Loading
Home » Musica » Classica » Trent'anni fa...
Trent'anni fa... [messaggio #7024] |
gio, 25 novembre 2010 11:52 |
cap Messaggi: 659 Registrato: novembre 2010 |
Senior Member |
|
|
....a Parigi acquistavo una deliziosa edizione dell'Orphée aux enfers
(nel 1980 si ricordava Offenbach a cent'anni dalla morte), nella
versione del1874, in 4 atti, con Orchestra e Coro del Capitol di
Tolosa diretti da Michel Plasson e un cast strepitoso - Mady Mesplé
come Euridice, Charles Burles nel ruolo di Aristeo/Plutone, Michel
Sénéchal nelle vesti di Orfeo, mentre il Giove che lancia saette e si
tramuta in dittero è Michel Trempont.
Per celebrare la lieta ricorrenza vi propino il riassunto del
libretto.
Atto I: nella campagna presso la città di Tebe sorgono l'una di
fronte all'altra la casa di Orfeo, «direttore dell'Orphéon di Tebe»,
violinista e insegnante di musica, e quella di Aristeo, pastore e
apicultore. Orfeo e Euridice, marito e moglie, non si sopportano;
soprattutto, Euridice non può soffrire le interminabili sviolinate che
Orfeo si ostina a propinarle. Sorpresa dal coniuge mentre adorna di
fiori la porta della capanna di Aristeo, Euridice ammette di essersi
perdutamente innamorata del vicino di casa: Orfeo, contrariato ma
tutt'altro che geloso, allontanandosi alla volta di Tebe lascia
intendere di aver preparato nel vicino campo di grano una trappola
mortale per l'incauto amante di Euridice. Cantando le gioie ecologiche
dell'umile pastore d'Arcadia giunge Aristeo; preoccupatissima,
Euridice si precipita ad avvertirlo del pericolo, ma viene morsa da un
serpente velenoso: in realtà , Aristeo è Plutone e ha assunto sembianze
mortali per avvicinare la bella moglie di Orfeo; egli stesso ha
suggerito allo stolido musicista il trabocchetto di cui Euridice è
rimasta vittima. Mentre la donna agonizza melodiosamente e senza
soffrire, Plutone assume il suo vero aspetto di divinità infernale,
provoca una tempesta scuotendo il bidente, che poi affida a Euridice
perché scriva in lettere di fuoco sulla porta di casa un'ultimo
messaggio: «Se lascio la magione / è perché sono morta, / Aristeo è
Plutone / e via il diavolo mi porta»; dopodiché la trascina con sé
negli inferi. Tornato a casa, Orfeo quasi sviene per la gioia leggendo
il messaggio di Euridice; ma sopraggiunge un terribile personaggio,
l'Opinione Pubblica, che obbliga il malcapitato – affinché ciò serva
d'esempio per i posteri – a recarsi nel mondo dell'oltretomba per
reclamare la sposa perduta.
Atto II: intorno alla vetta dell'Olimpo, languidamente sdraiati su
morbide nuvolette, gli dèi sono immersi nel sonno: uno dopo l'altro,
Venere, Cupido e Marte rientrano da un misterioso viaggio a Citera:
preso posto nelle rispettive nuvole, subito s'addormentano. Seguìto
dalla Notte con il suo corteo di Sogni multicolori, Morfeo si muove
con circospezione fra i dormienti, agitando papaveri sotto il naso di
ciascuno. Le Ore danzano intorno alla Notte e ai Sogni, obbligandoli
via via a uscire di scena; giungono l'Aurora e quindi la luce del
giorno, e s'odono in lontananza i corni di Diana cacciatrice: Giove
invita gli dèi ad accogliere con i dovuti onori la sua figlia
prediletta. Diana è molto triste: ha perso ogni traccia dell'aitante
pastore Atteone; Giove le confessa di averlo trasformato in cervo,
facendo poi in modo che la metamorfosi fosse attribuita proprio a
Diana, «giusto per salvare le apparenze». Amareggiata, Diana
rimprovera a Giove di predicare bene e razzolare male, ciò che suscita
l'interesse della gelosissima Giunone: si mormora infatti che proprio
al padre degli dèi si debba imputare la scomparsa di una mortale, da
un dio rapita al legittimo consorte. Giove si dice innocente; a trarlo
d'impaccio è però l'arrivo di Mercurio, di ritorno dal regno degli
inferi dove, egli dice, ci si divertiva alquanto perdurando l'assenza
di Plutone, ch'è da poco rientrato in compagnia di un'avvenente
signora; Giove ha appunto convocato il signore dell'Ade perché faccia
luce sulla vicenda di Euridice. Accompagnato da tre demoni giunge
Plutone, e ben presto comprende che Giove è perfettamente al corrente
dei suoi intrighi; egli respinge ogni accusa, ma la sua posizione si
fa sempre più difficile. Scoppia intanto una rivolta degli dèi, che al
suono della Marsigliese proclamano di averne abbastanza del nettare e
dell'ambrosia, così come del tediosissimo tran-tran dell'Olimpo.
Invano Giove stigmatizza l'immoralità di Plutone: gli si rinfacciano
le molteplici scappatelle con graziose mortali, e Giunone vorrebbe il
divorzio. Ma ancora una volta la situazione volge in suo favore:
annunciato da Mercurio e sempre pungolato dall'Opinione Pubblica,
giunge infatti Orfeo; ascoltatene le insincere lamentele, Giove
proclama solennemente la propria volontà : Plutone è condannato a
restituire Euridice al vedovo inconsolabile. E aggiunge che, per
controllare che la sentenza sia effettivamente eseguita, egli stesso
si recherà nell'Ade; gli dèi l'implorano di portarli con sé, e Giove
astutamente, per chetare ogni velleità di rivolta, accoglie la loro
richiesta: sicché condurrà negli inferi l'Olimpo al gran completo..
Atto III: nel boudoir di Plutone, Euridice si annoia terribilmente;
l'amore degli dèi, le avevano detto, è fonte di ineffabili delizie, ma
Plutone l'ha abbandonata ormai da due giorni, senz'altra compagnia che
quella di un goffo domestico, John Styx. Ammaliato da Euridice ed
ebbro dell'acqua del Lete, questi tenta un maldestro approccio,
raccontando di essere stato, in vita, un importante personaggio, un re
di Beozia. All'arrivo degli dèi, John rinchiude Euridice
nell'appartamento di Plutone. Giove è ben deciso a conoscere la bella
mortale che Plutone si ostina a nascondergli; convoca perciò i tre
giudici infernali, Minosse, Eaco e Radamante, e come testimone il
portinaio Cerbero: ma sono tutti al soldo di Plutone, e la seduta del
tribunale degenera in rissa, nel corso della quale Cerbero azzanna
Giove. Furioso, questi ristabilisce l'ordine lanciando fulmini e
saette; mentre gli altri si mettono in salvo, Cupido offre all'amato
padre il proprio aiuto per rintracciare Euridice: sguinzaglia perciò
una brigata di Policemen dell'Amore, che in breve scoprono il luogo in
cui la donna è segregata. Per consentirgli di introdursi nella stanza,
Cupido trasforma Giove in mosca in modo che possa passare attraverso
il buco della serratura. Euridice è talmente demoralizzata per la noia
e per la solitudine che accoglie con gioia l'arrivo del grosso
insetto, con il quale intona un tenero duetto d'amore: l'una canta,
l'altro ronza. Giove si fa riconoscere e promette a Euridice di
liberarla e di portarla con sé sull'Olimpo, poi vola via attraverso la
finestra. Sopraggiunge Plutone, che ha saputo della metamorfosi:
troppo tardi.
Atto IV: tutti gli dèi prendono parte a una grande festa lungo le rive
dello Stige; mascherata da baccante, Euridice canta un appassionato
inno a Bacco. Giove l'invita quindi a danzare un minuetto, cui fa
seguito un galop indiavolato, durante il quale i due contano di
allontanarsi senza farsi notare. Ma Plutone, che li teneva d'occhio,
sbarra loro la strada; segue un nuovo litigio, che ha termine quando
il dio degli inferi ricorda al signore dell'Olimpo la promessa fatta a
Orfeo, «quel piccolo trovatore». «Miserere!», esclama Giove, che se
n'era completamente dimenticato. S'ode avvicinarsi il suono lamentoso
di un violino: Orfeo e l'Opinione Pubblica risalgono lo Stige a bordo
di una barca. Giove è costretto a mantenere la parola data, ma pone a
Orfeo una condizione: egli dovrà incamminarsi verso lo Stige
precedendo Euridice e senza mai voltarsi, altrimenti la perderà , e
questa volta per sempre. Dietro l'Opinione Pubblica, che l'esorta a
obbedire, Orfeo si avvia mestamente; alle sue spalle Euridice, velata,
è condotta per mano da John Styx. Giove è inquieto: non avrà forse
contato invano sulla curiosità del musicista? «Non si volta! Tanto
peggio, ora lo fulmino!»; e lancia in direzione di Orfeo un vigoroso
calcione elettrico che attraversa l'intera scena sotto forma d'una
scintilla: colpito nel fondoschiena, il disgraziato si volta
bruscamente; Euridice scompare dalla sua vista, l'Opinione Pubblica
recrimina, Orfeo si difende: «è stato un movimento involontario».
Plutone gongola pensando di poter finalmente disporre della donna, ma
Giove ne raffredda l'entusiasmo annunciando che farà di lei una
baccante. Euridice intona un'invocazione a Bacco sulle note del galop
infernale, ma ora un accento malinconico pervade il suo canto: alla
fine della favola, del tanto decantato amore degli dèi non ha gustato
che un ben modesto assaggio.
(Nota: si tratta del testo che avevo redatto nel 1998 per il
Dizionario dei titoli e dei personaggi, terza sezione del DEUMM.)
|
|
| | | | |
Re: Trent'anni fa... [messaggio #7084 è una risposta a message #7056] |
gio, 25 novembre 2010 22:35 |
Shapiro used clothes Messaggi: 2794 Registrato: novembre 2010 |
Senior Member |
|
|
"Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
news:icm2po$jk$3@nnrp-beta.newsland.it...
> PIsotta sarebbe incapace di scrivere queste cose
Ah sì, perché scrive, almeno ci prova.
Sulle sue qualità di scrittore glissiamo, che è meglio.
Quando lo leggevo (non ho più avuto il coraggio), una decina di anni fa e
più, mi faceva pensare a un aforisma di Schoenberg.
Quello in cui sostiene che certi musicisti atonali gli ricordavano i
selvaggi nudi con la cravatta al collo. Un pochino quell'effetto lì lo fa
anche il suo italiano.
Vabbé, Schoeberg era un tantino razzista, ma rientra nel personaggio.
Perbacco, uno che ha combattutto nell'esercito austroungarico togliendosi i
guanti prima di gettarsi nella neve ("i guanti sono miei, le mani
dell'Impero, lo dice il sergente").
dR
|
|
| | | | |
Re: Trent'anni fa... [messaggio #7116 è una risposta a message #7106] |
ven, 26 novembre 2010 12:24 |
Josef K Messaggi: 68 Registrato: novembre 2010 |
Member |
|
|
On 26 Nov, 10:16, cap <clamar...@gmail.com> wrote:
> On 25 Nov, 22:35, "Shapiro used clothes" <vittorio...@tin.it> wrote:
>
> > certi musicisti atonali gli ricordavano i selvaggi nudi con la
> > cravatta al collo.
>
> Rende perfettamente l'dea :)
>
> > Un pochino quell'effetto lì lo fa anche il suo italiano.
>
> Pensa che Basso all'inizio l'adorava (intellettualmente parlando). Ma
> l'infatuazione si estinse subito e con incredibile rapidità .
> (Bisogna dire che il prof è sempre stato incline agli innamoramenti
> passeggeri.)
>
> > Perbacco, uno che ha combattutto nell'esercito austroungarico togliendosi i
> > guanti prima di gettarsi nella neve ("i guanti sono miei, le mani
> > dell'Impero, lo dice il sergente").
>
> :)
> Questi particolari aiutano a comprendere meglio il Kraus degli Ultimi
> giorni dell'umanità .
Mi è piaciuta la sua definizione (in un articolo della Fackel del
novembre 1900) della M1 come la "sinfonia ironica": è una
denominazione che non è stata riusata da altri, credo, ma molto
interessante.
Ciao
J. K
|
|
| | |
Re: Trent'anni fa... [messaggio #7140 è una risposta a message #7084] |
ven, 26 novembre 2010 19:58 |
Zaz! Messaggi: 1549 Registrato: novembre 2010 |
Senior Member |
|
|
"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4ceed69c$0$34309$4fafbaef@reader3.news.tin.it...
>
> "Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
> news:icm2po$jk$3@nnrp-beta.newsland.it...
>
>> PIsotta sarebbe incapace di scrivere queste cose
>
> Ah sì, perché scrive, almeno ci prova.
> Sulle sue qualità di scrittore glissiamo, che è meglio.
> Quando lo leggevo (non ho più avuto il coraggio), una decina di anni fa e
> più, mi faceva pensare a un aforisma di Schoenberg.
> Quello in cui sostiene che certi musicisti atonali gli ricordavano i
> selvaggi nudi con la cravatta al collo. Un pochino quell'effetto lì lo fa
> anche il suo italiano.
>
> Vabbé, Schoeberg era un tantino razzista, ma rientra nel personaggio.
> Perbacco, uno che ha combattutto nell'esercito austroungarico togliendosi
> i guanti prima di gettarsi nella neve ("i guanti sono miei, le mani
> dell'Impero, lo dice il sergente").
:-)))))
|
|
| | |
Vai al forum:
Ora corrente: sab giu 01 05:59:55 CEST 2024
Tempo totale richiesto per generare la pagina: 0.02935 secondi
|