un profeta [messaggio #31856] |
dom, 05 giugno 2011 01:10 |
karamazov Messaggi: 356 Registrato: gennaio 2011 |
Senior Member |
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un film riuscito a metà.
molto bene la descrizione dei piccoli momenti
dentro al carcere, delle dinamiche di certe
fasce sociali bordeline, la costruzione delle
scene d'azione, per le quali si nota la
cura dei dettagli,insomma film riuscito
per quanto riguarda la costruzione degli
scenari.
Il tasto dolente è l'evoluzione della storia,
quello che dovrebbe stare in mezzo allo scenario,
o meglio il non aver saputo scegliere una strada
definita tra l'affresco carcerario (diciamo
la prima parte) e il classico prison-movie
(la seconda metà).
Questa dicotomia è marcata in modo molto evidente
nella troppo improvvisa trasformazione di Malik
quando ottiene il permesso di uscita.
Malik che non sa nè leggere nè scrivere,
che sa a malapena spiaccicare due parole,
che dimostra in più occasioni la sua assenza di pensiero,
il suo essere un relitto sbattuto qua e là dalla
corrente.
Malik che improvvisamente, di punto in bianco
parla, organizza, pensa, dà ordini.
Da questa cattiva gestione nell'evoluzione
del personaggio (che ci stava, ma doveva
essere più graduale) nascono altre scelte di sceneggiatura
poco condivisibili.
Tutta la faccenda della faida con l'egiziano,
i rapimenti e controrapimenti che si concludono
a taralli e vino non sta in piedi.
Anche l'improvviso cambiamento di Lattrache
dopo l'episodio dei cervi è forzatissimo
(soprattutto dopo la confessione dell'omicidio dell'amico)
Il finale, sebbene il desiderio di rivalsa
nei confronti dell'odiato Cesar sia giustificatissimo
(anzi, quasi scontato) viene pasticciato
nella scelta di salvare Marcaggi dopo
avergli massacrato la scorta.
La scena della sparatoria in questione è
ovviamente l'apice registico del film
e una testimonianza della cura dedicata
a questo tipo di scene.
I momenti onirici sono abbastanza superflui
nella maggior parte dei casi, e in ogni caso
sfruttati male.
Arestrup è ottimo nella parte, ma, per caratteri
così calcati è sempre bene usare il bilancino
per non cadere nel rischio caricatura involontaria
(e Luciani in un paio di occasioni ci va troppo vicino).
Un film con molti pregi, innanzitutto un linguaggio
registico fresco, il tentativo di evitare
la retorica una visione sostanzialmente
neutra e priva di pre-giudizi, ma appesantito
da una sceneggiatura appena sufficiente.
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Re: un profeta [messaggio #31892 è una risposta a message #31867] |
dom, 05 giugno 2011 23:14 |
karamazov Messaggi: 356 Registrato: gennaio 2011 |
Senior Member |
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Roberto ha detto questo domenica :
> Nel suo scritto precedente, karamazov ha sostenuto :
>
>>> e da una durata insostenibile.
>>
>> io l'ho visto in 3 giorni, a puntate,
>> per cui per me non è stato un problema.
>> probabilmente visto tutto di un fiato
>> al cinema avrebbe risentito di certe pause
>> tutto sommato superflue.
>
> A quasi nessuno dovrebbe essere consentito di andare oltre le due ore.
non so perchè mi viene in mente Agorà.
:)
E' una
> questione di rispetto per gli spettatori. Il problema è come regolamentare
> quel "quasi", scommetto che tutti i registi ritengono di essere l'eccezione
> che giustifica lo sforamento.
sfondi una porta aperta, io li obbligherei per legge a restare
nell'ora e 30. L'esercizio della sintesi non può che
migliorare il 99% dei film in circolazione.
Poi lo spettatore ha due mezzi di autodifesa contro
questo malcostume imperante, se è al cinema
uscire a metà film, come mi è capitato recentemente
con battle LA, se è a casa guardando a rate.
In quest'ultimo caso devo dire che Mysky è uno strumento
eccezionale.
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