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SPOILERACCI CLAMOROSI - Terraferma (Crialese, 2011) [messaggio #114702] dom, 11 settembre 2011 00:18
Sandor Krasna  è attualmente disconnesso Sandor Krasna
Messaggi: 40
Registrato: dicembre 2010
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"Il mio spettatore ideale è un bambino di 7 anni".
(Emanuele Crialese durante la conferenza stampa a Venezia)

Eccola qui, la giovane promessa del cinema italiano, che dopo cinque anni
di fancazzeggio si degna di proseguire il discorso iniziato con Nuovomondo.
Venezia gli porta bene: allora si inventarono un premio di cartapesta pur di
non lasciarlo a secco, quest'anno ha fatto un passo avanti ed è arrivato al
terzo posto. Se tanto mi dà tanto, l'opera a lungo attesa sarà almeno al
livello dellla precedente.

Tutto come previsto: è un film vergognosamente fallito. Ed è un
fallimento totale, perché è marcio fin dall'idea di base. Crialese ha
ripetuto fino allo sfinimento che il suo non è un film a tesi, non è un film
che giudica o condanna, non vuole descrivere l'attualità. Che cazzo di film
volesse fare, a questo punto, l'ha capito solo lui.
Il punto di partenza dichiarato è il dilemma dell'isolano: seguire la
legge del mare e il dovere dell'accoglienza o quella quella degli uomini e
denunciare i clandestini? Boh, ci potrebbe anche stare, se nel film ci fosse
un minimo di sviluppo. Invece la questione è buttata lì in un paio di
dialoghi, senza un minimo di approfondimento. Da qui segue un'impressionante
carrellata di banalità, non ultimo il finanziere stronzo (Claudio Santamaria
con accento settentrionale: una delle cose più invereconde viste su schermo
dai tempi di Chicken Park) che per forza di cose non è un isolano.
La più clamorosa delle velleità fallite, ovviamente, coincide con il
climax del film, cioè con quella che dovrebbe essere la scena-madre: il
giovincello è di fronte al dilemma, fa la scelta del codardo e in una botta
sola lascia morire dei disperati e perde pure l'oggetto del desiderio. Dico
"dovrebbe", perché in realtà più che una madre è un epitaffio. Si può
chiudere un occhio di fronte alla totale implausibilità della scena, ma
quando dei disperati a rischio di annegamento vengono filmati come un gruppo
di signorine impegnate nel watergym, viene proprio voglia di cavarseli, gli
occhi.
Dopo la figuraccia, il film va in contro al suo destino già scritto, e
affonda definitivamente. Non poteva che essere così: dato che il tema è solo
annunciato e lasciato andare alla deriva, quando si è sprecato pure la carta
del pathos con una scena del genere, non restano che i cliché. Ed ecco che
tutto il dilemma dell'emigrazione-e-accoglienza, cioè una questione reale e
storica, viene messa al servizio della bassa retorica drammatica, cioè è
ridotta solamente a un'occasione per il giovincello di ripulirsi la
coscienza. Devastato dai sensi di colpa e mollato dalla tipa, si riscatta
aiutando la famigliola africana, in barba alle crudeli leggi dell'uomo. A
suggellare la purificazione avvenuta, un curioso finale a doppio strato: in
superficie aperto quando basta per schivare qualche nodo narrativo e
regalare qualche bella immagine, ma in realtà precisissimo nel rimuovere
tutte le implicazioni della tragedia *reale* che fin lì era stata evocata.
In effetti, Crialese ce la metta proprio tutta per disinnescare gli
aspetti collaterali della storia. Abbozza una riflessione sull'economia
dell'isola (Lampedusa, ma non è mai chiamata per nome), sul dramma della
pesca che da anni non porta più niente, sulla conversione al turismo di
massa, e poi risolve tutto in una manciata di inquadrature: arrivano i
turisti, tirate fuori i cartelli, fine. Il rapporto tra lo zio violento e il
giovane sfigato? Tirato in ballo in una scena, e mai più nominato. I
bulletti dell'isola, il padre morto, i vecchi pescatori e i giovani...
servono tutti sì e no per poche battute, poi li si abbandona.
E' chiaro che, con queste premesse, la brevità del filmetto (neppure
un'ora e mezza) non sorprende. Ad allungare il brodo resta una ridicola
sottotrama che mette in parallelo due donne di due continenti di versi, e di
nuovo tutto è risolto in termini di fallimenti personali e volontà di
riscatto. Di tanto in tanto Crialese si ricorda di essere il coccolino della
critica, e giusto per non farsi confondere con un Faenza qualunque ci regala
qualche campo lungo sul mare e due o tre cartoline naturalistiche.
Tutto è incredibilmente facile, in Terraferma. E' un film pieno di
drammi, ma tutto è semplificato ai minimi termini, ridotto a poche regole
buone o cattive, incompatibili tra di loro. E' un film dallo spessore
inesistente, rapido e dimenticabile come un instant movie d'altri tempi, che
non lascia alcuna traccia perché non ha direzione, non ha personaggi con un
minimo di autonomia, non ha neppure una singola scena memorabile all'altezza
di Nuovomondo. In quel caso c'erano la ricostruzione storica e le parentesi
fantastiche, ma c'erano anche idee e personaggi veri e propri, non
macchiette e svolte obbligate. Ma ha ragione, Crialese: forse è un film
adatto ai bambini di sette anni, ai quali aumenterà certamente l'autostima.

Ah, in compenso c'è Jerry Calà, e il suo Maracaibo sta proprio a pennello.
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