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Pollini a Londra [messaggio #11431] mer, 02 febbraio 2011 17:48 Messaggio successivo
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Mica piaciuto tanto...
Articolo di ieri sul Financial Times
(mi scuso se copincollo, ma non c'è link, il FT completo è a pagamento)

Maurizio Pollini

By Richard Fairman

Published: February 1 2011 18:19 | Last updated: February 1 2011 18:19

Royal Festival Hall, London

One participant in this recital was making a debut appearance in London and
it was not the pianist. Maurizio Pollini has been a regular visitor to the
city for the best part of 40 years, but his new piano - a Steinway concert
grand modified by the Italian piano technician Angelo Fabbrini - was making
the journey for the first time.

This was the opening event of the "Pollini Project" in London. Originally
conceived back in 1995 for Salzburg, the concept has been reformulated for
various cities since, but each time Pollini devises a series of recital
programmes that offer an overview - dare one say summation? - of his
artistry. In London, this means five recitals in the next five months,
spanning 250 years of the piano repertoire.

He began on Friday with Bach, not a composer Pollini has played here often.
His ability to distil the intellectual essence of the first book of Das
wohltemperierte Klavier was never in doubt, but without the recreative fire
of Tatyana Nikolayeva or the varied insights of specialist Bach players such
as Andras Schiff or Angela Hewitt, would he have enough to say?

The evening did not begin well. The audience was restless and Pollini could
not resist humming along with the tenor entries in the fugues. The sound he
drew from his Steinway-Fabbrini was strikingly lucid, but in the faster
music he kept setting hasty speeds that were too rigid and left him
scrambling to fit in all the notes. It was midway through the first half
before he cast any kind of spell: the E flat minor Prelude sang with a
chaste cantilena that could only have come from an Italian.

From there the recital aspired to a higher level. In smaller pieces, at
least, the ever cool, rational Pollini showed how observing from afar might
bring simple but penetrating insights. The G minor Fugue found a barely
tangible softness at its centre, the B flat major Prelude a crystalline
beauty; but, while a piece such as the great B flat minor Fugue aimed for
understated power, like all the longer movements it ended up plodding
dogmatically to its conclusion. This first instalment of the "Pollini
Project" sometimes felt more like duty than pleasure.





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Re: Pollini a Londra [messaggio #11435 è una risposta a message #11431] mer, 02 febbraio 2011 18:41 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
news:iic1ub$spj$1@nnrp-beta.newsland.it...

> Mica piaciuto tanto...

Ho l'impressione che abbia entusiasmato poco lo strumento, a prescindere.
Mettiamoci pure una serata storta da parte del grande Maurizio. Può
succedere, persino a Lui.
Per il resto... fermo restando che bisognerebbe aver sentito il concerto,
pare che il metro di giudizio dei musicofili inglesi sia quello che affiora
anche dalla lettura delle riviste specializzate in discografia; di questo si
può parlare anche senza essere stati presenti alla serata, affiora dalla
qualità delle argomentazioni. E non è granché, detto imho. Il metro di
giudizio sembrano essere la Hewitt (pianista interessante, ma siamo sicuri
che sia, allo stato degli atti, una grande interprete?) e al limite Schiff
(ho già dato, ma qui è il caso di dire che il suo WTK è un po' meglio del
resto, una volta scesi a patti con l'idea vezzosa del fraseggiare che non lo
abbandona praticamente mai), qui proposti come grandi interpreti bachiani al
pianoforte; insomma, è determinante che l'incisione sia recente e realizzata
con un certo tipo di tecnica. Verrebbe il tangibile sospetto che la critica
sia "serva obbediente" dell'industria discografica. Non è neppure così
originale il riferimento alla Nikolayeva. Ehm, qualcuno si ricorda di un
certo Sviatoslav?

Per il resto, l'idea che le scelte di tempo siano poco flessibili è quella
che si ricava anche dall'incisione discografica, ed è un tantino
superficiale (sarei curioso di vedere come reagirebbero ai tempi di Richter,
questo sconosciuto compaesano della grande Nikolayeva, appunto).
La cosa divertente è che scassano tanto, e penso ancora al suono dello
strumento, e poi pubblicano e comprano tutti quei dischi della Decca, in cui
il pianoforte sembra un po' tutto, anche un gong e un tam tam, a volte
persino un pianoforte...

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11445 è una risposta a message #11435] mer, 02 febbraio 2011 20:34 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
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>
> "Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
> news:iic1ub$spj$1@nnrp-beta.newsland.it...
>
>> Mica piaciuto tanto...
>
> Ho l'impressione che abbia entusiasmato poco lo strumento, a prescindere.
> Mettiamoci pure una serata storta da parte del grande Maurizio. Può
> succedere, persino a Lui.

oddio, il suo CD del primo libro del WTC i n Francia è stato massacrato.
Non penso sia una questione di strumento, francamente.

> Per il resto... fermo restando che bisognerebbe aver sentito il concerto,
> pare che il metro di giudizio dei musicofili inglesi sia quello che
> affiora anche dalla lettura delle riviste specializzate in discografia; di
> questo si può parlare anche senza essere stati presenti alla serata,
> affiora dalla qualità delle argomentazioni. E non è granché, detto imho.
> Il metro di giudizio sembrano essere la Hewitt (pianista interessante, ma
> siamo sicuri che sia, allo stato degli atti, una grande interprete?) e al
> limite Schiff (ho già dato, ma qui è il caso di dire che il suo WTK è un
> po' meglio del resto, una volta scesi a patti con l'idea vezzosa del
> fraseggiare che non lo abbandona praticamente mai), qui proposti come
> grandi interpreti bachiani al pianoforte; insomma, è determinante che
> l'incisione sia recente e realizzata con un certo tipo di tecnica.
> Verrebbe il tangibile sospetto che la critica sia "serva obbediente"
> dell'industria discografica.

ah beh, questo a prescindere.
La critica è inesistente, è sempre appiattita su qualcosa

>Non è neppure così originale il riferimento alla Nikolayeva. Ehm, qualcuno
>si ricorda di un certo Sviatoslav?
>
> Per il resto, l'idea che le scelte di tempo siano poco flessibili è quella
> che si ricava anche dall'incisione discografica, ed è un tantino
> superficiale (sarei curioso di vedere come reagirebbero ai tempi di
> Richter, questo sconosciuto compaesano della grande Nikolayeva, appunto).
> La cosa divertente è che scassano tanto, e penso ancora al suono dello
> strumento, e poi pubblicano e comprano tutti quei dischi della Decca, in
> cui il pianoforte sembra un po' tutto, anche un gong e un tam tam, a
> volte persino un pianoforte...

vabbé. Però il CD rimane un'oscenità, con permesso.
Pasticciato. Problemi tecnici, diciamo le cose come stanno.
I quali affiorano anche da una o due righette dell'amico britannico, che non
vuole dirla tutta.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11449 è una risposta a message #11445] mer, 02 febbraio 2011 22:02 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
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> I quali affiorano anche da una o due righette dell'amico britannico, che
> non vuole dirla tutta.

Sì.
Non contesto.

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11453 è una risposta a message #11435] mer, 02 febbraio 2011 22:13 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Shapiro used clothes ha pensato forte :

> Ho l'impressione che abbia entusiasmato poco lo strumento, a prescindere.
> Mettiamoci pure una serata storta da parte del grande Maurizio. Può
> succedere, persino a Lui.

Già detta la mia all'epoca dell'uscita del disco, e anche all'epoca del
concerto qui all'Aquila, dove portava proprio metà primo libro del
CBT1.
Pollini ha qualche problema tecnico, soprattutto di ritmo. Sceglie a
volte tempi che gli capita di non riuscire a tenere con precisione, e
tende ad esagerare col pedale. Questo viene fuori dal disco,
chiaramente.
Però c'è anche molto altro, che viene in parte fuori da quel disco, ma
soprattutto viene fuori dal vivo: è un CBT che respira di un'aria
completamente diversa dalla grande maggioranza dei CBT che abbiamo.
Evidentemente è un CBT distantissimo rispetto a quello della Hewitt,
che ha proprio una concezione diversissima di Bach.
Quello di Pollini è un CBT austero, addirittura severo, ma sempre
dominato da una tensione emotiva raramente riscontrabile nelle
interpretazioni bachiane che io conosco. Insomma, come scrissi, forse è
il CBT che avrebbe suonato Beethoven. E in questo, forse, ci sta anche
di lasciar stare qualche "fuga" di Pollini dal seminato.
Che Pollini abbia avuto una tecnica straordinaria, lo sappiamo tutti. A
chi importa, ormai, vederlo suonare perfettamente ogni nota. A me no.
Qui all'Aquila è stato semplicemente perfetto in alcuni preludi anche
impegnativi, e invece è stato addirittura "sporco" in altri preludi e
fughe, dove però era percepibile una tensione davvero incredibile
(penso al bis in Sol maggiore, clamoroso, secondo me).

Tutto questo, tra l'altro, è addirittura comico, se ripensiamo al fatto
che per gran parte dei critici Pollini è sempre stato quel freddo
pianista senza emozioni.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11454 è una risposta a message #11453] mer, 02 febbraio 2011 22:16 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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L'Esattore ha usato la sua tastiera per scrivere :

> Tutto questo, tra l'altro, è addirittura comico, se ripensiamo al fatto che
> per gran parte dei critici Pollini è sempre stato quel freddo pianista senza
> emozioni.

ah, dimenticavo: è verissimo che ormai Pollini fa un casino infinito
mentre suona. Canticchia, e lo sappiamo, ma soprattutto respira
fortissimo. Ma davvero davvero fortissimo. Può dare certamente
fastidio, ma se uno è abituato ad ascoltare Gould quasi ne è felice.
Non voglio dire che sia piacevole farsi "distrarre" da altro che non
siano le note, ma secondo me fa parte dell'esperienza derivante da un
concerto dal vivo vedere l'esecutore che "vive" la sua stessa
esecuzione.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11455 è una risposta a message #11431] mer, 02 febbraio 2011 22:37 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Il 02/02/2011, Zaz! ha detto :
> Mica piaciuto tanto...
> Articolo di ieri sul Financial Times
> (mi scuso se copincollo, ma non c'è link, il FT completo è a pagamento)


per tagliare la testa al toro, ecco un piccolissimo estratto dal
concerto all'Aquila.
Primo preludio e preludio e fuga in Sol maggiore (bis).

Io direi che il primo preludio è eccezionale, migliore di quello nel
disco, e vi assicuro che il suono, dal vivo, era infinitamente migliore
pur nella pessima acustica del luogo. Tanto pedale, ma non sembrava.

Invece sul preludio e fuga in Sol maggiore ci sarebbe da dire. Intanto,
sono bis offerti dopo un'ora abbondante ininterrotta di concerto, dopo
già un primo bis sostanzioso (l'ultima, lunga fuga).
In questo modo è comprensibile vedere come Pollini riesce con
difficoltà a tenere il tempo nel preludio, che infatti gli scappa.
Invece la fuga, che pure certamente non brilla per precisione, secondo
me è davvero molto bella, vi si riscontra quella tensione emotiva di
cui parlo nei post più sotto e che molto di raro si incontra nelle
incisioni del CBT. Nota: il suono sembra particolarmente confuso, ma
questo è dovuto in gran parte dovuto alla registrazione scadente.

E' chiaro che il tutto è una mia opinione :)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11456 è una risposta a message #11455] mer, 02 febbraio 2011 22:38 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Nel suo scritto precedente, L'Esattore ha sostenuto :

> per tagliare la testa al toro, ecco un piccolissimo estratto dal concerto
> all'Aquila.
> Primo preludio e preludio e fuga in Sol maggiore (bis).

http://depositfiles.com/en/files/r7ao14hit

avevo dimenticato il link.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11458 è una risposta a message #11453] mer, 02 febbraio 2011 22:49 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"L'Esattore" <vdeiuliis@NOSPAMsupereva.it> ha scritto nel messaggio
news:4d49c90c$0$1340$4fafbaef@reader2.news.tin.it...

> Pollini ha qualche problema tecnico, soprattutto di ritmo.

non capisco i tempi che prende

>Sceglie a volte tempi che gli capita di non riuscire a tenere con
>precisione, e tende ad esagerare col pedale. Questo viene fuori dal disco,
>chiaramente.

ecco


> Però c'è anche molto altro, che viene in parte fuori da quel disco, ma
> soprattutto viene fuori dal vivo: è un CBT che respira di un'aria
> completamente diversa dalla grande maggioranza dei CBT che abbiamo.
> Evidentemente è un CBT distantissimo rispetto a quello della Hewitt, che
> ha proprio una concezione diversissima di Bach.
> Quello di Pollini è un CBT austero, addirittura severo, ma sempre dominato
> da una tensione emotiva raramente riscontrabile nelle interpretazioni
> bachiane che io conosco. Insomma, come scrissi, forse è il CBT che avrebbe
> suonato Beethoven. E in questo, forse, ci sta anche di lasciar stare
> qualche "fuga" di Pollini dal seminato.
> Che Pollini abbia avuto una tecnica straordinaria, lo sappiamo tutti. A
> chi importa, ormai, vederlo suonare perfettamente ogni nota. A me no.

non è la tecnica che conta.
Dipende però, se viene veicolata un'idea o meno con questa tecnica.
Insomma, a me sembra che perda il filo ogni due per tre.

> Qui all'Aquila è stato semplicemente perfetto in alcuni preludi anche
> impegnativi, e invece è stato addirittura "sporco" in altri preludi e
> fughe, dove però era percepibile una tensione davvero incredibile (penso
> al bis in Sol maggiore, clamoroso, secondo me).
>
> Tutto questo, tra l'altro, è addirittura comico, se ripensiamo al fatto
> che per gran parte dei critici Pollini è sempre stato quel freddo pianista
> senza emozioni.

vabbé, questa è una cazzata pazzesca
Re: Pollini a Londra [messaggio #11466 è una risposta a message #11454] mer, 02 febbraio 2011 23:15 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"L'Esattore" <vdeiuliis@NOSPAMsupereva.it> ha scritto nel messaggio
news:4d49c9be$0$1337$4fafbaef@reader2.news.tin.it...

> fastidio, ma se uno è abituato ad ascoltare Gould quasi ne è felice.

Lasciami dire una cosa faziosissima : c'è chi suona il WTK al clavicembalo
(o al clavicordo, va da sé; ho anche sentito Robert Hill in un paio di pezzi
al fortepiano, e non era affatto male), e va bene.
C'è chi lo suona al pianoforte. Storicamente non difendibile, è una
posizione che ha una sua ragione di essere. Pollini sta in questa categoria,
con molti altri (tutta una tradizione). Non tutti brillantissimi in effetti;
a quanto pare a chi frequenta queste incisioni sta più a cuore, da sempre,
la tensione che la precisione. Penso a Edwin Fischer (sicuramente Pollini
non è più falloso di lui). Per me il più grande di questa categoria resta, e
credo resterà per un bel pezzo, Richter. Non per motivi tecnici (peraltro
domina ogni pezzo in modo impressionante).
Poi ci sono Gould e la Tureck. Categoria a parte, imho. Non perché siano
necessariamente più bravi degli altri. Perché sono diversi. Diversissimi. E
basta.
In sintesi: ci sono tre categorie: clavicembalo, pianoforte e i due alieni
nordamericani. Ai quali ultimi va tutta la mia simpatia.
Il discorso su mugolii e amenità varie lo lascio ai redattori di
ClassicToday. Se devo sentire una versione che mi risulta mediocre solo
perché è registrata impeccabilmente...mi tengo, piuttosto, anche la Tureck
del '52-'53 (che è semplicemente grandiosa, imho superiore alla Tureck anni
settanta).
Per il clavicembalo il discorso è diverso: un'ottima versione ben registrata
c'è, quella di Leonhardt imho.
In attesa di Christophe Rousset...

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11512 è una risposta a message #11466] gio, 03 febbraio 2011 15:45 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4d49d79f$0$1371$4fafbaef@reader1.news.tin.it...

> C'è chi lo suona al pianoforte. Storicamente non difendibile, è una
> posizione che ha una sua ragione di essere.

perché non dovrebbe essere difendibile?
Sarà non difendibile suonare Couperin sul pianoforte, perché è musica
pensata per un altro strumento, ma il WTC funziona bene sul pianoforte.
Non viene alterato nessun parametro fondamentale della composizione
(ovviamente se l'interprete non è un pazzo :-)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11518 è una risposta a message #11512] gio, 03 febbraio 2011 16:20 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Zaz! ha scritto:
> ma il WTC funziona bene sul pianoforte.
Infatti. Altrimenti invece di WTK si sarebbe chiamato WT + vattene alla
pesca.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11526 è una risposta a message #11518] gio, 03 febbraio 2011 20:11 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Tino" <.@.> ha scritto nel messaggio news:iieh41$f08$1@speranza.aioe.org...
> Zaz! ha scritto:
>> ma il WTC funziona bene sul pianoforte.

> Infatti. Altrimenti invece di WTK si sarebbe chiamato WT + vattene alla
> pesca.

non esseve vovgave!
Re: Pollini a Londra [messaggio #11539 è una risposta a message #11512] gio, 03 febbraio 2011 21:50 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
news:iieft2$ar8$2@nnrp-beta.newsland.it...

> perché non dovrebbe essere difendibile?

"Storicamente" non è difendibile. Nella fase culturale in cui ci troviamo è
ormai diffusa una consapevolezza filologica del suono accanto a quella del
testo. Se l'obiettivo è la massima approssimazione possibile alle intenzioni
di Bach e alla pratica del suo tempo, il pianoforte non è utilizzabile,
temo.
Esteticamente è difendibilissimo, imho. Anzi, se fatto bene è decisamente
bello (non sono mai stato uno storicista indefesso, neppure in campo
letterario).

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11541 è una risposta a message #11518] gio, 03 febbraio 2011 21:57 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Tino" <.@.> ha scritto nel messaggio news:iieh41$f08$1@speranza.aioe.org...

> Infatti. Altrimenti invece di WTK si sarebbe chiamato WT + vattene alla
> pesca.

Beh, insomma.
Klavier, che io sappia, indica la tastiera. Gli strumenti a tastiera
ragionevolmente disponibili all'epoca erano il clavicembalo e il clavicordo,
oltre all'organo.

Figura bene anche sul pianoforte, diciamo.
Questo giusto per spendere due parole per il gusto della correttezza (la Zaz
mi correggerà, nel caso).
Se parliamo di preferenze personali, ne avrò sei o sette registrazioni e
sono una è al clavicembalo. Nessuna al clavicordo.
E non mi vergogno neppure.

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11546 è una risposta a message #11541] gio, 03 febbraio 2011 22:31 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Shapiro used clothes ha scritto:
> clavicembalo e il clavicordo, oltre all'organo
quel titolo va oltre questi tre strumenti ed i pianisti ne hanno
confermato l'intenzione.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11548 è una risposta a message #11541] gio, 03 febbraio 2011 22:35 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Shapiro used clothes <vittoriocol@tin.it> wrote:

> Klavier, che io sappia, indica la tastiera. Gli strumenti a tastiera
> ragionevolmente disponibili all'epoca erano il clavicembalo e il clavicordo,
> oltre all'organo.

Bach un pianoforte ce lo ebbe in casa, quando Silbermann gli chiese di
fare da suo agente commerciale. Mi sembra se ne parli nel Basso (che non
posso consultare). Ricordo anche la notizia che Bach non apprezzasse
particolarmente il suono dello strumento, quindi il rapporto tra il re
dei compositori e il re degli strumenti non ebbe seguito.

Per cui, se Bach non ha scritto per pianoforte non è tanto perché non
fosse una delle possibilità dell'epoca, quanto per una sua distanza da
quello strumento. Mi viene da sospettare, però, che le possibilità di
quello strumento gli fossero costantemente presenti, e che quindi la
tentazione di scrivere un po' per tutti gli strumenti a tastiera
(compreso il pianoforte) potesse toccarlo durante la redazione del WTK.

Non dimentichiamoci che Bach è il massimo compositore cattolico. Quindi
perché non può essere anche un sommo compositore di opere pianistiche?

Ciao,
Paolo
Re: Pollini a Londra [messaggio #11549 è una risposta a message #11458] gio, 03 febbraio 2011 22:50 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 2 Feb, 22:49, "Zaz!" <z...@zaz.com> wrote:
>
> > Tutto questo, tra l'altro, è addirittura comico, se ripensiamo al fatto
> > che per gran parte dei critici Pollini è sempre stato quel freddo pianista
> > senza emozioni.
>
> vabbé, questa è una cazzata pazzesca


Mah, il suo Chopin è troppo poco eccitato. Non a caso mi risulta non
abbia mai suonato Skriabin.

lz
Re: Pollini a Londra [messaggio #11552 è una risposta a message #11548] gio, 03 febbraio 2011 23:02 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Paolo Tramannoni ha spiegato il 03/02/2011 :

> Bach un pianoforte ce lo ebbe in casa, quando Silbermann gli chiese di
> fare da suo agente commerciale.

sì, questo si legge un po' ovunque, nelle presentazioni del CBT o nelle
biografie bachiane.
Però, voglio dire, quanto era quel pianoforte vicino al pianoforte come
oggi lo conosciamo? O almeno al pianoforte di Beethoven...
Re: Pollini a Londra [messaggio #11553 è una risposta a message #11548] gio, 03 febbraio 2011 23:03 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Paolo Tramannoni" <ptram@despammed.com> ha scritto nel messaggio
news:1jw4iyb.14mn0vx1weor4iN%ptram@despammed.com...

> Per cui, se Bach non ha scritto per pianoforte non è tanto perché non
> fosse una delle possibilità dell'epoca, quanto per una sua distanza da
> quello strumento.

Il "ragionevolmente" l'ho messo proprio per quello.
Se ricordo bene, e se quel che ricordo non è una leggenda, uno dei due
Ricercare dell'Offerta Musicale fu improvvisato su un fortepiano.
Presumibilmente quello strumento era assai differente non solo dai
pianoforti che conosciamo noi (il che è un'ovvietà assoluta) ma anche dagli
strumenti più perfezionati che alcuni decenni dopo poterono impiegare Mozart
e Haydn. Non penso sia una base sufficiente per decidere se a Bach piacesse
o meno il fortepiano, insomma. Sbaglierò, eh.
E neppure credo che in termini di diffusione, anche casalinga, potesse
rivaleggiare con clavicordo e clavicembalo, a quell'altezza cronologica (nel
caso di WTK addirittura prima).


> Non dimentichiamoci che Bach è il massimo compositore cattolico. Quindi
> perché non può essere anche un sommo compositore di opere pianistiche?

Sono convinto da sempre (per quel che può valere la convinzione di un
appassionato ultradilettante) che la sua musica riesca benissimo, sul
pianoforte. Tutto dipende dalla qualità del pianista.

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11554 è una risposta a message #11549] gio, 03 febbraio 2011 23:03 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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luziferszorn ci ha detto :

> Mah, il suo Chopin è troppo poco eccitato.

più eccitato di così si muore (d'infarto).
Re: Pollini a Londra [messaggio #11555 è una risposta a message #11546] gio, 03 febbraio 2011 23:04 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Tino" <.@.> ha scritto nel messaggio news:iif6qt$7aj$1@speranza.aioe.org...

> quel titolo va oltre questi tre strumenti ed i pianisti ne hanno
> confermato l'intenzione.

Mi dispiace: non sono uno storicista accanito, ma neppure la fantastoria mi
piace particolarmente.

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11557 è una risposta a message #11554] gio, 03 febbraio 2011 23:19 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 3 Feb, 23:03, L'Esattore <vdeiul...@NOSPAMsupereva.it> wrote:
> luziferszorn ci ha detto :
>
> > Mah, il suo Chopin troppo poco eccitato.
>
> pi eccitato di cos si muore (d'infarto).



mi sa che tu sei parecchio delicato di cuore.......

lz
Re: Pollini a Londra [messaggio #11595 è una risposta a message #11539] ven, 04 febbraio 2011 21:17 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4d4b14fd$0$1356$4fafbaef@reader1.news.tin.it...
>
> "Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
> news:iieft2$ar8$2@nnrp-beta.newsland.it...
>
>> perché non dovrebbe essere difendibile?
>
> "Storicamente" non è difendibile.

mah.

>Nella fase culturale in cui ci troviamo è ormai diffusa una consapevolezza
>filologica del suono accanto a quella del testo.

la consapevolezza filologica si basa sulla certezza che lo strumento
prescelto possieda delle capacità dinamiche, agogiche, di articolazione, e
un timbro o altro che lo renda idoneo a veicolare l'idea (più vicina
possibile) del compositore.
Ora, il WTC è uno di quei rari casi in cui "filologicamente" parlando, va
bene anche il pianoforte. Il quale, se usato bene, non altera la struttura
del brano né le sue peculiarità.


>Se l'obiettivo è la massima approssimazione possibile alle intenzioni di
>Bach e alla pratica del suo tempo, il pianoforte non è utilizzabile, temo.

Non mi piace molto questa visione della filologia come di una scienza
museale, scusami :-)
La filologia serve per rendere omaggio al testo. La musica di Chopin, ad
esempio, verrebbe massacrata da una chitarra (anche esistono delle
trascrizioni dignitose di alcuni valzer). Perché alcuni parametri del
pianoforte sono indispensabili in quanto strutturali e pensati proprio così
da Chopin.
Ma non nel WTC
La filologia, in altre parole, non coincide con la ricostruzione storica. Ma
solo con la fedeltà al testo, a parer mio. Non si altera la fedeltà al testo
se si suona il WTC col pianoforte (bisogna però sapersi limitare e saperlo
suonare).
Si altera se si suona Monteverdi con corni e ottavini...:-)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11596 è una risposta a message #11549] ven, 04 febbraio 2011 21:18 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 2 Feb, 22:49, "Zaz!" <z...@zaz.com> wrote:

>Mah, il suo Chopin è troppo poco eccitato.

tu sei o matto o sordo :-)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11603 è una risposta a message #11596] ven, 04 febbraio 2011 22:01 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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>
> "luziferszorn" <pan25712@gmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:8f213c6a-2f73-49b3-833a-d7eb80e1c818@u24g2000prn.googlegroups.com...
> On 2 Feb, 22:49, "Zaz!" <z...@zaz.com> wrote:
>
>>Mah, il suo Chopin è troppo poco eccitato.
>
> tu sei o matto o sordo :-)
>
>

Si può essere anche tutti e due contemporaneamente! ;-)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11605 è una risposta a message #11603] ven, 04 febbraio 2011 22:07 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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>>
>> "luziferszorn" <pan25712@gmail.com> ha scritto nel messaggio
>> news:8f213c6a-2f73-49b3-833a-d7eb80e1c818@u24g2000prn.googlegroups.com...
>> On 2 Feb, 22:49, "Zaz!" <z...@zaz.com> wrote:
>>
>>>Mah, il suo Chopin è troppo poco eccitato.
>>
>> tu sei o matto o sordo :-)
>>
>>
>
> Si può essere anche tutti e due contemporaneamente! ;-)

beh, volevo esser cortese :-)))
Re: Pollini a Londra [messaggio #11609 è una risposta a message #11595] ven, 04 febbraio 2011 22:27 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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> la consapevolezza filologica si basa sulla certezza che lo strumento
> prescelto possieda delle capacità dinamiche, agogiche, di articolazione, e
> un timbro o altro che lo renda idoneo a veicolare l'idea (più vicina
> possibile) del compositore.
> Ora, il WTC è uno di quei rari casi in cui "filologicamente" parlando, va
> bene anche il pianoforte. Il quale, se usato bene, non altera la struttura
> del brano né le sue peculiarità.

Ho scritto una cosa del genere qualche annetto fa (vabbé, meno chiara, assai
meno professionale...con te non c'è gara) e me ne avete dette, in cinque o
sei. Bisogna però riconoscere che la più accanita non eri tu. Anzi. In
effetti un discorso simile a quello di oggi l'hai già fatto (nel 2007, ora
non ricordo il mese; i principali thread sull'argomento, con la vivissima
partecipazione di Mario Martinoli, sono di fine 2001 inizio 2002).
Quel che hai scritto non potrebbe trovarmi, per quel che può valere la mia
opinione da profano, più consenziente.
Semplicemente ripetevo quel che mi è stato insegnato.
Ho sempre avuto, un po' immodestamente, l'idea che conti più in modo in cui
si capisce la musica di Bach, e la scelta che si fa fra le risorse (assai
vaste) del pianoforte per renderla al meglio che la scelta dello strumento
in senso "passivo".
Bisogna però anche aggiungere che probabilmente Bach non immaginava il suono
di un pianoforte, scrivendo la sua musica. E' un argomento di un certo peso,
mi pare, ho sempre fatto un po' fatica a scavalcarlo (nei thread me la cavo
con una tirata vagamente gadameriana, sottolineando il carattere non
esaustivo di qualsiasi esecuzione in quanto riattualizzazione e rilettura).

> Non mi piace molto questa visione della filologia come di una scienza
> museale, scusami :-)

Neanche a me.
Non è una mia scelta, però. E' quel che si legge. Anche su questi schermi.
Mi piace poco la museificazione della filologia pure quando si tratta di
testi letterari, figurati (in quei casi si espleta in un altro modo, la
museificazione; è poco frequente, ma c'è).

> La filologia serve per rendere omaggio al testo.

'nzomma.
Mi viene da tirare un bell'affondo finale, non a te ma a un certo modo di
intendere la parola.
Anche su questi schermi, e non da parte di appassionati come me.

> La filologia, in altre parole, non coincide con la ricostruzione storica.
> Ma solo con la fedeltà al testo, a parer mio. Non si altera la fedeltà al
> testo se si suona il WTC col pianoforte (bisogna però sapersi limitare e
> saperlo suonare).

Fra i professionisti di questo ng non siete in molti a pensarla così.
Perlomeno non eravate in molti.
Per me va benissimo.

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11626 è una risposta a message #11609] sab, 05 febbraio 2011 14:23 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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> "Zaz!" <zaz@zaz.com> ha scritto nel messaggio
> news:iihnaj$7sm$5@nnrp-beta.newsland.it...
>
>> la consapevolezza filologica si basa sulla certezza che lo strumento
>> prescelto possieda delle capacità dinamiche, agogiche, di articolazione,
>> e un timbro o altro che lo renda idoneo a veicolare l'idea (più vicina
>> possibile) del compositore.
>> Ora, il WTC è uno di quei rari casi in cui "filologicamente" parlando, va
>> bene anche il pianoforte. Il quale, se usato bene, non altera la
>> struttura del brano né le sue peculiarità.
>
> Ho scritto una cosa del genere qualche annetto fa (vabbé, meno chiara,
> assai meno professionale...con te non c'è gara) e me ne avete dette, in
> cinque o sei. Bisogna però riconoscere che la più accanita non eri tu.

non ricordo, però se era qualche anno fa, è possibilissimo che io abbia
cambiato idea.
Difficilmente rimango della stessa opinione per più di dieci minuti :-))))


> Anzi. In effetti un discorso simile a quello di oggi l'hai già fatto (nel
> 2007, ora non ricordo il mese; i principali thread sull'argomento, con la
> vivissima partecipazione di Mario Martinoli, sono di fine 2001 inizio
> 2002).

ah. Ammazza che memoria che hai.
Devo stare attenta a quello che scrivo...:-)


> Quel che hai scritto non potrebbe trovarmi, per quel che può valere la mia
> opinione da profano, più consenziente.
> Semplicemente ripetevo quel che mi è stato insegnato.
> Ho sempre avuto, un po' immodestamente, l'idea che conti più in modo in
> cui si capisce la musica di Bach, e la scelta che si fa fra le risorse
> (assai vaste) del pianoforte per renderla al meglio che la scelta dello
> strumento in senso "passivo".
> Bisogna però anche aggiungere che probabilmente Bach non immaginava il
> suono di un pianoforte, scrivendo la sua musica. E' un argomento di un
> certo peso, mi pare, ho sempre fatto un po' fatica a scavalcarlo (nei
> thread me la cavo con una tirata vagamente gadameriana, sottolineando il
> carattere non esaustivo di qualsiasi esecuzione in quanto
> riattualizzazione e rilettura).

Mah, io non so quale valore possa avere ciò che Bach immaginava.
Certo è che la sua è musica abbastanza poco legata a un mezzo specifico,
pensa all'arte della fuga o all'offerta musicale.
In questo senso è una musica la cui scrittura e progettazione ignora quasi
totalmente il *mezzo*.
Per questo il WTC funziona bene sul pianoforte. imho.


>
>> Non mi piace molto questa visione della filologia come di una scienza
>> museale, scusami :-)
>
> Neanche a me.
> Non è una mia scelta, però. E' quel che si legge. Anche su questi schermi.

beh, ma chi scrive questo non ha capito nulla della filologia :-)))


> Mi piace poco la museificazione della filologia pure quando si tratta di
> testi letterari, figurati (in quei casi si espleta in un altro modo, la
> museificazione; è poco frequente, ma c'è).
>
>> La filologia serve per rendere omaggio al testo.
>
> 'nzomma.
> Mi viene da tirare un bell'affondo finale, non a te ma a un certo modo di
> intendere la parola.

fai pure :-)

> Anche su questi schermi, e non da parte di appassionati come me.
>
>> La filologia, in altre parole, non coincide con la ricostruzione storica.
>> Ma solo con la fedeltà al testo, a parer mio. Non si altera la fedeltà al
>> testo se si suona il WTC col pianoforte (bisogna però sapersi limitare e
>> saperlo suonare).
>
> Fra i professionisti di questo ng non siete in molti a pensarla così.

beh, a forza di vivere in mezzo a esecutori "storici", ci si convince di una
cosa: che la "ricostruzione storica" in realtà NON esiste.
Molti interpreti tirano in ballo trattati che non hanno MAI letto, e se li
hanno letti, dimentican0o di leggere un altro testo coevo che dice
esattamente il contrario.
Ovviamente ci sono dei punti fermi che non vanno ignorati.
La musica francese, ad esempio, prevede l'inégalité e su questo non ci
piove. Ma sul come e quando, beh, ognuno ha la sua opinione.
Alla fine riempirsi la bocca di filologia serve solo ad accreditare la
propria opinionje come migliore di quella di un altro, senza alcuna prova
concreta.
Di interpreti filologicamente preparati, credimi, nella musica antica ce ne
sono POCHISSIMI.
Occorre molto tempo e molta fatica per essere veramente preparati, la
maggior parte delle persone ti sbatte in faccia un sacco di sciocchezze,
contando sulla generale ignoranza.
Consiglio l'illuminante lettura di Richard Taruskin in questo senso.
Prendiamo un esempio concreto: io personalmente non ho ancora ascoltato un
ottavo libro dei madrigali di Monteverdi (e ne ho ascoltati almeno una
ventina) che imho corrispondesse a quanto la musica scritte suggerisce.
Come la mettiamo?
Osserva solo la diversità dei tempi: tralasciando chi non è nemmeno in grado
di capire il sistema mensurale usato e si appoggia a edizioni moderne (e non
sono pochi), ognuno poi si inventa una cosa diversa. Il che non è un male,
anzi. Io sono per il pluralismo. Ma mi arrabbio quando un'interpretazione
personale viene spacciata come operazione di alta filologia.
Questo significa prendere in giro la gente, ed è quello che ormai fanno la
maggior parte degli interpreti di musica antica.
Bisognerebbe spazzare completamente via questa questione ormai ammuffita
della filologia.
Molti studiosi americani già hanno decretato la morte della musica antica,
in questo senso.
Ma da un punto di vista del mercato, sembra che il pubblico abbia il terrore
di perdere il marchietto DOP della "filologia".
Questo per una semplice ragione: perchè non è in grado di capire quanto
quello che viene offerto ha di corretto o meno.
Ma alterare il marchio è come non metterlo.
Oltre al problema, più spinoso, di capire se può realmente esistere
un'interpretazione filologica.
La risposta è no.
Semplicemente perché secoli di ascolto musicale non si possono cancellare
per pura volontà.
Un esempio: pare - da molti testi si evince questo - che ai tempi di
Monteverdi la prassi prevedesse, nel caso di una dissonanza seguita da
consonanza, esattamente ilcontrario di quanto facciamo noi: suonavano piano
la dissonanza e forte l'arrivo in cojnsonanza. Nessun interprete, anche il
più filologico, ha mai osato proporre una cosa simile.
Gli si rivolterebbe la platea contro.
E giustamente. Non è che gli chi fa ricerche sulla preistoria vada a vivere
in una caverna coperto di pelli di animali. Non so se mi spiego.
Ergo, chi dice che esite un modo assolutamente filologico di interpretare un
brano antico, semplicemente è un mentitore.

> Perlomeno non eravate in molti.
> Per me va benissimo.

Il problema secondo me è l'esempio pratico.
Forse si può esprimere un'idea diversa di fronte a un'esecuzione non
riuscita.
Sul pianoforte certamente non è facile limitarsi. Però ci sono anche delle
possibilità dinamiche che, se usate con assoluta intelligenza e parsimonia,
possono mettersi al servizio della musica.
Nel caso di Pollini, io direi che non ci siamo proprio. Magari se uno sente
questa interpretazione, allora diventa un ultra' del cembalo :-)

mi scuso per la lunghezza
Re: Pollini a Londra [messaggio #11639 è una risposta a message #11626] sab, 05 febbraio 2011 17:19 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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On 5 Feb, 14:23, "Zaz!" <z...@zaz.com> wrote:

> Mah, io non so quale valore possa avere ciò che Bach immaginava.
> Certo è che la sua è musica abbastanza poco legata a un mezzo specifico,
> pensa all'arte della fuga o all'offerta musicale.
> In questo senso è una musica la cui scrittura e progettazione ignora quasi
> totalmente il *mezzo*.
> Per questo il WTC funziona bene sul pianoforte. imho.

Hai perfettamente ragione: Il titolo è significativo:
wohltemperi(e)rtes Clavier, dove Clavier non significa "clavicembalo",
ma genericamente "tastiera". Perché il problema del temperamento non
era solo del clavicembalo.

> a forza di vivere in mezzo a esecutori "storici", ci si convince di una
> cosa: che la "ricostruzione storica" in realtà NON esiste.

Verità sacrosanta. Non esisterà fino a quando non inventeranno la
macchina del tempo :)

> ognuno poi si inventa una cosa diversa. Il che non è un male,
> anzi. Io sono per il pluralismo.

Idem. Il bello della musica antica è che, per eseguirla, bisogna
prima, in un certo senso, ri-comporla. Qui cascano gli asini e
emergono i veri musicisti. Anch'io sono disposto a accettare
interpretazioni fantasiose (da ragazzo adoravo lo Studio der frühen
Musik) purché siano originali e non vengano fatte passare per il
risultato di studi approfonditi sulla prassi esecutiva dell'epoca.

> Oltre al problema, più spinoso, di capire se può realmente esistere
> un'interpretazione filologica.
> La risposta è no.
> Semplicemente perché secoli di ascolto musicale non si possono
> cancellare per pura volontà.

Parole sante! Super annalia scribe :)


> Nel caso di Pollini, io direi che non ci siamo proprio. Magari se
> uno sente questa interpretazione, allora diventa un ultra' del cembalo :-)

Fra parentesi, Pollini ha appena parlato al Palasharp, meritandosi
ovazioni che nemmeno quando siede al pianoforte :)))

c.
Re: Pollini a Londra [messaggio #11640 è una risposta a message #11639] sab, 05 febbraio 2011 17:56 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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>Fra parentesi, Pollini ha appena parlato al Palasharp, meritandosi
>ovazioni che nemmeno quando siede al pianoforte :)))

ah ha già parlato?
l'ho perso
Che ha detto?
Re: Pollini a Londra [messaggio #11641 è una risposta a message #11639] sab, 05 febbraio 2011 17:59 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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>> Oltre al problema, più spinoso, di capire se può realmente esistere
>> un'interpretazione filologica.
>> La risposta è no.
>> Semplicemente perché secoli di ascolto musicale non si possono
>> cancellare per pura volontà.

>Parole sante! Super annalia scribe :)

e grassie :-)
Re: Pollini a Londra [messaggio #11653 è una risposta a message #11626] sab, 05 febbraio 2011 23:13 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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> Difficilmente rimango della stessa opinione per più di dieci minuti :-))))

Oh, anch'io.
E' pericoloso il contrario. Diffidare di chi non cambia mai idea.

> ah. Ammazza che memoria che hai.
> Devo stare attenta a quello che scrivo...:-)

Mannò, è che mi è capitato di cercarli per sincerarmi di che caspita avevo
scritto.
A discutere con Martinoli mi divertivo molto. :-)

> Certo è che la sua è musica abbastanza poco legata a un mezzo specifico,
> pensa all'arte della fuga o all'offerta musicale.
> In questo senso è una musica la cui scrittura e progettazione ignora quasi
> totalmente il *mezzo*.
> Per questo il WTC funziona bene sul pianoforte. imho.

Per conto mio (non vale molto) sono assolutamente d'accordo.


>>> La filologia serve per rendere omaggio al testo.
>>
>> 'nzomma.
>> Mi viene da tirare un bell'affondo finale, non a te ma a un certo modo di
>> intendere la parola.
>
> fai pure :-)

Dal punto di vista degli studi letterari, la Filologia è la disciplina che
ti permette di leggere il testo, nel senso che te lo rende disponibile. Si
occupa della costituzione di testi critici, cioè attendibili; non della loro
attualizzazione o interpretazione, anche se con queste attività intrattiene
ovviamente rapporti molto stretti (non si può emendare un testo che non si
capisce).
Quel professore che ti ho nominato alcuni mesi fa, quello che tiene quei
corsi alla Sapienza su musica e letteratura nel Novecento, ripeteva sempre
che è "un gesto preliminare" senza il quale non si può fare nessun altro
gesto critico-interpretativo; in altre parole, richiede un'attenzione di
tipo critico, ma di per sé non è ancora una scelta critica. Qualsiasi tipo
di critica propriamente detta (sia stilistico-retorica, storico-sociologica,
psicoanalitica) ha bisogno di un testo su cui lavorare, insomma ha bisogno
del lavoro del filologo a monte.
Per questo motivo (la faccio breve) mi è sempre risultato difficile il
concetto di "esecuzione filologica". Il filologo produce un testo, non la
sua esecuzione, che è sempre in qualche misura un'attualizzazione; ed è,
fenomenologicamente, una cosa assai più complessa (di fatto, due circuiti
comunicativi assai diversi vi si sovrappongono). Un parallelo efficace,
imho, è con la letteratura teatrale. Uno conto è produrre un testo
attendibile di un dramma di Shakespeare, un altro metterlo in scena come si
sarebbe fatto esattamente al Globe Theatre nel '600, con recitazione dei
versi a velocità insostenibili e via dicendo.
Per un filologo ciascuno dei moltissimi versi che compongono il testo
dell'Amleto è prezioso e indispensabile; per la messa in scena teatrale è
inevitabile sopprimerne anche parecchi, altrimenti l'Amleto diventerebbe
troppo lungo (oltre le cinque ore) per i ritmi di recitazione odierni, e in
fondo anche farraginoso, impossibile da seguire. Questo è un caso estremo,
ma sono due tipi di attenzione molto diversi.

> beh, a forza di vivere in mezzo a esecutori "storici", ci si convince di
> una cosa: che la "ricostruzione storica" in realtà NON esiste.
> Molti interpreti tirano in ballo trattati che non hanno MAI letto, e se li
> hanno letti, dimentican0o di leggere un altro testo coevo che dice
> esattamente il contrario.

Molto interessante.
Anche questo trova un parallelo negli studi letterari.
Sempre quel professore: quando avete le idee chiare su un periodo, e vi
sembra che non ci siano grandi contraddizioni, beh; nove su dieci state
semplificando, trascurate qualcosa.

> Ovviamente ci sono dei punti fermi che non vanno ignorati.

Certo. Non è questo il punto.

> La musica francese, ad esempio, prevede l'inégalité e su questo non ci
> piove. Ma sul come e quando, beh, ognuno ha la sua opinione.
> Alla fine riempirsi la bocca di filologia serve solo ad accreditare la
> propria opinionje come migliore di quella di un altro, senza alcuna prova
> concreta.
> Di interpreti filologicamente preparati, credimi, nella musica antica ce
> ne sono POCHISSIMI.
> Occorre molto tempo e molta fatica per essere veramente preparati, la
> maggior parte delle persone ti sbatte in faccia un sacco di sciocchezze,
> contando sulla generale ignoranza.

Ancora molto interessante. :-)
Hai risvegliato un bel po' di ricordi.
Quand'ero matricola, era molto di moda rifugiarsi negli studi filologici
pensando che fossero un'alternativa all'esame storico-critico dei testi,
all'interpretazione vera e propria. Il motto degli studenti mediocri (sono
carogna) era: in campo filologico si studiano i testi, al di fuori le idee
dei critici. Quindi evitiamo la storia della critica, che è tanto scomoda e
noiosa, bisogna pure sapere un po' di filosofia e fare un sacco di fatica
(la sistematicità di un'impostazione critica in genere sfugge ad un buon
settanta per cento di studenti, a Lettere; per la maggior parte di loro, i
critici sono gente che scriveva quel che gli passava per la testa appena
svegli).
Con il professore di cui sopra questo genere di sparate portavano a durare
poco (di fatto, reclamava un'attenzione estrema su entrambe le cose).

> Consiglio l'illuminante lettura di Richard Taruskin in questo senso.

Quale? Text and Act (Oxford U.P. 1995)? Scartabellando ho trovato questo, di
argomento generale.
Poi ho visto che ha scritto cose interessanti su Stravinskij...

> Prendiamo un esempio concreto: io personalmente non ho ancora ascoltato un
> ottavo libro dei madrigali di Monteverdi (e ne ho ascoltati almeno una
> ventina) che imho corrispondesse a quanto la musica scritte suggerisce.
> Come la mettiamo?
> Osserva solo la diversità dei tempi: tralasciando chi non è nemmeno in
> grado di capire il sistema mensurale usato e si appoggia a edizioni
> moderne (e non sono pochi),

Ho iniziato a guardare i saggi che mi hai mandato, in effetti l'argomento è
interessante e arduo.

(...)
> Oltre al problema, più spinoso, di capire se può realmente esistere
> un'interpretazione filologica.
> La risposta è no.
> Semplicemente perché secoli di ascolto musicale non si possono cancellare
> per pura volontà.

Altro argomento inoppugnabile, con paralleli umanistici a volontà.
Ci starebbero bene un paio di citazioni da Benjamin...

> mi scuso per la lunghezza

Macché, l'ho sollecitata io.
E poi è interessantissimo.
( in un certo senso mi hai liberato di un peso, lol, oltre che darmi la
conferma che la vera conoscenza della musica si cerca, come per i testi
letterari, leggendo, studiando e ristudiando; le esecuzioni, discografiche e
non, sono una bella cosa, ma non vanno sopravvalutate in senso conoscitivo,
almeno per le persone "normali" con facoltà di ascolto e concentrazione
"normali")

dR
Re: Pollini a Londra [messaggio #11664 è una risposta a message #11626] dom, 06 febbraio 2011 07:43 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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Il 05/02/2011 14:23, Zaz! ha scritto:
> Per questo il WTC funziona bene sul pianoforte. imho.
>

Ho ascoltato su France musique una stupenda conferenza di Robert Levinas
in cui si sosteneva che ogni preludio e fuga è scritto di fatto per uno
specifico strumento a tastiera (è la trasmissione del 27-1 del Matin des
musiciens e la trovi ancora in linea tra i podcast di radio France)

--
Giuseppe Sottotetti
gsotto@alice.it
http://SottotettiGiuseppe.ilcannocchiale.it/
http://betasom.blogspot.com/
Re: Pollini a Londra [messaggio #11688 è una risposta a message #11664] dom, 06 febbraio 2011 13:25 Messaggio precedenteMessaggio successivo
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> Il 05/02/2011 14:23, Zaz! ha scritto:
>> Per questo il WTC funziona bene sul pianoforte. imho.
>>
>
> Ho ascoltato su France musique una stupenda conferenza di Robert Levinas
> in cui si sosteneva che ogni preludio e fuga è scritto di fatto per uno
> specifico strumento a tastiera (è la trasmissione del 27-1 del Matin des
> musiciens e la trovi ancora in linea tra i podcast di radio France)

Questo può darsi, quello che intendevo io è che le peculiarità strutturali
dei brani del wtc non vengono sostanzialmente alterate da un'esecuzione
pianistica (posto - ribadisco - che l'interprete abbia capito quello che ha
per le mani...)
Comunque l'ho cercato e non l'ho trovato...non c'è più
Re: Pollini a Londra [messaggio #11689 è una risposta a message #11653] dom, 06 febbraio 2011 14:14 Messaggio precedente
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"Shapiro used clothes" <vittoriocol@tin.it> ha scritto nel messaggio
news:4d4dcb99$0$1369$4fafbaef@reader1.news.tin.it...

> Dal punto di vista degli studi letterari, la Filologia è la disciplina che
> ti permette di leggere il testo, nel senso che te lo rende disponibile.

esatto

>Si occupa della costituzione di testi critici, cioè attendibili; non della
>loro attualizzazione o interpretazione, anche se con queste attività
>intrattiene ovviamente rapporti molto stretti (non si può emendare un testo
>che non si capisce).

ecco, idem per la musica

> Quel professore che ti ho nominato alcuni mesi fa, quello che tiene quei
> corsi alla Sapienza su musica e letteratura nel Novecento, ripeteva sempre
> che è "un gesto preliminare" senza il quale non si può fare nessun altro
> gesto critico-interpretativo;

perfetto

>in altre parole, richiede un'attenzione di tipo critico, ma di per sé non è
>ancora una scelta critica. Qualsiasi tipo di critica propriamente detta
>(sia stilistico-retorica, storico-sociologica, psicoanalitica) ha bisogno
>di un testo su cui lavorare, insomma ha bisogno del lavoro del filologo a
>monte.
> Per questo motivo (la faccio breve) mi è sempre risultato difficile il
> concetto di "esecuzione filologica".

Infatti è un nonsense.

>Il filologo produce un testo, non la sua esecuzione, che è sempre in
>qualche misura un'attualizzazione; ed è, fenomenologicamente, una cosa
>assai più complessa (di fatto, due circuiti comunicativi assai diversi vi
>si sovrappongono).

esattamente.
Si è fatto un uso distorto del termine "filologico"

>Un parallelo efficace, imho, è con la letteratura teatrale. Uno conto è
>produrre un testo attendibile di un dramma di Shakespeare, un altro
>metterlo in scena come si sarebbe fatto esattamente al Globe Theatre nel
>'600, con recitazione dei versi a velocità insostenibili e via dicendo.

esattamente


> Per un filologo ciascuno dei moltissimi versi che compongono il testo
> dell'Amleto è prezioso e indispensabile; per la messa in scena teatrale è
> inevitabile sopprimerne anche parecchi, altrimenti l'Amleto diventerebbe
> troppo lungo (oltre le cinque ore) per i ritmi di recitazione odierni, e
> in fondo anche farraginoso, impossibile da seguire. Questo è un caso
> estremo, ma sono due tipi di attenzione molto diversi.

certamente.
Diciamo che per filologia si intende in generale un'interpretazione
rispettosa di questi parametri:
- strumenti adeguati
- testi adeguati (originali e non edizioni farlocche)
- metodi di esecuzione adeguata (articolazioni e fraseggi corretti secondo
lo stile)
Ovviamente non si tratta qui del lavoro di filologia come l'hai descritto, e
che è quello che corrisponde alla definizione

> Anche questo trova un parallelo negli studi letterari.
> Sempre quel professore: quando avete le idee chiare su un periodo, e vi
> sembra che non ci siano grandi contraddizioni, beh; nove su dieci state
> semplificando, trascurate qualcosa.

esatto :-))))
Sono perfettamente d'accordo


> Hai risvegliato un bel po' di ricordi.
> Quand'ero matricola, era molto di moda rifugiarsi negli studi filologici
> pensando che fossero un'alternativa all'esame storico-critico dei testi,
> all'interpretazione vera e propria. Il motto degli studenti mediocri (sono
> carogna) era: in campo filologico si studiano i testi, al di fuori le idee
> dei critici.

ah capirai

>Quindi evitiamo la storia della critica, che è tanto scomoda e noiosa,
>bisogna pure sapere un po' di filosofia e fare un sacco di fatica (la
>sistematicità di un'impostazione critica in genere sfugge ad un buon
>settanta per cento di studenti, a Lettere; per la maggior parte di loro, i
>critici sono gente che scriveva quel che gli passava per la testa appena
>svegli).

ecco, la sistematicità...

> Con il professore di cui sopra questo genere di sparate portavano a durare
> poco (di fatto, reclamava un'attenzione estrema su entrambe le cose).

immagino

>
>> Consiglio l'illuminante lettura di Richard Taruskin in questo senso.
>
> Quale? Text and Act (Oxford U.P. 1995)? Scartabellando ho trovato questo,
> di argomento generale.

esattamente.
Un libro molto provocatorio, ma illuminante.

> Ho iniziato a guardare i saggi che mi hai mandato, in effetti l'argomento
> è interessante e arduo.

sì. Forse trovo qualcos'altro di più adatto.

>
> (...)
>> Oltre al problema, più spinoso, di capire se può realmente esistere
>> un'interpretazione filologica.
>> La risposta è no.
>> Semplicemente perché secoli di ascolto musicale non si possono cancellare
>> per pura volontà.
>
> Altro argomento inoppugnabile, con paralleli umanistici a volontà.
> Ci starebbero bene un paio di citazioni da Benjamin...
>
>> mi scuso per la lunghezza
>
> Macché, l'ho sollecitata io.
> E poi è interessantissimo.
> ( in un certo senso mi hai liberato di un peso, lol, oltre che darmi la
> conferma che la vera conoscenza della musica si cerca, come per i testi
> letterari, leggendo, studiando e ristudiando; le esecuzioni, discografiche
> e non, sono una bella cosa, ma non vanno sopravvalutate in senso
> conoscitivo, almeno per le persone "normali" con facoltà di ascolto e
> concentrazione "normali")

esatto.
Il problema maggiore è che le case discografiche e gli organizzatori
chiedono sempre qualcosa di "nuovo".
Ora, per poter fornire qualcosa di *nuovo*, occorrono
a. una dose di studio enorme
b. (conseguenza di a) una dose non trascurabile di tempo a disposizione
Un musicista inserito in un circuito concertistico non ha disposizione il
tempo, né spesso le capacità di fare quanto sopra (conosco molti musicisti
che si affidano a giovani musicologi usati come spazzini di bioblioteca:
costoro devono fare tutto il lavoro preparatorio. Ma se un musicista non lo
fa da solo non capisce nulla...
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