrontati con spirito sportivo :-)
>
> cosa dovrebbe fare uno che legge un cumulo di cazzate? Rispondere a questa
> semplice domanda, pliz


Non era un rilievo fatto a te :-P
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11079 è una risposta a message #11077] mer, 26 gennaio 2011 00:18 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:


> Esatto. Senza cambiarne il testo (è tutto lì).

Più che una verità, mi sembra un'ossessione. Io non ho mai detto che
"bisogna" cambiare il testo. Ma sono favorevole alla ricerca. Che, fra
parentesi, è una delle prerogative che distinguono l'uomo dagli animali.


> Perfetto, ma Gassman, Benigni e Bene non si mangiano le doppie. Non
> recitano in italiano con accento di Bitonto, o in falsetto. Si può fare
> molto ma non si può fare tutto, altrimenti esce un'altra cosa.

L'hai già detto e ti ho anche risposto. Se la risposta non ti va bene,
non so che farci.


> Basta non tradire il testo. Non so se ti sembra una differenza da poco,
> in realtà fa tutta la differenza del mondo. E distingue le persone serie
> dai pagliacci (in musica).

Vedi sopra.

>
> Questa idea potrebbe avere implicazioni quasi infinite.

Infatti.


> Esempio: in
> omaggio a questo principio, ti andrebbe bene "L'arlecchino servitore di
> due padroni" in cui si andasse "oltre" la regia di Strehler immaginando
> la vicenda nella Norvegia del Medioevo, fra i vichinghi ?


Questa non è un'implicazione, ma solo una provocazione. Mi fai venire in
mente una critica di Colombo al Ring diretto da Sinopoli (quello
dell'anno in cui è morto) che aveva impostato la critica sul fatto che,
nel Siegfried, nella casa di Mime ci fsse un pollaio, oppure che Wotan
suonasse il campanello con la lanca, o cose simili. Il regista era
Flimm. Ecco una regia stroncata aggrappandosi a qualche particolare
giudicato grottesco, senza aver la minima idea di quale fosse l'idea
sottostante a quella regia. Flimm è ancora considerato uno dei registi
più intelligenti e più ricchi di idee dell'epoca moderna. Ma, ovviamente
tu sei liberissimo di non apprezzarlo. E' un peccato, perché questo sta
a significare un po' che per te il mondo sia fermo, lì, e ogni
cambiamento sia peggiorativo.
Potrei citarti infinite altre regie che hanno sollevato scandalo a causa
di scene che venivano giudicate grottesche. Cito, ad esempio la
lavatrice o il frigorifero ben presenti, assieme alla coca cola nella
casa di Butterfly, nella regia di Russel, oggi considerata un modello,
ma allora portata ad esempio di scempio; ma tante altre; mi viene in
mante la Tetralogia di Chereau, anche quella scandalistica alla sua
comparsa, e oggi giudicata rappresentazione "di riferimento" (anche se
non capisco il senso del termine) etc.

Poi si potrebbe parlare anche della struttura del teatro, delle sue
componenti, ma il discorso diventa complesso e francamente in questo
momento non ho voglia di farlo, e poi eluderebbe il tuo problema
principale, che è "il rispetto del testo" come valore assoluto.


> Questo francamente è un discorso che non capisco bene.

E va bene. Non è detto che si debba capire tutto. Del tuo ragionamento
io ho capito che "il rispetto di ciò che è scritto" è un valore
assoluto, dimenticando fra l'altro quanto, nella storia della musica, si
è intervenuti su partiture considerate incomplete, sbagliate, corrette,
ricorrette, etc. Nel periodo romantico questo è stato un esercizio
comunissimo, e i filologi attuali fanno di tutto per ricostruire,
ricercare, reinterpretare ciò che ritengono o affermano essere il testo
autentico, magari ricorrendo a strumenti cosiddetti originali che
originali sono fino a un certo punto. Tutto questo è un mondo che fa
capo al cosiddetto rispetto del testo...
Personalmente non mi sento coinvolto. Forse erano più interessanti i
romantici che cercavano di affrontare la musica, anche quella antica,
sulla base della loro sensibilità.

Ma non è questo quello che a me interessa. Quello che a me interessa è
che le sensibilità, sulla base della conoscenze e delle esperienze
cambia in continuazione, e che questo è alla base dello spirito di
ricerca che accomuna gli uomini agli uomini. E questo è sempre vero,
anche in campo artistico, e soprattutto nel teatro, che è una forma di
comunicazione diretta.
Per te questo non funziona? Beh, tranquillo. Non ci sono problemi.
Funziona, per fortuna, per altri che propongono le loro idee, e che
costringono coloro che sono armati di curiosità a riflettere.

Ciao

Rudy

---------------------
rodolfo.canaletti@tin.it
http://www.dicoseunpo.it
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11082 è una risposta a message #11078] mer, 26 gennaio 2011 12:00 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
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>> cosa dovrebbe fare uno che legge un cumulo di cazzate? Rispondere a
>> questa semplice domanda, pliz
>
>
> Non era un rilievo fatto a te :-P

lo so, ma io comunque ponevo in generale questa domanda semplice....:-)
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11083 è una risposta a message #11079] mer, 26 gennaio 2011 12:37 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 26 Gen, 00:18, rodolfo.canale...@tin.it (Rudy) wrote:

> Questa non è un'implicazione, ma solo una provocazione. Mi fai venire in
> mente una critica di Colombo al Ring diretto da Sinopoli (quello
> dell'anno in cui è morto) che aveva impostato la critica sul fatto che,
> nel Siegfried, nella casa di Mime ci fsse un pollaio, oppure che Wotan
> suonasse il campanello con la lanca, o cose simili. Il regista era
> Flimm. Ecco una regia stroncata aggrappandosi a qualche particolare
> giudicato grottesco, senza aver la minima idea di quale fosse l'idea
> sottostante a quella regia. Flimm è ancora considerato uno dei registi
> più intelligenti e più ricchi di idee dell'epoca moderna. Ma, ovviamente
> tu sei liberissimo di non apprezzarlo. E' un peccato, perché questo sta
> a significare un po' che per te il mondo sia fermo, lì, e ogni
> cambiamento sia peggiorativo.

Della critica di Colombo hai capito poco o nulla.
Colombo usa qualche esempio per dimostrare che quel tipo di regia si
basa su stereotipi frusti, che quel modo di allestire è diventato un
topos stanco e logoro, che non fa nemmeno più scandalo. Altro che
ricerca. Colombo ha perfettamente capito quel è l'idea sottostante, e
dimostra, in punta di penna, che è un'idea del cazzo.

E.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11087 è una risposta a message #11079] mer, 26 gennaio 2011 19:04 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:
>
>
>> Esatto. Senza cambiarne il testo (è tutto lì).
>
> Più che una verità, mi sembra un'ossessione.


E' il tentativo di mettere dei paletti, ma non ci riusciamo...


> Io non ho mai detto che
> "bisogna" cambiare il testo. Ma sono favorevole alla ricerca.


Ok, questa è una risposta precisa.


> Che, fra
> parentesi, è una delle prerogative che distinguono l'uomo dagli animali.


IMHO, quello che distingue gli uomini dagli animali è anche la ricerca
nella direzione in cui c'è qualcosa da cercare. Nella ricerca
scientifica sono buone tutte le direzioni ?


>> Perfetto, ma Gassman, Benigni e Bene non si mangiano le doppie. Non
>> recitano in italiano con accento di Bitonto, o in falsetto. Si può fare
>> molto ma non si può fare tutto, altrimenti esce un'altra cosa.
>
> L'hai già detto e ti ho anche risposto. Se la risposta non ti va bene,
> non so che farci.


IMHO hai risposto adesso.


>> Esempio: in
>> omaggio a questo principio, ti andrebbe bene "L'arlecchino servitore di
>> due padroni" in cui si andasse "oltre" la regia di Strehler immaginando
>> la vicenda nella Norvegia del Medioevo, fra i vichinghi ?
>
>
> Questa non è un'implicazione, ma solo una provocazione.


E chi lo dice ? E' un'idea perfettamente implicita in quello che hai
scritto, ed è in effetti un tentativo di proporti dei "paletti" in
questa terra di nessuno in cui se parliamo di regia teatrale chiunque ha
il diritto di fare quello che gli pare, basta che "faccia pensare".


> Mi fai venire in
> mente una critica di Colombo al Ring diretto da Sinopoli (quello
> dell'anno in cui è morto) che aveva impostato la critica sul fatto che,
> nel Siegfried, nella casa di Mime ci fsse un pollaio, oppure che Wotan
> suonasse il campanello con la lanca, o cose simili. Il regista era
> Flimm. Ecco una regia stroncata aggrappandosi a qualche particolare
> giudicato grottesco, senza aver la minima idea di quale fosse l'idea
> sottostante a quella regia.


E non sei tu che hai giudicato l'Arlecchino fra i vichinghi "una
provocazione" senza avere la minima idea di quello che potrebbe esserci
sotto ?


> Flimm è ancora considerato uno dei registi
> più intelligenti e più ricchi di idee dell'epoca moderna. Ma, ovviamente
> tu sei liberissimo di non apprezzarlo. E' un peccato, perché questo sta
> a significare un po' che per te il mondo sia fermo, lì, e ogni
> cambiamento sia peggiorativo.


Sono delle conclusioni arbitrarie che trai tu in base a non so cosa. Ho
già scritto, e non mi stanco di ripeterlo, che non ho nulla in contrario
alle regie particolarmente creative, basta che non vadano contro la
drammaturgia dell'opera, o che se ne freghino della medesima. Perchè
esiste una drammaturgia nel testo musicale, se vogliamo usare quel testo
musicale. Nessuno ci obbliga.


> Potrei citarti infinite altre regie che hanno sollevato scandalo a causa
> di scene che venivano giudicate grottesche. Cito, ad esempio la
> lavatrice o il frigorifero ben presenti, assieme alla coca cola nella
> casa di Butterfly, nella regia di Russel, oggi considerata un modello,
> ma allora portata ad esempio di scempio; ma tante altre; mi viene in
> mante la Tetralogia di Chereau, anche quella scandalistica alla sua
> comparsa, e oggi giudicata rappresentazione "di riferimento" (anche se
> non capisco il senso del termine) etc.


Ho già scritto due o tre post fa che non mi fa nessun problema accettare
regie che spostano la vicenda nel tempo e nello spazio, non capisco
perchè mi scrivi queste cose. Lavatrici, frigoriferi e Coca cola non mi
danno nessun fastidio, se sono funzionali al progetto registico e se
questo progetto registico rispetta la drammaturgia dell'opera.


> Poi si potrebbe parlare anche della struttura del teatro, delle sue
> componenti, ma il discorso diventa complesso e francamente in questo
> momento non ho voglia di farlo, e poi eluderebbe il tuo problema
> principale, che è "il rispetto del testo" come valore assoluto.
>
>
>> Questo francamente è un discorso che non capisco bene.
>
> E va bene. Non è detto che si debba capire tutto. Del tuo ragionamento
> io ho capito che "il rispetto di ciò che è scritto" è un valore
> assoluto, dimenticando fra l'altro quanto, nella storia della musica, si
> è intervenuti su partiture considerate incomplete, sbagliate, corrette,
> ricorrette, etc. Nel periodo romantico questo è stato un esercizio
> comunissimo, e i filologi attuali fanno di tutto per ricostruire,
> ricercare, reinterpretare ciò che ritengono o affermano essere il testo
> autentico, magari ricorrendo a strumenti cosiddetti originali che
> originali sono fino a un certo punto. Tutto questo è un mondo che fa
> capo al cosiddetto rispetto del testo...


Appunto. La sensibilità moderna considera il rispetto del testo la base
per parlare di interpretazione. Fra l'altro, se credi che esista un
direttore qualsiasi con un minimo di credibilità che cambi qualcosa in
partitura perchè non gli piace ti avviso che sei notevolmente fuori
strada. E se io mi sogno di fare qualcosa che non sia esattamente com'è
scritto in partitura sono giustamente e severamente ripreso.


> Personalmente non mi sento coinvolto. Forse erano più interessanti i
> romantici che cercavano di affrontare la musica, anche quella antica,
> sulla base della loro sensibilità.


E' la differenza fra avvicinare i capolavori alla nostra sensibilità o
avvicinare la nostra sensibilità a quella dei capolavori. Che il secondo
sia l'unico modo per sviluppare ed arricchire la propria sensibilità mi
pare addirittura lapalissiano.


> Ma non è questo quello che a me interessa. Quello che a me interessa è
> che le sensibilità, sulla base della conoscenze e delle esperienze
> cambia in continuazione,


E secondo te cambia di più avvicinando i capolavori alla nostra
sensibilità o cercando di capire la sensibilità che sta alla base di essi ?


> e che questo è alla base dello spirito di
> ricerca che accomuna gli uomini agli uomini. E questo è sempre vero,
> anche in campo artistico, e soprattutto nel teatro, che è una forma di
> comunicazione diretta.
> Per te questo non funziona? Beh, tranquillo. Non ci sono problemi.
> Funziona, per fortuna, per altri che propongono le loro idee, e che
> costringono coloro che sono armati di curiosità a riflettere.


Non sei molto generoso a ritenermi una persona priva di curiosità. Chi è
più curioso: chi si avvicina al diverso in quanto diverso o chi vuole
omologare il diverso a sè ?

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11088 è una risposta a message #11087] mer, 26 gennaio 2011 19:30 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 26 Gen, 19:04, Der Bildungsphilister <bass_desires2...@yahoo.it>
wrote:

> E' la differenza fra avvicinare i capolavori alla nostra sensibilità o
> avvicinare la nostra sensibilità a quella dei capolavori. Che il secondo
> sia l'unico modo per sviluppare ed arricchire la propria sensibilità mi
> pare addirittura lapalissiano.

Grazie. Lo quoto in toto, anzi, se il copyright non è troppo caro lo
metto in firma.

Enrico
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11090 è una risposta a message #11088] mer, 26 gennaio 2011 19:47 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Enrico ha scritto:
> On 26 Gen, 19:04, Der Bildungsphilister <bass_desires2...@yahoo.it>
> wrote:
>
>> E' la differenza fra avvicinare i capolavori alla nostra sensibilità o
>> avvicinare la nostra sensibilità a quella dei capolavori. Che il secondo
>> sia l'unico modo per sviluppare ed arricchire la propria sensibilità mi
>> pare addirittura lapalissiano.
>
> Grazie. Lo quoto in toto, anzi, se il copyright non è troppo caro lo
> metto in firma.


Esagerato...mi pare un'idea perfino banale, ripeto.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11091 è una risposta a message #11087] mer, 26 gennaio 2011 19:10 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Der Bildungsphilister" <bass_desires2003@yahoo.it> ha scritto nel messaggio
news:3nZ%o.32696$7b4.30584@tornado.fastwebnet.it...

> Non sei molto generoso a ritenermi una persona priva di curiosità.

chiunque non la pensi come lui è un fesso. Questo è ormai un teorema
appurato.
Purtroppo
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11094 è una risposta a message #11087] mer, 26 gennaio 2011 23:57 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:


> > Io non ho mai detto che
> > "bisogna" cambiare il testo. Ma sono favorevole alla ricerca.
>
>
> Ok, questa è una risposta precisa.

Se vai a rileggere quello che ho scritto, vedrai che proprio questo ho
ripetutamente affermato. Forse ti è sfuggito.


> IMHO, quello che distingue gli uomini dagli animali è anche la ricerca
> nella direzione in cui c'è qualcosa da cercare. Nella ricerca
> scientifica sono buone tutte le direzioni ?

In teoria sono buone solo quello che non fanno buttar via soldi, cioè
che hanno un fondamento mutuato dai risultati di ricerche precedenti.
Anche perché nella ricerca i soldi non ce li metti tu, ma te li danno, e
quelli che te li danno vorrebbero avere qualche probabilità di ritorno.
In pratica abbiamo osservato, invece, che le ricerche che hanno
provocato i maggiori progressi sono quelle avvenute o per caso e per
ricerche alle quali nessuno credeva.



> E chi lo dice ? E' un'idea perfettamente implicita in quello che hai
> scritto, ed è in effetti un tentativo di proporti dei "paletti" in
> questa terra di nessuno in cui se parliamo di regia teatrale chiunque ha
> il diritto di fare quello che gli pare, basta che "faccia pensare".

Anche qui è come per la ricerca scientifica. Una regia è tale se arriva
al teatro. E arriva al teatro se il bilancio economico di quel teatro
con quella regia è attivo (o comunque non eccessivamente passivo). Ma
questo non toglie che grandissime regie abbiano faticato molto a
pervenire al teatro (e forse molte non ci sono neppure pervenute).
Chiunque ha il diritto di proporre quello che ritiene (usare il verbo
"fare quello che gli pare" implica già un modo di pensare preconcetto)
sufficiente stimolante alla riflessione. Poi c'è sempre il problema di
chi giudica e in base a quali parametri giudica. Spesso sono paramaetri
economici. In alcuni casi, con direttori coraggiosi, si possono ottenere
proposte interessanti.


> E non sei tu che hai giudicato l'Arlecchino fra i vichinghi "una
> provocazione" senza avere la minima idea di quello che potrebbe esserci
> sotto ?


Scusa, ma non hai capito quello che volevo dire (probabilmente per colpa
mia). Un Arlecchino fra i Vichinghi non è una regia, è un'affermazione
fatta (almeno così ho capito) per mettere in risalto il grottesco di una
situazione strampalata, e far così passare per strampalata la regia che
lo dovesse adottare. Per questo l'ho giudicata una provocazione. Poi un
regista può immaginare uno spettacolo straordinario immaginando un
arlecchino fra i vichingi, fra i pellirosse, trasformato in formica, che
ne so... Quello che conta è il risultato. Cioè la regia come si dipana,
come si realizza e come stimola la riflessione.

>
> > Flimm è ancora considerato uno dei registi
> > più intelligenti e più ricchi di idee dell'epoca moderna. Ma, ovviamente
> > tu sei liberissimo di non apprezzarlo. E' un peccato, perché questo sta
> > a significare un po' che per te il mondo sia fermo, lì, e ogni
> > cambiamento sia peggiorativo.
>
>
> Sono delle conclusioni arbitrarie che trai tu in base a non so cosa. Ho
> già scritto, e non mi stanco di ripeterlo, che non ho nulla in contrario
> alle regie particolarmente creative, basta che non vadano contro la
> drammaturgia dell'opera, o che se ne freghino della medesima. Perchè
> esiste una drammaturgia nel testo musicale, se vogliamo usare quel testo
> musicale. Nessuno ci obbliga.

Beh. Due cose. la prima ti chiedo scusa. La frase "sei liberissimo di
non apprezzarlo" è sbagliata. Doveve essere scritta più correttamente
"chiunque è liberissimo di non apprezzarlo". Così ti chiedo scusa.
La seconda. Chi decide se va contro o a favore della drammaturgia
dell'opera?
In generale penso che un regista che ha già ottenuto dei riconoscimenti
abbia intelligenza, cultura, fantasia per entrare nella drammaturgia
dell'opera senza distorcerla, anche se non a tutti questo può apparire
evidente.
Le affermazioni sotto, sul frigorifero della Butterfly, o le Walkirie
becchine, non si riferivano a te, ma sempre a quel benedetto chiunque,
che in quel periodo era molto diffuso (e mi sembra che lo sia ancora).
Ciò che comunque quelle affermazioni volevano significare che è facile
aggrapparsi a situazioni apparentemente grottesche, isolarle dal
contesto, e sparare a zero contro la regia. Sono manifestazioni di
infimo livello culturale, che ancora oggi si riscontrano frequentemente.
Vedi l'aricolo di Colombo (che, per fortuna, non ha più scritto critiche
musicali sul Corriere).
Con questo anche a me, regie pur di registi di grande nome possono non
piacermi: prima di tutto e soprattutto perché non le ho capite. Non mi
permetterei mai di sparare a zero (come molti fanno, basta leggere
quelche post di questo NG per convincersene) contro un Pountney, o un
Carsen o un Flimm o un Freyer, o un Ronconi o un Vick, o uno Chereau, o
un Kupfer, anche se non sempre riesco a capre le loro scelte e le loro
conclusioni. Ho rispetto per quello che hanno fatto, e penso che la mia
cultura non sia certo in grado di giudicarli in modo negativo. Al
massimo posso giudicare me stesso incapace di comprendere.



>
> Appunto. La sensibilità moderna considera il rispetto del testo la base
> per parlare di interpretazione. Fra l'altro, se credi che esista un
> direttore qualsiasi con un minimo di credibilità che cambi qualcosa in
> partitura perchè non gli piace ti avviso che sei notevolmente fuori
> strada. E se io mi sogno di fare qualcosa che non sia esattamente com'è
> scritto in partitura sono giustamente e severamente ripreso.

Mi fermo un attimo sulla sensibilità, che è l'argomento che più
interesse. La fedeltà al testo, scusa la ripetizione, mi pare più
un'ossessione che una scelta. Credo di averti dimostrato che anche nella
tradizione la fedeltà al testo è una ricerca (che a volte giunge fino al
ridicolo). Prova ad ascoltare le sinfonie di Beethoven dirette da
Hogwood e confrontale con quelle dirette da Abbado (per citarne uno per
tutti), poi ci divertiamo (o meglio ti divertirai9 a verificare le varie
fedeltà al testo.

Invece il problema della sensibilità è qualcosa di fondamentale. La
sensibilità è in rapporto agli eventi: li influenza e ne è influenzata.
La sensibilità di un uomo del duemila e la sensibilità di un uomo del
settecento sono lontanissime (citazione esemplificativa). L'uomo del
duemila ha vissuto, nella storia, nella scienza e nell'arte cose che
l'uomo del settecento non ha vissuto. Mentre l'uomo del settecento ha
visto aprirsi orizzonti, scoprire novità che per l'uomo del duemila sono
alla sue spalle e sono cose scontate. Questo per aprire una spazio nel
quale ci si potrebbe immergre all'infinito. Poi, crtamente, la
sensibilità dell'uomo del due mila è influezata dalle creazioni
artistiche del settecento, ma, per ovvi motivi, le creazioni artistiche
del novecento (faccio per dire) non erano presenti e non hanno
influenzato la sensibilità dell'uomo del settecento.
E' chiaro che il linguaggio, come espressione e come comprensione (le
due cose vanno di pari passo) si evolve e contribuisce a creare un varco
che fa in modo che le aspettative siano molto diverse.
Quindi, certamente ciò che ci viene tramandato ci interessa, ma ci
interessa non solo come atto compiuto, del quale ammiriamo la forma e il
contenuto, ma anche e soprattutto come atto che ci permette di
confrontarci con un passato che vogliamo capre meglio per poter capire
meglio il nostro presente.
Quindi i lavori del passato si confrontano con una sensibilità molto
diversa da quella di coloro che i lavori hanno creato, anche se questa
diversità è in parte dovuta anche ai loro lavori.


> Non sei molto generoso a ritenermi una persona priva di curiosità.

Scusa.



> Chi è
> più curioso: chi si avvicina al diverso in quanto diverso o chi vuole
> omologare il diverso a sè ?

Prima di tutto non mi pare che esista una competizione fra modi di
essere curioso. Uno è curioso e basta. Poi mi sentirei di rispondere
(parlo per me): nessuno dei due casi. Per me la curiosità è il cercare
di capire il diverso da sè. Ma spesso si scopre che il più diverso da sé
è proprio il sé!

Ciao

Rudy

--------------------------
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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11138 è una risposta a message #11091] gio, 27 gennaio 2011 16:49 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Zaz! <zaz@zaz.com> wrote:


> chiunque non la pensi come lui è un fesso. Questo è ormai un teorema
> appurato.
> Purtroppo

Da te, immagino. Purtroppo.

Rudy

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Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11150 è una risposta a message #11138] gio, 27 gennaio 2011 20:44 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Rudy" <rodolfo.canaletti@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:1jvrio1.370d991eeh2dcN%rodolfo.canaletti@tin.it...
> Zaz! <zaz@zaz.com> wrote:
>
>
>> chiunque non la pensi come lui è un fesso. Questo è ormai un teorema
>> appurato.
>> Purtroppo
>
> Da te, immagino. Purtroppo.

da me? Io leggo le sciocchezze che rispondi alle acute osservazioni di
Bildungs, permetti.
Datti una calmata, che stai veramente esagerando.
Io almeno quando cazzeggio lo faccio apposta.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11171 è una risposta a message #11094] gio, 27 gennaio 2011 22:48 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Rudy ha scritto:
> Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:
>
>
>>> Io non ho mai detto che
>>> "bisogna" cambiare il testo. Ma sono favorevole alla ricerca.
>>
>> Ok, questa è una risposta precisa.
>
> Se vai a rileggere quello che ho scritto, vedrai che proprio questo ho
> ripetutamente affermato. Forse ti è sfuggito.


Per come la capisco io, questa è un'affermazione della priorità della
ricerca sul testo, che quindi *può* essere cambiato. Non mi pareva che
l'avessi affermato chiaramente prima.


>> IMHO, quello che distingue gli uomini dagli animali è anche la ricerca
>> nella direzione in cui c'è qualcosa da cercare. Nella ricerca
>> scientifica sono buone tutte le direzioni ?
>
> In teoria sono buone solo quello che non fanno buttar via soldi, cioè
> che hanno un fondamento mutuato dai risultati di ricerche precedenti.
> Anche perché nella ricerca i soldi non ce li metti tu, ma te li danno, e
> quelli che te li danno vorrebbero avere qualche probabilità di ritorno.
> In pratica abbiamo osservato, invece, che le ricerche che hanno
> provocato i maggiori progressi sono quelle avvenute o per caso e per
> ricerche alle quali nessuno credeva.


Non è un bel quadro. Se gli unici progressi avvengono per caso o in
direzioni che nessuno credeva possibili verrebbe da chiedersi in base a
quali criteri andrebbe sostenuta, la ricerca scientifica. E tanto
varrebbe finanziare la ricerca sul cancro così come l'omeopatia o
l'agopuntura.


>> E chi lo dice ? E' un'idea perfettamente implicita in quello che hai
>> scritto, ed è in effetti un tentativo di proporti dei "paletti" in
>> questa terra di nessuno in cui se parliamo di regia teatrale chiunque ha
>> il diritto di fare quello che gli pare, basta che "faccia pensare".
>
> Anche qui è come per la ricerca scientifica. Una regia è tale se arriva
> al teatro. E arriva al teatro se il bilancio economico di quel teatro
> con quella regia è attivo (o comunque non eccessivamente passivo). Ma
> questo non toglie che grandissime regie abbiano faticato molto a
> pervenire al teatro (e forse molte non ci sono neppure pervenute).
> Chiunque ha il diritto di proporre quello che ritiene (usare il verbo
> "fare quello che gli pare" implica già un modo di pensare preconcetto)
> sufficiente stimolante alla riflessione. Poi c'è sempre il problema di
> chi giudica e in base a quali parametri giudica. Spesso sono paramaetri
> economici. In alcuni casi, con direttori coraggiosi, si possono ottenere
> proposte interessanti.


Va bene, siamo ancora in alto mare.


>> E non sei tu che hai giudicato l'Arlecchino fra i vichinghi "una
>> provocazione" senza avere la minima idea di quello che potrebbe esserci
>> sotto ?
>
>
> Scusa, ma non hai capito quello che volevo dire (probabilmente per colpa
> mia). Un Arlecchino fra i Vichinghi non è una regia, è un'affermazione
> fatta (almeno così ho capito) per mettere in risalto il grottesco di una
> situazione strampalata, e far così passare per strampalata la regia che
> lo dovesse adottare. Per questo l'ho giudicata una provocazione. Poi un
> regista può immaginare uno spettacolo straordinario immaginando un
> arlecchino fra i vichingi, fra i pellirosse, trasformato in formica, che
> ne so... Quello che conta è il risultato. Cioè la regia come si dipana,
> come si realizza e come stimola la riflessione.


Allora forse non mi sono spiegato io. Non "un Arlecchino": l'"Arlecchino
servitore di due padroni" di Strehler, proprio quello. Con quel testo,
quei personaggi, quei precisi movimenti scenici.



>>> Flimm è ancora considerato uno dei registi
>>> più intelligenti e più ricchi di idee dell'epoca moderna. Ma, ovviamente
>>> tu sei liberissimo di non apprezzarlo. E' un peccato, perché questo sta
>>> a significare un po' che per te il mondo sia fermo, lì, e ogni
>>> cambiamento sia peggiorativo.
>>
>> Sono delle conclusioni arbitrarie che trai tu in base a non so cosa. Ho
>> già scritto, e non mi stanco di ripeterlo, che non ho nulla in contrario
>> alle regie particolarmente creative, basta che non vadano contro la
>> drammaturgia dell'opera, o che se ne freghino della medesima. Perchè
>> esiste una drammaturgia nel testo musicale, se vogliamo usare quel testo
>> musicale. Nessuno ci obbliga.
>
> Beh. Due cose. la prima ti chiedo scusa. La frase "sei liberissimo di
> non apprezzarlo" è sbagliata. Doveve essere scritta più correttamente
> "chiunque è liberissimo di non apprezzarlo". Così ti chiedo scusa.


Ma figurati. Ci mancherebbe.


> La seconda. Chi decide se va contro o a favore della drammaturgia
> dell'opera?


Oh, questa è una bella domanda. In base a che cosa decidiamo che una
regia va contro la drammaturgia dell'opera ? Perchè sembra che - se la
regia risponde al requisito di stimolare la riflessione - questa sia
una questione ininfluente. E' questo il punto nodale, per me.


> In generale penso che un regista che ha già ottenuto dei riconoscimenti
> abbia intelligenza, cultura, fantasia per entrare nella drammaturgia
> dell'opera senza distorcerla, anche se non a tutti questo può apparire
> evidente.
> Le affermazioni sotto, sul frigorifero della Butterfly, o le Walkirie
> becchine, non si riferivano a te, ma sempre a quel benedetto chiunque,
> che in quel periodo era molto diffuso (e mi sembra che lo sia ancora).
> Ciò che comunque quelle affermazioni volevano significare che è facile
> aggrapparsi a situazioni apparentemente grottesche, isolarle dal
> contesto, e sparare a zero contro la regia. Sono manifestazioni di
> infimo livello culturale, che ancora oggi si riscontrano frequentemente.
> Vedi l'aricolo di Colombo (che, per fortuna, non ha più scritto critiche
> musicali sul Corriere).
> Con questo anche a me, regie pur di registi di grande nome possono non
> piacermi: prima di tutto e soprattutto perché non le ho capite. Non mi
> permetterei mai di sparare a zero (come molti fanno, basta leggere
> quelche post di questo NG per convincersene) contro un Pountney, o un
> Carsen o un Flimm o un Freyer, o un Ronconi o un Vick, o uno Chereau, o
> un Kupfer, anche se non sempre riesco a capre le loro scelte e le loro
> conclusioni. Ho rispetto per quello che hanno fatto, e penso che la mia
> cultura non sia certo in grado di giudicarli in modo negativo. Al
> massimo posso giudicare me stesso incapace di comprendere.


E' un atteggiamento di umiltà che è molto apprezzabile, ma secondo me
non è del tutto corretto. Ci dev'essere una quota-parte di pubblico
esperto (e tu sei indubbiamente uno spettatore esperto, molto esperto)
cui il messaggio artistico arriva anche se non è immediato.
Artisticamente si può giustificare *qualsiasi* cosa se si ha la mente
sufficientemente aperta, ma proprio qualsiasi. Ma giustificare non è
goderne, anche se fosse un godimento tutto intellettuale come quello
dell'arte concettuale. Si può essere completamente digiuni di un certo
linguaggio artistico, non parlare la lingua di chi ti sta parlando
(metaforicamente), ma chi è ben all'interno di una certa sensibilità e
di un certo linguaggio artistico deve essere in grado di cogliere gli
elementi testuali di quello che vede o che sente, e capire se funzionano
o no. Se non c'è questo non c'è nemmeno esperienza artistica, non c'è
godimento estetico.


>> Appunto. La sensibilità moderna considera il rispetto del testo la base
>> per parlare di interpretazione. Fra l'altro, se credi che esista un
>> direttore qualsiasi con un minimo di credibilità che cambi qualcosa in
>> partitura perchè non gli piace ti avviso che sei notevolmente fuori
>> strada. E se io mi sogno di fare qualcosa che non sia esattamente com'è
>> scritto in partitura sono giustamente e severamente ripreso.
>
> Mi fermo un attimo sulla sensibilità, che è l'argomento che più
> interesse. La fedeltà al testo, scusa la ripetizione, mi pare più
> un'ossessione che una scelta. Credo di averti dimostrato che anche nella
> tradizione la fedeltà al testo è una ricerca (che a volte giunge fino al
> ridicolo). Prova ad ascoltare le sinfonie di Beethoven dirette da
> Hogwood e confrontale con quelle dirette da Abbado (per citarne uno per
> tutti), poi ci divertiamo (o meglio ti divertirai9 a verificare le varie
> fedeltà al testo.


Non capisco. In che modo si prenderebbero delle libertà ? La scelta di
Hogwood è di includere nel materiale testuale la prassi esecutiva e gli
strumenti d'epoca, a differenza di Abbado. Ma non credo proprio che
troverò *infedeltà* alla partitura. Nemmeno di una virgola, se adottano
la stessa edizione. A dimostrazione appunto che non è necessario
cambiare una virgola del testo per avere la più grande libertà di
espressione.


> Invece il problema della sensibilità è qualcosa di fondamentale. La
> sensibilità è in rapporto agli eventi: li influenza e ne è influenzata.
> La sensibilità di un uomo del duemila e la sensibilità di un uomo del
> settecento sono lontanissime (citazione esemplificativa). L'uomo del
> duemila ha vissuto, nella storia, nella scienza e nell'arte cose che
> l'uomo del settecento non ha vissuto. Mentre l'uomo del settecento ha
> visto aprirsi orizzonti, scoprire novità che per l'uomo del duemila sono
> alla sue spalle e sono cose scontate. Questo per aprire una spazio nel
> quale ci si potrebbe immergre all'infinito.


Veramente. Ma bisognerebbe anche dire che pensare di omologare la
sensibilità dello spettatore moderno in un certo modo è senza senso.
Ognuno si rapporterà all'opera d'arte secondo il suo vissuto, che può
essere tanto diverso quanto può esserlo quello di un ottantenne ebreo
che ha vissuto la persecuzione nazista, un diciottenne tedesco che
invece è tornato ad essere neonazista per vergognosa ignoranza, un
giapponese che ha in sè ancora una cultura totalmente diversa, un bovaro
americano che non ha mai visto un teatro in vita sua...e ovviamente
potrei andare avanti all'infinito. Molti potrebbero addirittura avere
una sensibilità più vicina ad un uomo del settecento che a uno di oggi.
Ognuno di noi percepisce l'opera d'arte in maniera leggermente diversa,
fosse anche in maniera infinitesima, questo ormai è un dato appurato.


> Poi, crtamente, la
> sensibilità dell'uomo del due mila è influezata dalle creazioni
> artistiche del settecento, ma, per ovvi motivi, le creazioni artistiche
> del novecento (faccio per dire) non erano presenti e non hanno
> influenzato la sensibilità dell'uomo del settecento.
> E' chiaro che il linguaggio, come espressione e come comprensione (le
> due cose vanno di pari passo) si evolve e contribuisce a creare un varco
> che fa in modo che le aspettative siano molto diverse.
> Quindi, certamente ciò che ci viene tramandato ci interessa, ma ci
> interessa non solo come atto compiuto, del quale ammiriamo la forma e il
> contenuto, ma anche e soprattutto come atto che ci permette di
> confrontarci con un passato che vogliamo capre meglio per poter capire
> meglio il nostro presente.
> Quindi i lavori del passato si confrontano con una sensibilità molto
> diversa da quella di coloro che i lavori hanno creato, anche se questa
> diversità è in parte dovuta anche ai loro lavori.


Su questo siamo d'accordo, ma non vedo la conclusione del discorso.
Questo vorrebbe implicare la necessità di "attualizzare" l'opera per
renderla ugualmente espressiva per l'uomo di oggi ? Ma è un falso
problema. Non abbiamo bisogno di "attualizzare" Dante o i tragici greci
se li leggiamo per renderci conto della loro grandezza, e tanto meno la
Nike di Samotracia o gli affreschi di Giotto nella cappella degli
Scrovegni a Padova. Sono opere nate così, da una sensibilià forse molto
lontana dalla nostra, ma che pure conservano intatta la loro potenza
espressiva dopo secoli, purchè ovviamente facciamo lo sforzo di
avvicinarci a loro. Poi non è detto che tutte le opere del passato
conservino questa forza espressiva, anzi è vero il contrario, e per
questo parliamo di pochi capolavori e di molte opere minori o di routine.


>> Chi è
>> più curioso: chi si avvicina al diverso in quanto diverso o chi vuole
>> omologare il diverso a sè ?
>
> Prima di tutto non mi pare che esista una competizione fra modi di
> essere curioso. Uno è curioso e basta. Poi mi sentirei di rispondere
> (parlo per me): nessuno dei due casi. Per me la curiosità è il cercare
> di capire il diverso da sè.
> Ma spesso si scopre che il più diverso da sé è proprio il sé!


Per quanto mi riguarda tutto, ma proprio tutto quello che ho imparato
come fruitore di opere d'arte è partito dall'atto di umiltà di pensare
che fossi io a dovermi avvicinare ad una certa sensibilità, a quello che
molto semplicemente gli inglesi chiamano "acquiring the taste". Non sai
quante cose mi sono sembrate abissalmente lontane da me quando mi ci
sono avvicinato la prima volta. Vuoi saperne una ? L'opera lirica :-)
Per uno cresciuto come me con la vocalità del rock o le sonorità del
jazz si può arrivare ad apprezzare Stravinskij, o Shostakovich, ma
Bellini e Donizetti (Verdi è un gigante, si capisce quasi subito) stanno
nella paletta stilistica tanto lontani quanto sarebbero per te (credo) i
Black Sabbath o Ornette Coleman. Se mi ci sono avvicinato è perchè la
curiosità mi diceva che doveva esserci qualcosa di grande in questi
autori, e così in effetti è stato.

Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11180 è una risposta a message #11150] ven, 28 gennaio 2011 02:56 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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> da me? Io leggo le sciocchezze che rispondi alle acute osservazioni di
> Bildungs, permetti.

Senti, se quello che scrivo per te sono sciocchezze, nessuno ti obbliga
a leggerle.


> Datti una calmata, che stai veramente esagerando.
> Io almeno quando cazzeggio lo faccio apposta.

Allora l'unica cosa che fai è cazzeggiare. Quello che leggo di ciò che
scrivi non mi sembra altro.
Vedi, tu confondi i tuoi livori, che non solo solo riferiti a me, ma
dilagano per il NG, con la normale discussione. Ma, tranquilla, per
quanto mi riguarda questo non mi turba più di tanto.
Non credo che andare avanti a cazzeggiare sia di qualche utilità, né per
te né per me.
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11181 è una risposta a message #11171] ven, 28 gennaio 2011 02:56 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Der Bildungsphilister <bass_desires2003@yahoo.it> wrote:

> Non è un bel quadro. Se gli unici progressi avvengono per caso o in
> direzioni che nessuno credeva possibili verrebbe da chiedersi in base a
> quali criteri andrebbe sostenuta, la ricerca scientifica. E tanto
> varrebbe finanziare la ricerca sul cancro così come l'omeopatia o
> l'agopuntura.

Veramente non ho detto questo. Forse mi esprimo male. Ho detto che
alcuni fra i maggiori progressi fondamentali (per esempio la scoperta
degli antibiotici) sono avvenuti con ricerche non canoniche (cioè che
non hanno seguito le regole, ovvero con riscontri casuali). Ma la grande
massa del progresso si sviluppa secondo i criteri che ho descritto. Cioè
partendo da ipotesi che sorgono dai risultai di ricerhe precedenti.
Credo che nessuna istituzione oggi finanzierebbe una ricerca sul cancro
mediante agopuntura o omeopatia, e non credo che esistano ricercatori
degni di questo nome che vorrebero intraprendere una ricerca del genere.
Tutte le conoscenze raccolte finora concordano del dire che quelle sono
strade precluse. Tuttavia, anche se lo ritengo molto difficile, potrebbe
darsi che in una qualche situazione, cercando altre cose, potrebbero
emergere fenomeni inattesi che aprano strade oggi apparentemente chiuse.


>
> Va bene, siamo ancora in alto mare.

Questa non l'ho capita.


>
> Allora forse non mi sono spiegato io. Non "un Arlecchino": l'"Arlecchino
> servitore di due padroni" di Strehler, proprio quello. Con quel testo,
> quei personaggi, quei precisi movimenti scenici.

Non l'avevo capito. Comunque l'Arlecchino servitore di due padroni mi
pare di Goldoni. Strehler l'ha messa in scena. Come ha fatto Strehler
potrebbero farlo altri con altri strumenti, e risultai diversi. Si
tratta di una regia. Che poi la si consideri esemplare, va bene. Ma guai
se tutto dovesse fermarsi lì.



>
> Oh, questa è una bella domanda. In base a che cosa decidiamo che una
> regia va contro la drammaturgia dell'opera ? Perchè sembra che - se la
> regia risponde al requisito di stimolare la riflessione - questa sia
> una questione ininfluente. E' questo il punto nodale, per me.

Ovviamente, intendo stimolare un riflessione a partire dal testo e dai
problemi che la vicenda pone. Per me è la sostanza dell'approccio
all'opera d'arte.
Altrimenti?



>
> E' un atteggiamento di umiltà che è molto apprezzabile, ma secondo me
> non è del tutto corretto. Ci dev'essere una quota-parte di pubblico
> esperto (e tu sei indubbiamente uno spettatore esperto, molto esperto)
> cui il messaggio artistico arriva anche se non è immediato.

Io direi semplicemente che c'è una parte di pubblico cui il messaggio
artistico arriva. Un'altra parte cui non arriva nulla.

> Artisticamente si può giustificare *qualsiasi* cosa se si ha la mente
> sufficientemente aperta, ma proprio qualsiasi. Ma giustificare non è
> goderne, anche se fosse un godimento tutto intellettuale come quello
> dell'arte concettuale. Si può essere completamente digiuni di un certo
> linguaggio artistico, non parlare la lingua di chi ti sta parlando
> (metaforicamente), ma chi è ben all'interno di una certa sensibilità e
> di un certo linguaggio artistico deve essere in grado di cogliere gli
> elementi testuali di quello che vede o che sente, e capire se funzionano
> o no. Se non c'è questo non c'è nemmeno esperienza artistica, non c'è
> godimento estetico.

Certamente. Questo è giusto. Ma non è scontato. Tu separi il concetto di
"giustificazione" da quello di "godimento". Io no. Davanti a una offerta
registica, per prima cosa cerco di capire; in secondo luogo cerco di
confrontarlo con la mia esperienza; in terzo luogo posso reagire con uno
stato d'animo. Poi mi chiedo: ho capito? Non ho capito? cosa mi manca?


>
> Non capisco. In che modo si prenderebbero delle libertà ? La scelta di
> Hogwood è di includere nel materiale testuale la prassi esecutiva e gli
> strumenti d'epoca, a differenza di Abbado. Ma non credo proprio che
> troverò *infedeltà* alla partitura. Nemmeno di una virgola, se adottano
> la stessa edizione. A dimostrazione appunto che non è necessario
> cambiare una virgola del testo per avere la più grande libertà di
> espressione.

Va beh. Io non lo so. A me sembrano cose molto diverse, ma tu puoi
giudicare se sono la stessa cosa partitura alla mano. Ma, sempre per la
famosa fedeltà al testo, allora un taglio, (e i tagli sono
freqentissimi, soprattutto nelle opere) è ancora fedeltà al testo
scritto?
Guarda che comuque questo discorso mi interessa molto relativamente,
come credo di aver detto. L'unica cosa che mi ha molto interessato è una
rappresentazione della Dama di Picche fatta dall'Helikon teater di
Mosca. Ma è troppo lungo parlarne.


> Veramente. Ma bisognerebbe anche dire che pensare di omologare la
> sensibilità dello spettatore moderno in un certo modo è senza senso.
> Ognuno si rapporterà all'opera d'arte secondo il suo vissuto, che può
> essere tanto diverso quanto può esserlo quello di un ottantenne ebreo
> che ha vissuto la persecuzione nazista, un diciottenne tedesco che
> invece è tornato ad essere neonazista per vergognosa ignoranza, un
> giapponese che ha in sè ancora una cultura totalmente diversa, un bovaro
> americano che non ha mai visto un teatro in vita sua...e ovviamente
> potrei andare avanti all'infinito. Molti potrebbero addirittura avere
> una sensibilità più vicina ad un uomo del settecento che a uno di oggi.
> Ognuno di noi percepisce l'opera d'arte in maniera leggermente diversa,
> fosse anche in maniera infinitesima, questo ormai è un dato appurato.

Tutto questo è vero. Ma il mio riferimento alla sensibilità è molto più
generico. Nel momento in cui ti riferisci alla produzione artistica ti
rendi conto che enormi abissi dividono un secolo dall'altro, un decennio
dall'altro, etc. Così come per la produzione, questo vale anche per la
comprensione. E questa per me è la sensibilità intesa come espressione
di una società. Poi c'è la sensibilità individuale, e allora non c'è
dubbio che essa è diversa da persona a parsona.


>
> Su questo siamo d'accordo, ma non vedo la conclusione del discorso.
> Questo vorrebbe implicare la necessità di "attualizzare" l'opera per
> renderla ugualmente espressiva per l'uomo di oggi ? Ma è un falso
> problema. Non abbiamo bisogno di "attualizzare" Dante o i tragici greci
> se li leggiamo per renderci conto della loro grandezza, e tanto meno la
> Nike di Samotracia o gli affreschi di Giotto nella cappella degli
> Scrovegni a Padova. Sono opere nate così, da una sensibilià forse molto
> lontana dalla nostra, ma che pure conservano intatta la loro potenza
> espressiva dopo secoli, purchè ovviamente facciamo lo sforzo di
> avvicinarci a loro. Poi non è detto che tutte le opere del passato
> conservino questa forza espressiva, anzi è vero il contrario, e per
> questo parliamo di pochi capolavori e di molte opere minori o di routine.

Che cosa vuol dire "attualizzare?" Non mi sembra di avere usato questo
termine. Io dico che noi oggi ci avviciniamo a queste opere con uno
spirito che è quello che proviene dalla sensibilità del nostro secolo, o
decennio. Certo, la Divina Commedia, La Gioconda, la Nike sono sempre
quelle, ma ciò che dicono a noi, credo di capire, è diverso, molto
diverso da quello che dicevano a quelli del tempo in cui sono state
create.
Questo, discutibile su un'opera immobile, diventa invece possibile (e
secondo me doveroso) nel teatro, dove la vicenda narrata si confronta
con una realtà che lo spettatore vive. Non è la trasposizione temporale
che fa questo, ma la sottolineatura scenica dei problemi che il regista
percepisce come tali da essere posti in primo piano. Quella che io
chiamo la struttura. Il regista agisce sulla sovrastruttura, che è il
linguaggio col quale la struttura si materializza. L'opera di
Shakespeare è sempre quella, ma chi dice che il Riccardo III non possa
alludere a certe tirannie attuali? E infatti questo è stato fatto, e
credo con grandissimo successo. Questo non è attualizzare, ma
riscontrare nell'opera elementi compatibili con problemi che abbiamo
vissuto o stiamo vivendo. Ovviamente questa è solo una direzione. Se ne
possono immaginare infinite altre.


>
> Per quanto mi riguarda tutto, ma proprio tutto quello che ho imparato
> come fruitore di opere d'arte è partito dall'atto di umiltà di pensare
> che fossi io a dovermi avvicinare ad una certa sensibilità, a quello che
> molto semplicemente gli inglesi chiamano "acquiring the taste". Non sai
> quante cose mi sono sembrate abissalmente lontane da me quando mi ci
> sono avvicinato la prima volta. Vuoi saperne una ? L'opera lirica :-)
> Per uno cresciuto come me con la vocalità del rock o le sonorità del
> jazz si può arrivare ad apprezzare Stravinskij, o Shostakovich, ma
> Bellini e Donizetti (Verdi è un gigante, si capisce quasi subito) stanno
> nella paletta stilistica tanto lontani quanto sarebbero per te (credo) i
> Black Sabbath o Ornette Coleman. Se mi ci sono avvicinato è perchè la
> curiosità mi diceva che doveva esserci qualcosa di grande in questi
> autori, e così in effetti è stato.

Guarda, quello che dici è un po' anche la mia esperienza. Per me
l'approccio iniziale è stato per la musica strumenale: primo fra tutti
Beethoven, poi Bach, e poi via via altri. Ho sempre considerato l'opera
come un sottoprodotto spregevole. La musica era ben altro!!!
Poi ho scoperto l'opera come teatro. Ho capito immediatatamente la
grandezza di Verdi, e poi via via degli altri.
Per questo oggi, per me l'opera continua ad essere non musica su un
testo (anche teatrale), ma teatro che usa come linguaggio la musica.
Guarda questa sera, non so su quale canale, stavano intervistando
cantanti, direttori su Verdi: ero distratto, ma una frase di Bruson mi
ha colpito: Verdi non voleva tanto dei cantanti. Si, la voce doveva
esserci, ma voleva soprattutto che per inerpretare le sue opere fossero
attori.
E' quello che ho sempre pensato.

Ciao

Rudy

------------------------
rodolfo.canaletti@tin.it
http://www.dicoseunpo.it














>
> Ciao
Re: Cavalleria Rusticana e Pagliacci alla Scala. Considerazioni. [messaggio #11222 è una risposta a message #11180] ven, 28 gennaio 2011 21:32 Messaggio precedenteMessaggio precedente
Zaz!  è attualmente disconnesso Zaz!
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"Rudy" <rodolfo.canaletti@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:1jvs7iu.11fgpew8o0yd0N%rodolfo.canaletti@tin.it...

> Allora l'unica cosa che fai è cazzeggiare. Quello che leggo di ciò che
> scrivi non mi sembra altro.

mi sono scordata di postare la mia ultima impressione personale dell'ultimo
concerto a cui ho assistito.
Sono 8 mega di soliloquio delirante. Se ti interessa te lo mando via mail.

> Vedi, tu confondi i tuoi livori,

i miei livori?
eddechè? Sei tu che sei giallo come un limone.
Io ho solo detto che mi sembrano sciocchezze. Poi, fai tu nevvero.
Non turba il mio sonno, la cosa.

> che non solo solo riferiti a me, ma
> dilagano per il NG, con la normale discussione. Ma, tranquilla, per
> quanto mi riguarda questo non mi turba più di tanto.
> Non credo che andare avanti a cazzeggiare sia di qualche utilità, né per
> te né per me.

beh, l'unica volta che ho risposto in modo più che serio e documentato alla
tua sesquipedale cazzata che l'opera barocca "non ha drammaturgia", ho
ottenuto come risposta un laconico "ci penserò".
Sei molto più bravo a sbrodolar le tue sicumere che a "pensarci su",
credimi. Non si legge uno straccio di pensiero.
E con ciò chiudo, non vorrei esagerare col cazzeggio...
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