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[UFV] Another year (Leigh, 2010) [messaggio #29088] gio, 24 febbraio 2011 18:10 Messaggio precedente
Roberto  è attualmente disconnesso Roberto
Messaggi: 892
Registrato: maggio 2009
Senior Member
fluviale, estenuante, pesantissimo spaccato di vita quotidiana. Siamo
in Inghilterra. Storie normali, persone normali, dialoghi normali.
Tutto troppo normale e quotidiano, e per questo cinematograficamente
fallimentare e francamente insostenibile. Le storie private di un
gruppo di umani, troppo umani, si susseguono con il ritmo (LOL) delle
quattro stagioni. Ma diciamola tutta: se non ci fossero le didascalie
in sovraimpressione davvero non si capirebbe in quale stagione siamo,
visto che il film, visivamente, è di una piattezza sconfortante. Oh,
certo, all'inizio dell'autunno i nostri eroi raccolgono i pomodori
(siamo in Inghilterra), e l'inverno è effettivamente un po' più
grigio, fotograficamente parlando, delle altre stagioni (e poi il
funerale, colpo di genio, coincide con l'inverno!). Qualcuno dirà,
"Leigh non è un regista visivo, è soprattutto un grande
sceneggiatore". Ma allora limitatevi a scrivere, accidenti, così da
poter almeno sperare che qualcuno, contro la vostra permalosa volontà,
tagli, riassuma, sintetizzi (anche con mezzi puramente visivi) il
tronfio fluire delle chiacchiere che mettete in bocca ai vostri
personaggi! Qual è il limite? Dobbiamo essere grati al regista perché
il film dura solo due ore e un quarto invece di dodici mesi (quattro
stagioni)? Grazie tante, Leigh, di essere venuto incontro alle nostre
esigenze (anche fisiologiche). Qui ci sono insostenibili dialoghi in
tempo reale, un numero indefinito di tizi nominati durante le
interminabili chiacchierate, tizi che i protagonisti conoscono, ma noi
no, né ci interessa. E' come assistere ad una conversazione sul
pianerottolo, fra vicini di casa o fra parenti. Storie private e
relazioni personali di cui non ci importa nulla, sideralmente lontane
da noi nonostante l'*equivoco* del cinema "intimo" e "umano". C'è un
momento eloquente proprio durante il funerale, nell'ultima "stagione".
Scaricano la bara dalla macchina e la portano nella chiesa. I battenti
si chiudono davanti ai nostri occhi, e sarebbe una "tendina" perfetta,
un momento perfetto per dissolvere e passare oltre, lasciando i
personaggi alla loro intimità. Invece no, si chiudono le porte e noi
siamo immediatamente portati all'interno della chiesa, per assistere
alla funzione, all'arrivo del figlio ritardatario eccetera. E poi
tutti a casa della defunta, con i panini, i sospiri, i colleghi di
lavoro, di nuovo il figlio ritardatario eccetera. Perché di quei
personaggi dobbiamo sapere tutto, condividere tutto.
Inaccettabile.
Critica che inneggia plebiscitariamente al capolavoro.
 
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