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Volksgeist e Inconscio * [messaggio #102434] mar, 08 aprile 2008 02:16
Solania  è attualmente disconnesso Solania
Messaggi: 85
Registrato: marzo 2008
Member
All'origine del concetto di "Culture" sta una ben strana idea di Inconscio !
Ma andiamo per gradi:

La genesi del concetto di "Culture" ha radici piuttosto lontane.
"VOLKSGEIST" (genio nazionale) fa la sua comparsa nel 1774 nel libro di
Johann G. Herder "Un'altra filosofia della storia", dove questi afferma che
tutte le nazioni della terra hanno un modo di essere unico e insostituibile.
Egli rinvia il Vero, il Bene e il Bello alla loro origine locale.
Ma dietro questa opposizione all'universalismo dei Lumi francesi si
nasconde, in realtà, un piccolo, astioso tedesco antifrancese, antiprussiano
e antistatalista che trae dai motivi tipici della tradizione religiosa
tedesca, per cui ogni popolo nella sua vita spontanea va considerato come
una manifestazione unica e irripetibile della divinità, l'ispirazione per la
sua invettiva ben più politica che filosofica.
Nel 1774 Herder è un franco-tiratore e il pensiero dei Lumi gode,
specialmente nella Prussia di Federico II, di un considerevole prestigio.
Ci vorranno la rotta di Jena e l'occupazione napoleonica perchè l'idea di
VOLKSGEIST spicchi il suo vero volo. La Germania, spezzettata in una
moltitudine di di principati ritrova, davanti alla Francia conquistatrice,
il senso della sua unità. L'esaltazione della identità collettiva compensa
la sconfitta militare e l'avvilente soggezione che ne rappresenta il prezzo.
La nazione si riscatta dalle umiliazioni che sta subendo con la mirabile
scoperta della sua "cultura".

Paradossalmente questo modo di pensare trova poi una solida sponda nella
stessa Francia ad opera dei "tradizionalisti" che non si fanno sfuggire
l'occasione di "vendicarsi" dei torti subiti con la caduta dell'Ancien
Régime, e accusano le tesi rivoluzionarie di essere astratte e di aver
profanato il "genio nazionale"
Joseph de Maistre ne è il portavoce. C'è però da dire che i
tradizionalisti, reazionari, hanno come obiettivo proclamato di chiudere la
sfortunata parentesi storica aperta nel 1789. Teocratici, voglion salvare
il mondo dal disastro fondamentale, la dissoluzione del diritto divino, ma
quello che essi chiamano Dio non è più l'Essere supremo, è la ragione
collettiva. Identificato nella tradizione, attestato nel genio di ciascun
popolo, questo Dio ha disertato la regione celeste di Bene Sovrano per le
contrade oscure e sotterranee dell'INCONSCIO. Egli è ormai collocato al di
qua e non più al di là della intelligenza umana, e orienta le sue azioni,
modella il pensiero di ognuno a sua insaputa, invece di, come il suo
omonimo, comunicare con le sue creature tramite la Rivelazione.
Dio parlava all'uomo con una lingua universale, d'ora in poi parla IN lui la
lingua della sua nazione. Paradossalmente, questo ritorno alla religione
passa attraverso la distruzione della metafisica..
Parlando a nome della religione minacciata, essi anticipano, in effetti, il
nichilismo nietzschiano : non è l'empietà, bensì "il difetto di senso
storico" che costituisce, ai loro occhi, "il peccato originale" della
filosofia. Non è a Dio, quindi, che essi restituiscono le facoltà e le
virtù di cui privano gli attori umani, ma all'anima della nazione.
Questi reazionari accaniti sono degl'inventori loro malgrado. Nella loro
rabbia di ricollocare l'uomo al suo posto, scoprono l'INCONSCIO che opera in
lui e fondano le scienze umane.
I tradizionalisti usciranno ben presto dalla scena politica e intellettuale,
e vi subentreranno immediatamente i filologi, i sociologi e gli storici:
concludendo in favore dell VOLKSGEIST il dibattito tra i due tipi di
nazioni. Gli scienziati, ormai, e non gli ideologi, dichiarano che il
contratto sociale è una finzione, perchè fuori dalla società non esistono
individui autonomi.
Di colpo tutto si capovolge e il razionalismo cambia di campo. Le scienze
dell'INCONSCIO divulgano la logica delle leggi e delle credenze di cui si
facevano beffe imprudentemente i filosofi, prendendo così i Lumi in
flagrante delitto di cecità intellettuale.
Alla veemenza di de Maistre e di Herder succedono i sarcasmi degli eruditi
e, con un capovolgimento ironico, la filosofia subisce la sorte umiliante da
lei inflitta alla religione.

Ora, saltando dalla guerra del 1870 tra la Francia e la Germania per la
conquista dell'Alsazia e della Lorena, di cui queste scaramicce
intellettuali erano state l'antefatto e il substrato, fino al termine della
Seconda Guerra Mondiale che, come già i più avveduti si prefiguravano,
avrebbe portato ad esiti catastrofici questo modo di pensare, veniamo ai
"giorni nostri".

Nel novembre 1945 fu stabilito a Londra l'atto costitutivo
dell'organizzazione delle Nazioni Unite per la scienza e la cultura. Alla
conferenza preparatoria, convocata dai governi del Regno unito e della
Francia, parteciparono i rappresentanti di una quarantina di paesi.
Il nazismo aveva precipitato il mondo nella guerra appoggiandosi interamente
sul despotismo, cioè sulla soppressione della libertà e sull'oscurantismo,
cioè lo sfruttamento del pregiudizio e dell'ignoranza..
Le grandi autorità intellettuali riunite a Londra si riallacciavano
spontaneamente allo spirito dei Lumi.
Essi si attendono da questa cooperazione culturale che essa dia al mondo i
mezzi per resistere vittoriosamente agli assalti contro la dignità
dell'uomo.
Quale uomo ?
Il soggetto astratto e universale della Dichiarazione dei diritti dell'uomo
e del cittadino ?
La realtà incorporea, l'essere senza essere, la creatura senza carne, senza
colore e senza qualità che popola i grandi discorsi universalistici ?
L'individuo, meno tutto ciò che lo distingue ?

Fin dalle prime conferenze dell'Unesco, l'ordine del giorno cambia
IMPERCETTIBILMENTE : la critica dei Lumi prende il posto della critica del
fanatismo.
La rimessa in discussione dell'umanesimo astratto prolunga e radicalizza la
riflessione condotta a Londra sui mezzi atti ad immunizzare il mondo dalle
dottrine tendenti a negare l'unità del genere umano.
Dopo i giuristi e i letterati, sono gli etnologi a recare la loro
testimonianza, ed essi reclamano dall'umanismo lo sforzo supplementare per
essere veramente umano, cioè per inglobare nel rispetto delle persone umane
le forme concrete della loro esistenza.

E CI RISIAMO !!

Lévi-Strauss comincia ritirando ogni valore operativo al concetto di razza
ma, aggiunge subito, non basta distinguere l'eredità sociale dal patrimonio
ereditario, sottrarre gli stili di vita ad ogni predestinazione genetica,
combattere la biologizzazione delle differenze, bisogna anche sapersi
opporre alla loro gerarchizzazione. Le molteplici forme di cui si appropria
l'umanità nel tempo e nello spazio, non possono essere classificate secondo
l'ordine di perfezione crescente: esse non sono i gradini di una scala
trionfale, "gli stadi e le tappe di uno sviluppo unico che, partendo dallo
stesso punto, deve farli convergere verso lo stesso fine". La tentazione di
collocare le comunità umane entro una scala di valori, della quale noi
occupiamo l'apice, è scientificamente altrettanto falsa e altrettanto
moralmente perniciosa quanto la divisione del genere umano in entità
anatomico-fisiologiche chiuse.
Ora, i pensatori dei Lumi hanno, dice Lévi-Strauss, ceduto a questa
tentazione.
Illuminare l'umanità per scongiurare i rischi di recessione nella barbarie :
Lévi-Strauss riprende la solenne ambizione dei fondatori dell'Unesco, ma per
ritorcerla contro la filosofia alla quale costoro rimangono fedeli.
Nel processo intentato alla barbarie, i Lumi seggono ormai sul banco degli
imputati.

Nasce così la "Filosofia della decolonizzazione"

Denunciando l'innata inumanità dell'Umanesimo, e dando la caccia al
particolare, allo storico, al regionale dietro tutto quello che si
attribuisce l'apparenza dell'universalità, la "filosofia della
decolonizzazione" si riallaccia, dunque, a Herder. La stessa scena viene
rappresentata di nuovo ma su un'altra scala. Non è più la Francia ad essere
messa in causa, ma l'Occidente, sia nei suoi rapporti con l'esterno sia
nelle sue regole di funzionamento interno. Però, l'alternativa è identica:
L'UOMO O LE DIFFERENZE, e la filosofia della decolonizzazione combatte
l'etnocentrismo con gli argomenti e i concetti forgiati dal romanticismo
tedesco nella sua lotta contro i Lumi. L'unica differenza è che questo
ritorno alla nozione romantica di cultura è ispirata da una VOLONTA' DI
ESPIAZIONE, odio di sé, curiosi "complessi di colpa" tutti da decifrare ed
analizzare autenticamente nella loro delirante genesi inconscia.
Ma tant'è, e se da un lato la filosofia della decolonizzazione ha aiutato i
popoli del Terzo Mondo ad affrancarsi dalla tavola dei valori nel cui nome
aveva potuto attuarsi l'asservimento e le classi dirigenti dell'Africa e
dell'Asia che avevano interiorizzato lo sguardo del colonizzatore hanno
scoperto un ricorso contro l'alienazione nell'idea che le culture sono
equivalenti, e che ognuna di esse si giustifica all'interno del proprio
contesto, e se milioni di uomini strappati ai loro dei, alla loro terra,
alle loro abitudini, alla loro vita, alla danza, alla saggezza rientravano
in possesso di loro stessi e non erano più dei selvaggi e dei barbari in
attesa della salvezza ma i depositari di una tradizione venerabile, per
altri versi, questa stessa idea, tuttavia, li privava di ogni potere di
fronte alla loro comunità.
Essi non potevano collocarsi al di fuori, al riparo dai suoi imperativi, in
disparte dai suoi costumi, perchè era da quelle sciagure che avevano voluto
liberarsi scuotendo il giogo della colonizzazione.
Accedere all'indipendenza era innanzitutto, per loro, ritrovare la propria
cultura. E' logico che la maggior parte degli stati nati sotto tali auspici
si siano fissati l'obiettivo di concretizzare questa scoperta. Vale a dire
di LEGARE SOLIDAMENTE GLI INDIVIDUI AL COLLETTIVO. Di cimentare l'unità
della nazione. Di garantire senza debolezze l'integrità e la coesione del
corpo sociale. Di vigilare, sotto il nome di cultura a che nessuna critica
intempestiva potesse turbare il CULTO DEI PREGIUDIZI SECOLARI. . In breve di
assicurare il trionfo definitivo dello SPIRITO GREGARIO sulle altre
manifestazioni dello spirito. Non vi era posto per il soggetto collettivo
nella logica coloniale; non vi è, nella logica dell'identità, posto per
l'individuo.
Il governo di PARTITO UNICO è la traduzione politica più adeguata del
concetto di identità culturale.
E la stessa via hanno seguito la maggior parte dei movimenti di liberazione
nazionale.
Se con una regolarità senza increspature, questi movimenti di liberazione
hanno generato dei regimi di oppressione, è perchè, sull'esempio del
romanticismo politico, hanno fondato le relazioni interumane sul modello
mistico della fusione e non su quello giuridico del contratto, e perchè
hanno pensato la libertà come un'attributo COLLETTIVO e mai come patrimonio
individuale.
Il FONDAMENTALISMO è oramai l'ultima espressione del Volksgeist dopo il
crollo degl'ultimi riferimenti alla rivoluzione del proletariato
internazionale.
Nel momento in cui si restituisce all'altro uomo la sua cultura, gli si
toglie la sua libertà : il suo nome proprio si annulla nel nome della sua
comunità, ed egli non è più che un campione, il rappresentante
intercambiabile di una classe particolare di esseri.
Con la scusa di accoglierlo incondizionatamente, gli viene negato ogni
margine di manovra, ogni scappatoia, gli viene interdetta l'originalità e
viene intrappolato insidiosamente nella sua differenza; credendo di passare
dall'uomo astratto all'uomo reale, si sopprime, tra le persone e la
collettività da cui è uscito, il gioco che lasciava sussistere, e che si
sforzava di consolidare perfino l'antropologia dei Lumi; per l'altruismo si
fa dell'Altro un blocco omogeneo e vengono immolati a questa entità gli
"altri" nella loro realtà individuale. Una siffatta esterofilia conduce a
privare gli antichi possedimenti europei della esperienza DEMOCRATICA
europea.
L'identità culturale sostituisce alla arroganza coloniale la paura della
mescolanza, l'ossessione della purezza, il terrore della contaminazione;
cioè il FANATISMO fondamentalista.
Il razzismo fondato sulla differenza scaccia il razzismo inegualitario degli
antichi coloni.

La parola RAZZISMO, in effetti, è ingannevole :
riunisce sotto una unica etichetta due comportamenti la cui genesi, logica e
motivazioni sono completamente dissimili.
Il primo pone su una stessa scala di valori l'insieme delle nazioni che
popolano la terra.
Il secondo proclama l'incommensurabilità delle maniere di essere.
Il primo gerarchizza le mentalità.
Il secondo polverizza l'unità del genere umano.
Il primo converte ogni differenza in inferiorità.
Il secondo afferma il carattere assoluto, insuperabile, incontrovertibile
delle differenze.
Il primo classifica.
Il secondo separa..
Per il primo non si può essere persiano, mentre agli occhi del secondo non
si può essere uomo, perchè tra il Persiano e l'Europeo non vi è una comune
misura umana.
Il primo dichiara che la civiltà è una.
Il secondo che le etnie sono multiple e non comparabili.
Se il colonialismo è la conclusione del primo, il secondo culmina
nell'hitlerismo.
Con la sostituzione all'argomento biologico dell'argomento culturale, il
razzismo non è stato distrutto: è semplicemente ritornato alla casella di
partenza.

Ma per concludere...e l'Unesco cosa fa per tutto questo ?
Nulla.
A una parziale ritrattazione di Lévi-Strauss che restituiva alla "razza" una
parziale legittimità, l'Unesco, zelantemente lo accusava di eresia e dopo
aver chiamato la scienza alla riscossa scomunica quella parte della
produzione scientifica ribelle al suo catechismo poi, non paga, perfeziona
l'errore spingendo ulteriormente quei popoli verso la Volsgeist, cultura
come origine, a scapito della Bildung, cultura come compito..
E da noi ?
"Un insegnamento armonioso deve poter conciliare l'universalismo inerente al
pensiero scientifico (sic!...povero orfanello) e il relativismo insegnato
dalle scienze(doppio sic..) umane attente alla pluralità dei modi di vita ,
della sapienza, delle sensibilità culturali"
Da suicidio.......

Ma si diceva, all'inizio, della ben strana idea di Inconscio che sta dietro
al concetto di Culture.
Ora, io non vorrei sembrar polemico più del dovuto, ma, sebben che io faccia
lo psicoanalista da ormai una trentina d'anni, sinceramente, in quella
ciofeca di cui parlano quei soloni, io, purtroppo, non mi ci ritrovo.
Ma di quale Inconscio stanno parlando ?
Quello del '45, quando hanno avuto quelle belle pensate ?
Non voglio dire che da allora sia cambiato enormemente, ma qualcosina è
progredita nella sua conoscenza.
Giusto un rimbambito lo può concepire in maniera tanto DETERMINISTICA, tanto
"bidone della spazzatura", tanto "morticino ed ebete", privo di qualunque
"spirito vitale", creatività e non saprei che altro dire.
Ma qualcuno, gentilmente, senza essere inibito dal fatto che io sarei un
professionista in materia,...qualcuno, dicevo, ha la gentilezza di
spiegarmelo, perchè, io, quello lì, mica lo conosco !! 8o((

*
Liberamente tratto da :
Alain Finkielkraut
"La sconfitta del pensiero"
Ed. Lucarini 1989
Argomento precedente:Culture & "cultura"
Argomento successivo:La filosofia di coppia e' antievoluzionistica ?
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