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Home » Musica » Classica » L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo)
L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9133] gio, 16 dicembre 2010 16:14 Messaggio successivo
Domanda  è attualmente disconnesso Domanda
Messaggi: 48
Registrato: novembre 2010
Member
L'altro thread ha preso una piega che mi interessa poco, e vorrei
percio' riportare la vostra attenzione sul tema che mi interessa di
piu': hanno senso l'opera e il melodramma al giorno d'oggi?
andare a teatro serve solo per sfoggiare vestiti e far salotto o si va
per altro? e cos'e' questo altro poi: godere della musica come di una
sinfonia tralasciando la trama e le parole insulse, oppure partecipare
dello spaccato di vita rappresentato? deve avere una trama
appassionante? tensione emotiva? si deve trarne una lezione? una
catarsi? un miglioramento etico/emotivo? una lezione di vita? gli
eventi "culturali" ci devono servire a qualcosa, tipo farci
riflettere? devono darci una chiave di lettura piu' acuta per
analizzare il presente? offrirci strumenti piu' potenti?
Tendenzialmente un classico e' proprio questo: un
prodotto/artefatto/creazione appartenente ad altra epoca ma che
conserva la sua forza in virtu' dei valori universali di cui e'
portatore. Questo e' quello che ti dicono al liceo e ti ripete pure
Calvino nel suo "perche' leggere i classici".
Tutto cio' premesso, veniamo all'articolo di Ceronetti, che ammetto di
conoscere molto poco, nonostante una persona a me molto vicina gli
abbia dedicato un saggio ("mentre moriamo. La soffice apocalisse di
guido ceronetti"
http://www.iger.org/2004/05/20/la-sfida-della-letteratura/)

Mi sembra che Ceronetti tocchi piu' argomenti, da cui segue la
varieta' di risposte nel thread principale: retorica della prima e
degli eventi mondani con dopo-pizza, librettisti, gesti d'artista,
finanziamenti in tempi di crisi, istituisce gerarchie tra artefatti di
migliaia di anni fa (che un altro Ceronetti melomane potrebbe definire
"quattro pietre fatiscenti") e artefatti di altra natura piu' recenti.
La musica sarebbe eterna, il teatro pure, l'opera -come sintesi dei
due- no.
A me interessa parlare di un solo tema: ammettendo che i soldi per
finanziare i teatri e fare l'opera ci siano (anche perche' altrimenti
ci ridurremmo a parlare di eventuali gerarchie, sempre soggettive,
sulle eventuali priorita'), ha senso andare all'opera al giorno
d'oggi? e' attuale come forma artistica? al di la della
auto-perpetuazione e conservazione di un repertorio che volenti o no
fa parte della nostra storia e tradizione, ha senso continuare a
rappresentare la Traviata? ci puo' essere "soffio di eternita'"
nell'opera?
Mi hanno colpito subito due cose: Ceronetti sembra scindere la musica
dalle parole, attaccando principalmente "le storie" narrate nel
melodramma. La seconda e' il riferimento al cinema, come qualcuno ha
notato nel thread principale (e a questo proposito vi suggerisco
quanto dice Moresco qui http://tinyurl.com/2c9ufda sulla capacita'
del cinema di staccarsi dalle altre arti e rinascere dal suo
'illanguidimento progressivo')
..
La terza cosa che mi ha colpito in realta' e' legata ad un'esperienza
personale di quest'estate: sono stato a vedere, nei resti archeologici
del parco di Squillace in Calabria, Le Baccanti di Euripide regia di
Micha Van Hoecke. Non era la prima volta che assistevo alla
rappresentazione di un classico greco: vado da diversi decenni a
Siracusa per le rappresentazioni dell'Inda. Ma sono uscito dalle
Baccanti pensando proprio questo: che senso ha andare ancora a vedere
uno spettacolo simile? Stessa domanda che mi sono fatto qualche
settimana fa anche all'uscita del Misantropo di Moliere al Piccolo
Teatro, regia di Massimo Castri, con Popolizio. Bello spettacolo,
recitato bene, in alcune parti si puo' anche notare l'attualita' del
testo, quando si parla di compromessi e della volonta' di piacere e
compiacere quante piu' persone possibili, dell'adulazione. Ma anche
li....era un testo vibrante? c'era soffio di eternita'?
Per cui leggere il titolo dell'articolo di Ceronetti mi ha fatto solo
piacere, perche' mi ha portato qui a sentire la vostra opinione. Ma mi
ha colpito che lui stilasse da principio delle classifiche, che
restano -inevitabilmente- personali.

La mia risposta a Ceronetti e' quella di un melomane, sia chiaro. Vivo
l'opera come la vivono molti di voi, in maniera viscerale. Io mi sono
letteralmente "ucciso di opera" tra i 20 e i 30 anni. Non perdevo una
rappresentazione d'opera, i miei compagni di studi davano esami e io
mi beavo di aver visto per la quarta volta un'opera alla Scala o non
prendevo impegni per una diretta importante su Radio3.
Poi da qualche anno, per una serie di motivi, vado piu' raramente e
solo in maniera piu' selettiva. E ho anche notato che l'impatto della
musica e' piu' forte di quanto fosse quando ero ogni sera a teatro:
non reggo piu' emotivamente, mi ritrovo a piangere come un bimbo
indifeso al solo ascolto di un brano dal Rigoletto dato per caso alla
radio. Due giorni fa ho visto la Valchiria di baremboim, e per
parafrasare Wilde su Balzac, l'addio di Wotan a Brunhilde e' ogni
volta uno dei momenti piu' tristi della mia vita. Il Tristano di
qualche anno fa e' stato uno degli eventi piu' sconvolgenti per me.
Per cui mi sento di dire che Wagner puo' guardare dritto negli occhi
Marziale e tutti gli altri eroi idolatrati da Ceronetti e non
rinuncerei ad una scoreggia di Wagner per salvare una pietra
indistinguibile da un falso invecchiato.

Piu' selettivamente ho detto. Questo vuol dire che ho avvertito una
carica necrotica in molte cose che prima sarei andato a vedere/sentire
in quanto 'melomane da loggione'. E ascoltare il tono compassato,
borghese, saccente, volutamente finto-ironico dei conduttori Radio3 e
dei loro ascoltatori ormai mi da il voltastomaco (un capitolo a parte
merita l'aborrevole pratica della lettura degli sms del pubblico. Ma
ti pare che accendevo la radio se volevo sapere cosa pensa il primo
per strada?).
Per cui mi sentirei di fare delle differenze: da un lato Don Giovanni,
Cosi' fan tutte (che Muti defini' "la passarella dell'umanita'",
Elektra, Falstaff, Otello (cinema allo stato puro) e altri. Dall'altro
il melodramma dalle belle arie, ma senza alcuna tensione emotiva,
senza nessun portato di verita'. Quello che Ceronetti chiama
'circense'. Ma -di nuovo- si tratta di una classifica personale:
linda di chamounix, il verdi giovanile, (mi perdoni il dio di Busseto)
e ...(ognuno ci mette quello che vuole). Ma -per tornare a Ceronetti-
non mi sentirei di tagliare con l'accetta il melodramma dai brutti
libretti. Lui cita la traviata della Callas. La piu' grande qualita'
della callas e' proprio questa secondo me: l'autenticita'. Per cui
rendeva la Traviata grande proprio perche' in grado di renderla viva e
credibile.
"La musica invece è eterna, il teatro è eterno" dice Ceronetti. E le
Nozze di Figaro cosa sono? un pezzo di paradiso mi sentirei di dire.
Vi e' soffio di eternita' o no?

L'accusa di Ceronetti sulle nefandezze fumettistiche delle trame mi
ricorda la critica di quelli che dicono che all'opera i personaggi
riescono a cantare anche in punto di morte. Ma quanta arte dovremmo
cestinare se ci basassimo solo su questo criterio? il patto finzionale
vige all'opera come altrove.

L'elktra diretta da Abbado anni fa a Firenze: quella mi incolla alla
sedia piu' degli epigrammi di Catullo recitati da Ceronetti in persona
(piccola ulteriore parentesi personale: una volta in tv c'era quella
trasmissione condotta da Scaraffia/cantarella, c'era un quiz,
Ceronetti leggeva un carme di Catullo, io indovinai l'autore e mi
mandarono a casa uno scatolone pieno di libri)

Ceronetti sembra parlare di opera dell'800 in particolare: e quella di
prima che facciamo? e Richard Strauss? Puccini? C'e' piu' solitudine
nella Madama Butterfly che in tutti i libri degli esistenzialisti del
900.

Come il trionfo operistico richiami le ideologie, sinceramente non
l'ho capito.

Fantastica l'immagine del pubblico in silenzio all'appello di
Baremboim, ma sarebbe stato chiedere troppo.

Scusate lo sfogo, so che siete qui apposta ;-)
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9136 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 16:35 Messaggio precedenteMessaggio successivo
pietro c  è attualmente disconnesso pietro c
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Registrato: novembre 2010
Member
Il 16/12/2010 16.14, Domanda ha scritto:
> L'accusa di Ceronetti sulle nefandezze fumettistiche delle trame mi
> ricorda la critica di quelli che dicono che all'opera i personaggi
> riescono a cantare anche in punto di morte. Ma quanta arte dovremmo
> cestinare se ci basassimo solo su questo criterio? il patto finzionale
> vige all'opera come altrove.
>
> L'elktra diretta da Abbado anni fa a Firenze: quella mi incolla alla
> sedia piu' degli epigrammi di Catullo recitati da Ceronetti in persona
> (piccola ulteriore parentesi personale: una volta in tv c'era quella
> trasmissione condotta da Scaraffia/cantarella, c'era un quiz,
> Ceronetti leggeva un carme di Catullo, io indovinai l'autore e mi
> mandarono a casa uno scatolone pieno di libri)
>
> Ceronetti sembra parlare di opera dell'800 in particolare: e quella di
> prima che facciamo? e Richard Strauss? Puccini? C'e' piu' solitudine
> nella Madama Butterfly che in tutti i libri degli esistenzialisti del
> 900.
>
> Come il trionfo operistico richiami le ideologie, sinceramente non
> l'ho capito.

quoto tutto, e a questa tua perplessità rispondo:

"Hai ben ragione!
Meglio non pensare,
piegare il capo ed incurvar la schiena!"

(certo con la voce di Del Monaco vien meglio ;-) )

ciao
Pietro

--
pietro c

www.maradagalweb.blogspot.com
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9140 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 17:02 Messaggio precedenteMessaggio successivo
luziferszorn  è attualmente disconnesso luziferszorn
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On 16 Dic, 16:14, Domanda <D...@anda.net> wrote:

> La musica sarebbe eterna, il teatro pure, l'opera -come sintesi dei
> due- no.



Il Teatro Musicale vive nella misura in cui tu lo fai vivere nel
contemporaneo; se elimini quello di oggi dal cartellone anche quello
di repertorio accuserà un colpo basso; e non basta una commissione
ogni due anni, ci vuole almeno metà della programmazione focalizzata
sul Novecento, il secondo in particolare. Poi ne riparliamo, se il
Ceronetti scampa come il Dorfles.

lz
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9141 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 17:13 Messaggio precedenteMessaggio successivo
luziferszorn  è attualmente disconnesso luziferszorn
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On 16 Dic, 16:14, Domanda <D...@anda.net> wrote:
>
> L'accusa di Ceronetti sulle nefandezze fumettistiche delle trame mi
> ricorda la critica di quelli che dicono che all'opera i personaggi
> riescono a cantare anche in punto di morte. Ma quanta arte dovremmo
> cestinare se ci basassimo solo su questo criterio? il patto finzionale
> vige all'opera come altrove.


Il problema è l'ideologia del tempo che il teatro musicale
ottocentesco veicola sullo spettatore contemporaneo; si rende
necesaria una interpretazione, esattamente come succede con Pollini
quando suona Chopin, Bach o Beethoven. A me pare talmente semplice la
cosa... Che certi libretti siano reazionari lo sappiamo bene, ma che
ci frega? Anche Dalì spesso lo è. E allora? Bruciamo le tele? Ma
stiamo scherzando?

lz
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9143 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 17:35 Messaggio precedenteMessaggio successivo
sunbather  è attualmente disconnesso sunbather
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Domanda ha scritto:
> hanno senso l'opera e il melodramma al giorno d'oggi?

La risposta è semplice, basta declinare la domanda in un altro campo, per
esempio:

"Ha senso Caravaggio al giorno d'oggi?"

Risposta: ovviamente sì, ma l'arte non deve fermarsi a Caravaggio o a
Giuseppe Verdi. Bisogna naturalmente tener conto del cambiamento del
sistema delle comunicazioni: ai tempi di Caravaggio non c'erano le
riviste, la televisione, il cinema, così come ai tempi di Verdi. Creare
oggigiorno un'opera nello stile ottocentesco può essere anacronistico,
così come dipingere una tela. Nessuno lo vieta, ma probabilmente un
artista troverebbe più consono esprimersi seguendo altri linguaggi e altri
modi di comunicazione.

--

questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad abuse@newsland.it
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9144 è una risposta a message #9143] gio, 16 dicembre 2010 17:38 Messaggio precedenteMessaggio successivo
sunbather  è attualmente disconnesso sunbather
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sunbather ha scritto:
> > hanno senso l'opera e il melodramma al giorno d'oggi?

Dimenticavo: dal punto di vista del fruitore, nessuno si può negare di
rimirarsi un quadro antico o un'opera lirica, ogni tanto, ma - a meno che
non si tratti di uno specialista del ramo - forse la sua scelta dovrebbe
ricadere prevalentemente su autori moderni, a meno che non voglia vivere
al di fuori del proprio tempo (scelta peraltro legittima).

--

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Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9146 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 18:19 Messaggio precedenteMessaggio successivo
ptram  è attualmente disconnesso ptram
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Ciao,

Non rispondo forse nello specifico, ma mi soffermo su un tema che
potrebbe in parte essere attinente alla tua domanda, senza assolutamente
ritenermi in grado di dare una risposta adeguata all'articolazione del
tuo pensiero.

Si è a volte detto che l'interpretazione è traduzione. L'interprete si
fa tramite per lo spettatore del testo antico. Deve scegliere un modo di
leggere il testo musicale, un modo per metterlo in scena. Deve far
passare l'opera da un'epoca (e dal suo tipo di pubblico) ad un'altra
(con un pubblico dotato di _orecchie_ completamente diverse). L'opera a
cui il pubblico assiste non è più quella offerta ai primi spettatori. È
un oggetto su cui si sono stratificati anni o secoli o millenni di
storia (e - per rendere illeggibile il reticolo dimensionale - di
interpretazioni)*.

In alcuni casi, questa trasmigrazione di senso è assolutamente evidente.
Per esempio, nel Mahabharata di Peter Brook e Jean Claude Carrière la
traslazione temporale e spaziale è una vera e propria - inevitabile -
ricreazione. Della parte musicale delle opere dei tre grandi
tragediografi greci non abbiamo che qualche sparsa indicazione, quindi
la messa in scena va _inventata_. E che ne sappiamo delle voci con cui
si cantava il Ludus Danielis?

Ma anche nel caso di opere molto più documentate occorre tradurre,
quindi in parte ricreare. L'operazione che Chereau e Boulez hanno
condotto sulla Tetralogia è paragonabile ad una traduzione radicale, che
porta (come la traduzione di Sofocle da parte di Hölderlin**) ad una più
autentica comprensione dell'essenza del testo. Alla prima del Rheingold
non si poteva leggere le implicazioni classiste implicite in quel testo.
Negli anni '70 del XX secolo non è invece possibile non leggerle (a meno
di non volerlo fare per _ostentato reazionarismo_).

Credo quindi che la rappresentazione di un'opera teatrale in tempi
moderni abbia marcato senso, se la rappresentazione diventa rilettura,
ritraduzione, riscrittura. Ha il senso di una messa in prospettiva della
nostra storia, tanto più forte quanto più l'autore ha avuto la genialità
di vedere e trasmettere un concetto fondativo della nostra civiltà. La
rappresentazione moderna ci permette di vedere il percorso di quei
concetti.

Radicalizzando: i miti di Giobbe e di Isacco non possono esistere
altrettanto bene senza "Il sacrificio" di Tarkovskij, e viceversa. Allo
stesso modo, Wagner senza la traduzione di Chereau e Boulez va bene solo
per i lager. La storia è inevitabile. Dobbiamo fare i conti con le
tracce e i sedimenti che lascia.

Non vorrei opporre (il rischio è evidente) teatro di regia e teatro
filologico. Spesso si passa per filologica la routine, che non
restituisce assolutamente nulla dell'autenticità del testo. William
Christie è altrettanto necessario che Pierre Boulez. Se il XX secolo ci
ha lasciato qualcosa, dovrebbe essere la capacità di effettuare una
lettura a più livelli - l'unica in grado di restituire il senso dello
cose complesse.

Assai meno necessaria è la routine. Che credo sia proprio quella che non
piace a Ceronetti, autore anti-convenzionale (sperimentale senza essere
avanguardista, se posso permettermi di semplificare, ed evidentemente
molto tediato dal ripetersi sempre uguale delle cose).

Ciao,
Paolo



* Al liceo mi hanno fatto studiare la bellissima traduzione dell'Eneide
firmata da Annibal Caro: non ho dunque mai studiato l'Eneide, che ho
potuto scoprire solo una volta imparato a leggere il difficile testo
latino. Ho però potuto leggere (me ne accorgo solo oggi)
l'interpretazione rinascimentale di quel testo antico. Attualizzato,
fatto proprio a quell'epoca, e quindi ancora vivo. (In compenso, credo
che studiare oggi sulla traduzione dell'Annibal Caro come se si
trattasse di leggere Virgilio e non il Caro, sia una delle follie della
scuola).

** Mi riferisco a quanto affermato da Antoine Berman nel suo bel saggio
contenuto ne "La traduzione e la lettera, o l'albergo nella lontananza",
edito da Quodlibet.
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9147 è una risposta a message #9143] gio, 16 dicembre 2010 18:21 Messaggio precedenteMessaggio successivo
ptram  è attualmente disconnesso ptram
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sunbather <sunbather@virgilio.it> wrote:

> La risposta è semplice, basta declinare la domanda in un altro campo, per
> esempio:
> "Ha senso Caravaggio al giorno d'oggi?"

Beh, mi verrebbe da chiedermi: e perché mai? A che serve?
Perlomeno, Mondrian ha fatto bello sfoggio di sé sulle confezioni di una
celebre lacca per capelli, ma Caravaggio?

Ciao,
Paolo
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9154 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 19:56 Messaggio precedenteMessaggio successivo
Zaz!  è attualmente disconnesso Zaz!
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"Domanda" <Dom@anda.net> ha scritto nel messaggio
news:16bkg615t2al6v41iuf52vbvlie9njkbps@4ax.com...
> L'altro thread ha preso una piega che mi interessa poco, e vorrei
> percio' riportare la vostra attenzione sul tema che mi interessa di
> piu': hanno senso l'opera e il melodramma al giorno d'oggi?
> andare a teatro serve solo per sfoggiare vestiti e far salotto o si va
> per altro? e cos'e' questo altro poi: godere della musica come di una
> sinfonia tralasciando la trama e le parole insulse, oppure partecipare
> dello spaccato di vita rappresentato? deve avere una trama
> appassionante? tensione emotiva? si deve trarne una lezione? una
> catarsi? un miglioramento etico/emotivo? una lezione di vita? gli
> eventi "culturali" ci devono servire a qualcosa, tipo farci
> riflettere? devono darci una chiave di lettura piu' acuta per
> analizzare il presente? offrirci strumenti piu' potenti?
> Tendenzialmente un classico e' proprio questo: un
> prodotto/artefatto/creazione appartenente ad altra epoca ma che
> conserva la sua forza in virtu' dei valori universali di cui e'
> portatore. Questo e' quello che ti dicono al liceo e ti ripete pure
> Calvino nel suo "perche' leggere i classici".
> Tutto cio' premesso, veniamo all'articolo di Ceronetti, che ammetto di
> conoscere molto poco, nonostante una persona a me molto vicina gli
> abbia dedicato un saggio ("mentre moriamo. La soffice apocalisse di
> guido ceronetti"
> http://www.iger.org/2004/05/20/la-sfida-della-letteratura/)
>
> Mi sembra che Ceronetti tocchi piu' argomenti, da cui segue la
> varieta' di risposte nel thread principale: retorica della prima e
> degli eventi mondani con dopo-pizza, librettisti, gesti d'artista,
> finanziamenti in tempi di crisi, istituisce gerarchie tra artefatti di
> migliaia di anni fa (che un altro Ceronetti melomane potrebbe definire
> "quattro pietre fatiscenti") e artefatti di altra natura piu' recenti.
> La musica sarebbe eterna, il teatro pure, l'opera -come sintesi dei
> due- no.
> A me interessa parlare di un solo tema: ammettendo che i soldi per
> finanziare i teatri e fare l'opera ci siano (anche perche' altrimenti
> ci ridurremmo a parlare di eventuali gerarchie, sempre soggettive,
> sulle eventuali priorita'), ha senso andare all'opera al giorno
> d'oggi? e' attuale come forma artistica? al di la della
> auto-perpetuazione e conservazione di un repertorio che volenti o no
> fa parte della nostra storia e tradizione, ha senso continuare a
> rappresentare la Traviata? ci puo' essere "soffio di eternita'"
> nell'opera?
> Mi hanno colpito subito due cose: Ceronetti sembra scindere la musica
> dalle parole, attaccando principalmente "le storie" narrate nel
> melodramma. La seconda e' il riferimento al cinema, come qualcuno ha
> notato nel thread principale (e a questo proposito vi suggerisco
> quanto dice Moresco qui http://tinyurl.com/2c9ufda sulla capacita'
> del cinema di staccarsi dalle altre arti e rinascere dal suo
> 'illanguidimento progressivo')
> .
> La terza cosa che mi ha colpito in realta' e' legata ad un'esperienza
> personale di quest'estate: sono stato a vedere, nei resti archeologici
> del parco di Squillace in Calabria, Le Baccanti di Euripide regia di
> Micha Van Hoecke. Non era la prima volta che assistevo alla
> rappresentazione di un classico greco: vado da diversi decenni a
> Siracusa per le rappresentazioni dell'Inda. Ma sono uscito dalle
> Baccanti pensando proprio questo: che senso ha andare ancora a vedere
> uno spettacolo simile? Stessa domanda che mi sono fatto qualche
> settimana fa anche all'uscita del Misantropo di Moliere al Piccolo
> Teatro, regia di Massimo Castri, con Popolizio. Bello spettacolo,
> recitato bene, in alcune parti si puo' anche notare l'attualita' del
> testo, quando si parla di compromessi e della volonta' di piacere e
> compiacere quante piu' persone possibili, dell'adulazione. Ma anche
> li....era un testo vibrante? c'era soffio di eternita'?
> Per cui leggere il titolo dell'articolo di Ceronetti mi ha fatto solo
> piacere, perche' mi ha portato qui a sentire la vostra opinione. Ma mi
> ha colpito che lui stilasse da principio delle classifiche, che
> restano -inevitabilmente- personali.
>
> La mia risposta a Ceronetti e' quella di un melomane, sia chiaro. Vivo
> l'opera come la vivono molti di voi, in maniera viscerale. Io mi sono
> letteralmente "ucciso di opera" tra i 20 e i 30 anni. Non perdevo una
> rappresentazione d'opera, i miei compagni di studi davano esami e io
> mi beavo di aver visto per la quarta volta un'opera alla Scala o non
> prendevo impegni per una diretta importante su Radio3.
> Poi da qualche anno, per una serie di motivi, vado piu' raramente e
> solo in maniera piu' selettiva. E ho anche notato che l'impatto della
> musica e' piu' forte di quanto fosse quando ero ogni sera a teatro:
> non reggo piu' emotivamente, mi ritrovo a piangere come un bimbo
> indifeso al solo ascolto di un brano dal Rigoletto dato per caso alla
> radio. Due giorni fa ho visto la Valchiria di baremboim, e per
> parafrasare Wilde su Balzac, l'addio di Wotan a Brunhilde e' ogni
> volta uno dei momenti piu' tristi della mia vita. Il Tristano di
> qualche anno fa e' stato uno degli eventi piu' sconvolgenti per me.
> Per cui mi sento di dire che Wagner puo' guardare dritto negli occhi
> Marziale e tutti gli altri eroi idolatrati da Ceronetti e non
> rinuncerei ad una scoreggia di Wagner per salvare una pietra
> indistinguibile da un falso invecchiato.
>
> Piu' selettivamente ho detto. Questo vuol dire che ho avvertito una
> carica necrotica in molte cose che prima sarei andato a vedere/sentire
> in quanto 'melomane da loggione'. E ascoltare il tono compassato,
> borghese, saccente, volutamente finto-ironico dei conduttori Radio3 e
> dei loro ascoltatori ormai mi da il voltastomaco (un capitolo a parte
> merita l'aborrevole pratica della lettura degli sms del pubblico. Ma
> ti pare che accendevo la radio se volevo sapere cosa pensa il primo
> per strada?).

quoto
(anche sull'addio di Wotan, uno dei più bei momenti di tutta la storia della
musica)

> Per cui mi sentirei di fare delle differenze: da un lato Don Giovanni,
> Cosi' fan tutte (che Muti defini' "la passarella dell'umanita'",
> Elektra, Falstaff, Otello (cinema allo stato puro) e altri. Dall'altro
> il melodramma dalle belle arie, ma senza alcuna tensione emotiva,
> senza nessun portato di verita'. Quello che Ceronetti chiama
> 'circense'. Ma -di nuovo- si tratta di una classifica personale:
> linda di chamounix, il verdi giovanile, (mi perdoni il dio di Busseto)
> e ...(ognuno ci mette quello che vuole). Ma -per tornare a Ceronetti-
> non mi sentirei di tagliare con l'accetta il melodramma dai brutti
> libretti. Lui cita la traviata della Callas. La piu' grande qualita'
> della callas e' proprio questa secondo me: l'autenticita'. Per cui
> rendeva la Traviata grande proprio perche' in grado di renderla viva e
> credibile.
> "La musica invece è eterna, il teatro è eterno" dice Ceronetti. E le
> Nozze di Figaro cosa sono? un pezzo di paradiso mi sentirei di dire.
> Vi e' soffio di eternita' o no?

e l'Orfeo?
>
> L'accusa di Ceronetti sulle nefandezze fumettistiche delle trame mi
> ricorda la critica di quelli che dicono che all'opera i personaggi
> riescono a cantare anche in punto di morte. Ma quanta arte dovremmo
> cestinare se ci basassimo solo su questo criterio? il patto finzionale
> vige all'opera come altrove.
>
> L'elktra diretta da Abbado anni fa a Firenze: quella mi incolla alla
> sedia piu' degli epigrammi di Catullo recitati da Ceronetti in persona
> (piccola ulteriore parentesi personale: una volta in tv c'era quella
> trasmissione condotta da Scaraffia/cantarella, c'era un quiz,
> Ceronetti leggeva un carme di Catullo, io indovinai l'autore e mi
> mandarono a casa uno scatolone pieno di libri)
>
> Ceronetti sembra parlare di opera dell'800 in particolare: e quella di
> prima che facciamo? e Richard Strauss? Puccini? C'e' piu' solitudine
> nella Madama Butterfly che in tutti i libri degli esistenzialisti del
> 900.
>
> Come il trionfo operistico richiami le ideologie, sinceramente non
> l'ho capito.
>
> Fantastica l'immagine del pubblico in silenzio all'appello di
> Baremboim, ma sarebbe stato chiedere troppo.
>
> Scusate lo sfogo, so che siete qui apposta ;-)

sì, certo, ma non saprei cosa dirti.
Come te, non sono disposta a rinunciare all'opera.
Ovvero, sì, sono disposta a rinunciare all'Anna Bolena di turno senza
problemi.
Ma mai a Wagner, Mozart, Monteverdi, Verdi e anche Puccini e Rossini (anche
se questi ultimi in effetti li ascolto spesso in CD ma non sento molto il
bisogno di vederli in teatro. Troppe Bohème, forse...)
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9155 è una risposta a message #9146] gio, 16 dicembre 2010 19:58 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Paolo Tramannoni" <ptram@despammed.com> ha scritto nel messaggio
news:1jtlsi5.1ow28az1kjugyuN%ptram@despammed.com...
> Non vorrei opporre (il rischio è evidente) teatro di regia e teatro
> filologico. Spesso si passa per filologica la routine, che non
> restituisce assolutamente nulla dell'autenticità del testo. William
> Christie è altrettanto necessario che Pierre Boulez.

beh potevi sceglier meglio
Christie è proprio una semi-ciofeca...

>Se il XX secolo ci
> ha lasciato qualcosa, dovrebbe essere la capacità di effettuare una
> lettura a più livelli - l'unica in grado di restituire il senso dello
> cose complesse.
>
> Assai meno necessaria è la routine. Che credo sia proprio quella che non
> piace a Ceronetti, autore anti-convenzionale (sperimentale senza essere
> avanguardista, se posso permettermi di semplificare, ed evidentemente
> molto tediato dal ripetersi sempre uguale delle cose).

quoto tutto
>
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9176 è una risposta a message #9154] gio, 16 dicembre 2010 22:18 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
news:iedo8p$prl$1@nnrp-beta.newsland.it...

> Come te, non sono disposta a rinunciare all'opera.
> Ovvero, sì, sono disposta a rinunciare all'Anna Bolena di turno senza
> problemi.
> Ma mai a Wagner, Mozart, Monteverdi, Verdi e anche Puccini e Rossini
> (anche se questi ultimi in effetti li ascolto spesso in CD ma non sento
> molto il bisogno di vederli in teatro. Troppe Bohème, forse...)

Ma certo che no. Non bisogna rinunciare a tutto questo.
Quell'articolo va preso per quel che è.
Non tutti scrivono manifesti o proclami.

dR
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9177 è una risposta a message #9133] gio, 16 dicembre 2010 22:36 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Domanda" <Dom@anda.net> ha scritto nel messaggio
news:16bkg615t2al6v41iuf52vbvlie9njkbps@4ax.com...

> Mi hanno colpito subito due cose: Ceronetti sembra scindere la musica
> dalle parole, attaccando principalmente "le storie" narrate nel
> melodramma.

Non credo c'entrino le storie.
La storia (la fabula) è comunque ricostruibile, per lo spettatore. Tant'è
che esistono libretti per i balletti.
Non credo lo disturbi la possibilità mimetica della musica, in senso forte.
A lui non piacciono i versi della librettistica. Li considera enfatici e
stereotipati.
E da questo punto di vista non ha tutti i torti.
Anche se quel materiale, con buona pace di Ceronetti, sopravvive, magari
straniato, nel più grande poeta di fine Ottocento in lingua italiana
(Pascoli) e persino in Montale. Ma è appunto ridotto a materiale.

La seconda e' il riferimento al cinema, come qualcuno ha
> notato nel thread principale (e a questo proposito vi suggerisco
> quanto dice Moresco qui http://tinyurl.com/2c9ufda sulla capacita'
> del cinema di staccarsi dalle altre arti e rinascere dal suo
> 'illanguidimento progressivo')

Molto interessante. Grazie.
La persona che ti è vicina fa una bella domanda (cercherò il suo contributo
su Ceronetti).
La risposta di Moresco, parlo da appassionato e cultore del cinema, è molto
deludente e a parer mio contraddittoria.
Perché non possiamo teorizzare uno "sfondamento a partire dal quale tutto
riprende forma" per poi prima aggiungere che 1) la forma stessa coincide con
il contenuto (grazie tante; non è che siano questioni poco dibattute, da un
paio di secoli a questa parte) e 2) continuare poi a parlare, di fatto, in
senso contenutistico, separando le due cose come fluido e contenitore.
Perché dire che si saccheggia un "giacimento di pensiero" pre-esistente,
significa proprio non capire che vedere la stessa cosa in modo nuovo non è
più vedere la stessa cosa. Certo che la possibilità espressiva del cinema si
gioca qui. Semplicemente, non va fraintesa. Il contenuto non è solo e
necessariamente "quel che si vede". E' ogni volta il vedere stesso, e
l'aporia è data dal fatto che non vedo se non vedo qualcosa...che è qualcosa
proprio perché la vedo così.
Come non va frainteso l'incessante ripresentarsi (che non è ripetersi) del
mito.

dR
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9189 è una risposta a message #9177] ven, 17 dicembre 2010 09:19 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 16 Dic, 22:36, "Shapiro used clothes" <vittorio...@tin.it> wrote:

> > Mi hanno colpito subito due cose: Ceronetti sembra scindere la musica
>> Anche se quel materiale, con buona pace di Ceronetti, sopravvive, magari
> straniato, nel pi grande poeta di fine Ottocento in lingua italiana
> (Pascoli) e persino in Montale. Ma appunto ridotto a materiale.

> dR

Buondi'.
Come solito lettura affrettata, deduzioni strane: avevo letto
"strinato" facendoci su dei ricami mentali.
Detto questo il thread qui ha preso una strada piu' istruttiva,
grazie.
Come per Wagner le cose che ha scritto qualche giorno fa Zazie, che ho
trovato molto interessanti.
K. R.
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9196 è una risposta a message #9189] ven, 17 dicembre 2010 10:42 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Karl Rossmann" <mcl4591trs@libero.it> ha scritto nel messaggio
news:96860ec5-4af5-4049-8445-06e3fc4ff444@v17g2000vbo.googlegroups.com...

> Buondi'.

Ciao. :-)


> Come per Wagner le cose che ha scritto qualche giorno fa Zazie, che ho
> trovato molto interessanti.


Ah, la Zaz è grande.



(quando vuole. LOL, non ho resistito).

dR teppista
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9207 è una risposta a message #9196] ven, 17 dicembre 2010 13:13 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 17 Dic, 10:42, "Shapiro used clothes" <vittorio...@tin.it> wrote:

> Ah, la Zaz è grande.
> (quando vuole. LOL, non ho resistito).

E siccome è una quasi fera allobroga, sempre fortissimamente vuole :)))
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9209 è una risposta a message #9207] ven, 17 dicembre 2010 13:34 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 17 Dic, 13:13, cap <clamar...@gmail.com> wrote:
> On 17 Dic, 10:42, "Shapiro used clothes" <vittorio...@tin.it> wrote:
>
> > Ah, la Zaz è grande.
> > (quando vuole. LOL, non ho resistito).
>
> E siccome è una quasi fera allobroga, sempre fortissimamente vuole :)))

Basta la', non la sapevo astigiana (la facevo teutone). O forse
equivoco?
Ispida lo e' ma sa quel che dice.
ciao
K. R.
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9210 è una risposta a message #9209] ven, 17 dicembre 2010 13:37 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 17 Dic, 13:34, Karl Rossmann <mcl4591...@libero.it> wrote:

> Basta la', non la sapevo astigiana (la facevo teutone). O forse
> equivoco?

Ho scritto "quasi", alludevo ai suoi addentellati francesi ;)

> Ispida lo e' ma sa quel che dice.

Altroché.
Ciao.
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9250 è una risposta a message #9196] ven, 17 dicembre 2010 20:54 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4d0b3066$0$10577$4fafbaef@reader1.news.tin.it...

> Ah, la Zaz è grande.

guarda, siamo sotto Natale e non riesco proprio a versarti quella solita
cifretta sulla quale ci mettiamo sempre d'accordo

>
>
>
> (quando vuole. LOL, non ho resistito).

ah.
Niente cifretta per i prossimi tre anni.
E i topini dalmata te li rivendi da solo.
Ecco!
Re: L'opera ha senso al giorno d'oggi? (era: L'articolo di Ceronetti) (lungo) [messaggio #9251 è una risposta a message #9209] ven, 17 dicembre 2010 20:55 Messaggio precedente
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"Karl Rossmann" <mcl4591trs@libero.it> ha scritto nel messaggio
news:c5d1735b-f1c6-40f6-a28d-a44de13f44b9@c13g2000prc.googlegroups.com...

>(la facevo teutone).

di madre. Nessuno è perfetto, capita anche nelle migliori famiglie.
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